Salvini, nella Lega leadership mai messa in dubbio: solo voci dei giornali

La leadership di Salvini non è mai stata messa in dubbio da nessuno all’interno della Lega, la realtà è che non c'è nessuno in grado di sostituirlo

di Vincenzo Caccioppoli
Politica
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“Mi pare evidente che Salvini sia ora più saldo che mai al vertice del partito. Le voci che vogliono Matteo in difficoltà all’interno del partito sono solo sciocchezze, magari alimentate ad arte da qualche scheggia impazzita che sicuramente esiste anche nella Lega”. 

Il deputato che parla così è uno dei fedelissimi del leader leghista e sottolinea come le scaramucce di questi giorni nella Lega erano più che altro invenzioni giornalistiche. In effetti lo strappo sulla delega leghista da parte di Salvini appare come un chiaro e forte messaggio rivolto a tre interlocutori differenti, ma con un obiettivo comune, quello di rafforzare e di far capire a tutti che nel partito comanda una sola persona, lui. Il primo destinatario del messaggio è chiaramente Draghi, a cui il leghista evidentemente vuol far intendere di non essere un burattino da manovrare a proprio piacimento. Perché va bene la fedeltà al governo, ma occorre anche avere rispetto per quelli che sono i partiti che compongono la coalizione. 

Il secondo destinatario del suo messaggio forte è certamente Giancarlo Giorgetti, numero 2 della Lega, che da tempo rappresenta quella cosiddetta ala governista che mal sopporterebbe i malumori del segretario e le sue dichiarazioni non sempre concilianti. Il senso della mossa è chiaro ed inequivocabile, “Qui comando ancora io e si fa come dico io.” Fonti interne della Lega dicono che Giorgetti abbia reagito malissimo alla decisione di Salvini, ma che abbia dovuto abbozzare, quando si è accorto che in questa occasione sarebbe rimasto senza sponde nel partito. 

Il terzo destinatario del messaggio è ovviamente Giorgia Meloni, che si è subito affrettata ad applaudire la scelta di Salvini, ma che certamente almeno per una volta è stata superata dall'alleato su un argomento assai sensibile e delicato per il centrodestra, come quello delle tasse. “Con un colpo da abile giocatore da poker ha ottenuto tre risultati insieme. Rafforzato la sua leadership, isolato Giorgetti e superato per una volta la Meloni su un tema caro al centrodestra. E aggiungo ha contribuito anche a creare un certo malumore all’interno dei grillini, già in fermento, che potrebbero anche seguirlo in questa sua battaglia” ribadisce il deputato, che racconta di come molti grillini potrebbero presto lasciare il gruppo, e qualcuno potrebbe guardare proprio alla Lega

Draghi, malgrado la sua autorevolezza e il suo decisionismo che lo rende abbastanza libero dalle beghe partitiche, ha comunque dovuto rassicurare per ben due volte che, nella delega fiscale e nella riforma del catasto a essa collegata, non ci sarebbe stato alcun aumento delle tasse. E per un personaggio taciturno e pratico come l’ex governatore della Bce questo è un dettaglio da non sottovalutare. Di Giorgetti dopo due giorni in cui sembravano si fossero perse le tracce, ai pochi che hanno avuto la fortuna di sentirlo dicono che fosse sconcertato e amareggiato. Ora è riapparso a fianco proprio di Salvini a colloquio con Draghi, colloquio che, come da prassi, raccontano sia stato cordiale e franco. Certamente questa mossa di Salvini lo ha sorpreso e in un certo senso anche indebolito, sia nella Lega che, e forse questo a lui interessa maggiormente, anche nella considerazione di Draghi stesso, che in lui vede oltre che un amico anche una garanzia per la tenuta della Lega nel governo. 

Il fatto che due governatori di peso, come Fedriga e Zaia, che il mainstream considera da tempo vicini al ministro dello sviluppo economico leghista, e come possibili avversari di Salvini in una ipotetica futura sfida alla segretaria, si siano dichiarati sostanzialmente d’accordo con il leader in questa sua decisione, così come lo stesso ascoltatissimo capogruppo alla camera Maurizio Molinari, dimostra come nel partito le voci che parlano di strappi, scissioni e divisioni sembrano più che altro esercizi retorici per opinionisti e commentatori. Ancora più sorprendente che questa unità di intenti sia arrivata dopo una sconfitta elettorale come quella delle amministrative, che avrebbe potuto e dovuto determinare un indebolimento del segretario, ritenuto il principale responsabile della disfatta. Un partito diviso e pronto a fare le scarpe al proprio segretario sarebbe insorto e lo avrebbe clamorosamente sconfessato, ed invece tutto come d’incanto sembra essersi ricompattato.

“Sono tutte sciocchezze fatte uscire ad arte dai giornali. La leadership di Salvini non è mai stata messa in dubbio da nessuno all’interno della Lega. Spesso nelle chat giochiamo a chi sarà il prossimo leghista che indicheranno come leader futuro. In realtà l’unica verità è che non c'è nessuno in grado davvero di sostituirlo, a meno che non si voglia fare un altro partito con Forza Italia, che si sta attaccando a Draghi per cercare uno spazio che stava ormai pian piano perdendo all’opposizione”, dice un senatore della Lega, che sorride quando gli si fa notare che Giorgetti potrebbe fare il leader “andate a chiedere a lui se vuole fare il leader. Lui è un uomo così, nato per stare in coperta, non ha la voglia, le forze e nemmeno la stoffa per guidare un partito come la Lega. Il fatto che uno come Cacciari lo proponga come prossimo presidente del Consiglio, è assai emblematica del clima che si respira nei palazzi romani”.

Infine, Salvini consapevole di aver ancora il partito ben saldo nelle sue mani, ha l’obiettivo di togliere spazio e consenso alla leader di Fratelli d’Italia, che dall’alto della sua solitaria posizione all’opposizione, può giocare un ruolo sicuramente più comodo. Ma dopo lo strappo ha subito fatto intendere che la Lega non uscirà mai dal governo: “Io non vado fuori, semmai lo faranno Conte e Letta”. E chissà se alla fine sia proprio Salvini e la Lega a non riuscire a creare una rottura in quello che appare un matrimonio sempre più complicato tra PD e M5s, o di quello che ne è rimasto, dopo l’ennesimo disastroso risultato elettorale alle amministrative. Perché al di là di quello che si racconta in questi giorni, tra Salvini, Conte e Letta, forse alla fine il leader più saldo sembra essere proprio il leghista.