Trump, Ucraina e riarmo mandano in frantumi il Centrosinistra. Posizioni diametralmente opposte e Pd diviso al suo interno

Il Cdx ha almeno il sostegno a Trump come punto di unione

Di Alberto Maggi
da sinistra a destra: Elly Schlein, Giuseppe Conte, Matteo Renzi, Carlo Calenda
Politica

Schlein attacca la maggioranza divisa me non ha una posizione chiara, con un partito che dice tutto e il contrario di tutto


Sono passate solo due settimane dalla vittoria netta e schiacciante in Campania e in Puglia del Centrosinistra trainato dal Pd e con Elly Schlein che, trionfante, dichiarava: "Questa è l'alternativa di governo, ora la destra ha paura". Ma sembra passata un'era geologica fa. I temi di politica estera, non solo la guerra in Ucraina, si sono nuovamente imposti nel dibattito politico nazionale.

Il Centrodestra invece ha il minimo comun denominatore di tenere uniti Europa e Stati Uniti, concetto ribadito ieri sera da una nota di Palazzo Chigi dalla premier Giorgia Meloni e tesi, con toni diversi, sostenuta anche dai vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini. Il Centrosinistra o campo largo che ha portato alle ampie vittorie di Antonio Decaro in Puglia e di Roberto Fico in Campania è una sorta di maionese impazzita con posizioni diverse, lontane tra loro e in alcuni casi diametralmente opposte.

Azione di Carlo Calenda, che comunque non fa parte della coalizione, è nettamente schierata a favore di Kiev, con tanto di tatuaggio del suo leader, e sostiene la posizione più dura di Emmanuel Macron e Keir Starmer. Stessa cosa per Più Europa di Riccardo Magi, che ormai è una costola di Italia Viva - Casa Riformista di Matteo Renzi e quindi sta nel Centrosinistra. L'ex premier ed ex leader del Partito Democratico anche lui, con un linguaggio meno forte di Calenda, sta assolutamente dalla parte del sostegno a tutti i costi anche militare a Kiev.

Sul fronte opposto il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra sono contrari nettamente all'invio di nuove armi all'Ucraina e anche al piano di riarmo che non è solo del governo Meloni, con il recente acquisto di missili statunitensi, ma dell'intera Europa, Germania inclusa. Tralasciando la questione Gaza e Israele, dove anche in quel caso le differenze sono evidenti, in mezzo c'è il Pd. Lorenzo Guerini, leader della minoranza riformista ed ex ministro della Difesa molto legato agli ambienti della Nato, è stato chiarissimo nell'affermare che va "assolutamente" rifinanziato per il 2026 l'appoggio anche militare all'Ucraina.

Schlein attacca le divisioni nella maggioranza ma non si esprime in modo chiaro e netto in quanto è in evidente imbarazzo nel sostenere la corsa al riarmo e le posizioni durissime di Parigi e Londra. Non solo, in Europa il Pd è alleato con i social-democratici tedeschi dell'Spd che sono nettamente al fianco del cancelliere Friedrich Merz che proprio con Meloni ha un forte legame politico. Altro motivo di imbarazzo.

Nel Pd ci sono aree vicinissime al M5S e ultra-pacifiste come ad esempio quella di Marco Tarquinio e altre correnti riformiste e moderate che attaccano l'esecutivo esattamente per il motivo opposto e ciò perché non abbastanza schierato con Macron e Starmer sulla linea intransigente. Il tutto con lo sciopero della Cgil di Maurizio Landini di questo venerdì, 12 dicembre, che sarà certamente un altro motivo di spaccatura nel Centrosinistra e nel Pd. Se Atene (il governo) piange, Sparta (le opposizioni) non ridono. Anzi, sono in frantumi.

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