Salvini-Meloni, un selfie che assomiglia a una conferma (di guerra)

L'opinione di Daniele Marchetti
Politica
Condividi su:

La kermesse va in scena e tutto sembra cambiare. Persino le inevitabili dispute quotidiane si fanno più morbide da divenire flirt, idilliaci selfie, sorrisi a scena aperta.

Roba da palcoscenico, come si confà nei più prestigiosi meeting e quello annuale di Cernobbio, sul lago di Como, ne è emblema istituzionale.

Tutto come al solito (e come al solito tutti abboccano).

Si è parlato di ritrovata intesa, persino di scambio di amorosi sensi o di pace (politica, ovviamente), eppure certe esibizioni plateali, le foto in favore di obiettivi appaparazzati ed i sorrisi da fiori d’arancio paiono più prove provate se non di una rivalità sfrenata, di una certa robusta competizione.

E tutto accade, peraltro -cosa da non sottovalutare-, senza ipocrisia. Senza falsità politica; visto che il tanto reclamizzato selfie della “coppia dell’anno” (Matteo Salvini e Giorgia Meloni) doveva suffragare solo una battaglia comune: quella storica (per il centrodestra) contro il reddito di cittadinanza. Quindi niente di eclatante. Anzi, si direbbe, addirittura, tutto già noto. Persino scontato. Tutto come sempre.

Appunto, come le punzecchiature, i tranelli reciproci, le mozioni trabocchetto (l’ultima di sfiducia personale alla Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese), gli emendamenti formulati con l’intento di mandare in cortocircuito “l’amico” di coalizione, gli sgambetti parlamentari (esempio per tutti la ritrosia della Lega a concedere a Fratelli d’Italia la presidenza del COPASIR, il comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico che Giorgia Meloni ha dovuto sudarsi come mai prima).

Insomma, tutto nella norma.

Certo! Come l'autentica ed inconfessabile finalità di queste esibizioni: togliere all’altra/altro qualche velo di coerenza e, quindi, di credibilità politica.

Le tanto invocate elezioni amministrative, (che pure costituiscono un passaggio importante soprattutto per la futura battaglia per il Quirinale), non c’entrano nulla visto anche -cosa lasciata sotto traccia- che il centrodestra ha tutti -o quasi- candidati civici.

La vera partita che da mesi si gioca “à droite” è lo scettro del comando: la leadership di quella federazione o di quel partito unico del centrodestra che Giorgia Meloni ha sempre rifiutato ma che potrebbe accettare solo dopo essersi liberata -a suon di voti- dell’avversario interno.

Ed il selfie di Cernobbio -al di là delle letture appaparazzate- sembra prefigurarne un serafico approdo.