Salvini-Meloni, nuovo round a settembre: sfiducia FdI a Lamorgese sicura
La destra nuovamente divisa alla ripresa dopo l'estate
Non c'è niente da fare. Le distanze politiche sempre più profonde tra la Lega e Fratelli d'Italia, soltanto parzialmente sopite da un agosto dominato da altri temi, stanno per riesplodere con la ripresa dei lavori parlamentari a settembre. Nel partito di Giorgia Meloni assicurano che stanno lavorando alacremente per trovare le firme necessarie per presentare a Palazzo Madama la mozione di sfiducia contro la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese. "La mozione non è un'ipotesi ma una certezza e andiamo al Senato dove ci mancano pochissimi numeri", spiega una fonte FdI. E le firme mancanti potrebbero arrivare a breve da ex 5 Stelle o addirittura da qualche leghista duro e puro.
Salvo colpi di scena, dunque, la sfiducia alla titolare del Viminale, sia per l'ondata inarrestabile di sbarchi di migranti sia per la mala gestione dei rave party estivi, sta per approdare in Parlamento. Una mozione di sfiducia che proprio oggi Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera che rappresenta al meglio le istanze del Carroccio nordista ed ex padano, ha definito un favore alla ministra con parole inequivocabili: "Giorgia Meloni gioca la doppia partita di mettere in difficoltà il governo e più di qualche volta anche noi. Ma in questo modo sì che rafforza Lamorgese".
E' evidente che, come accadde con la sfiducia al titolare della Salute Roberto Speranza, la Lega non può votare la sfiducia pena una crisi di governo e l'uscita dall'esecutivo del Carroccio. Ma le critiche alla ministra dell'Interno restano tutte, intatte, ribadite non solo ogni giorno da Matteo Salvini ma anche dallo stesso Molinari ("con lei al Viminale boom sbarchi e stop sicurezza"). Qualcuno potrebbe dire che è l'inevitabile gioco della politica con la dicotomia tra chi sta al governo, pur tra mille difficoltà, e chi ha gioco facile dall'opposizione.
Fatto sta che in Via Bellerio sono convinti che quello di FdI sia soltanto una partita politica e mediatica per cercare di conquistare altri elettori a destra. "Le mozioni di sfiducia si presentano se ci sono i numeri per farle passare, altrimenti sono solo strumentali", taglia corto il leghista Claudio Borghi. Insomma, per i salviniani si tratta di un'operazione che formalmente ha come obiettivo Lamorgese ma che, di fatto, punta a mettere nuovamente in difficoltà la Lega. "E poi parlano ci Centrodestra unito...", afferma sconsolato un senatore ex padano.
Dal partito di Meloni, però, ribattono con forza. "Noi siamo all'opposizione e facciamo il nostro lavoro. Le chiacchiere stanno a zero". Nessuna risposta ufficiale a Molinari ("non raccogliamo provocazioni"), ma il sentiment diffuso in Fratelli d'Italia è chiarissimo e in molti liquidano il "nervosismo" leghista con poche parole: "Nessuno ha ordinato a Salvini di andare al governo e di accettare Lamorgese all'Interno, hanno fatto tutto loro e poi se la prendono con noi? Parliamo di cose serie".
Per la Lega non è certamente un passaggio facile, anche perché dopo le dimissioni forzate di Claudio Durigon da sottosegretario al Mef, la speranza era quella di convincere il premier Mario Draghi a un radicale cambio di passo al Viminale, senza escludere nemmeno l'uscita di scena di Lamorgese (almeno nei piani del Carroccio). E' del tutto evidente che la mozione di sfiducia di Fratelli d'Italia rovina, almeno in parte, questa strategia e rafforza oggettivamente la ministra, visto che anche Forza Italia ha apertamente dichiarato di sostenere la titolare dell'Interno.
Dal caso Rai in poi, quando FdI fu esclusa dal cda con la protesta rumorosa di Meloni, i rapporti a destra sono continuamente peggiorati. Tanti che in Fratelli d'Italia gongolano pensando all'arrivo in Aula a settembre del provvedimento sul Green Pass. "Dopo che Salvini e i leghisti hanno sparato tutta estate, Draghi metterà la fiducia e dovranno votarla. Al massimo due o tre (Borghi, Siri, Bagnani e forse Pillon) non voteranno la fiducia", ironizzano dal quartier generale meloniano.
Secondo fonti Pd, infine, il quadro sopra descritto e quanto accadrà a settembre altro non farà che acuire le distanze tra la Lega di lotta, che insegue FdI e va in piazza contro il Green Pass, e quella governativa capitanata dal ministro Giancarlo Giorgetti. "Prima o poi Salvini dovrà sceglie, il gioco della Lega di lotta e di governo non funziona e non durerà a lungo", sottolinea un deputato Dem vicinissimo al segretario Enrico Letta. Ma da Via Bellerio tirano dritto, consapevoli delle inevitabili difficoltà di governare con Pd e M5S ma certi che soprattutto la ripresa economica già in atto darà alla fine ragione a Salvini. Anche elettoralmente.