Urbinati sfida le Covid star e con Tabarelli allontana gli insetti dalla tv

Nessuno può competere con lei, neanche le Covid star più brillanti del panorama italiano, da Burioni a Bassetti

Di Giuseppe Vatinno
Nadia Urbinati
Politica
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Nadia Urbinati è la nuova prezzemolina dei media: che sia in tv, sul giornale, in radio...

C’è una donna che ha il potere magico e soprannaturale di allontanare le temutissime (zanzare) Covid star dal fu tubo catodico. Si chiama Nadia Urbinati e da anni la trovi ovunque. Dicevano i vangeli apocrifi che Dio è dappertutto: alzi un sasso ed è lì sotto, scosti una foglia e lì lo trovi. Ebbene, si parva licet componere magnis, l’Urbinati è così.

Accendi un canale e lei è lì. Ascolti la radio e lei si palesa poco dopo a pontificare. Apri un giornale e lei ha scritto un articolo o ha rilasciato una intervista. Insomma roba che mette in difficoltà le Covid star più rinomate come Roberto Burioni o peggio Matteo Bassetti (che ora però si sta riciclando con il più remunerativo mediaticamente “vaiolo delle scimmie”). Adesso che ci sono le elezioni anticipate la prezzemolina appare molto più di prima, come del resto le Covid star durante le ormai famose “ondate” del virus.

Ad esempio sull’accordo LettaCalenda ci fa poche ore fa sapere che è “appena sufficiente”, ma per chi? Per l’elettore medio di sinistra, per la mitica casalinga di Voghera? Per Nanni Moretti? O per il suo gatto? (della Urbinati, intendo).

La professoressa va a riempire lo spazio vuoto catodico ed esistenziale, di quel solito inguaribile provincialismo enotrico che è la vera cifra dell’Italia all’estero. Infatti la invitano perché è “americana” o meglio naturalizzata tale e insegna Scienze politiche alla Columbia University di New York e non faccio paragoni con scuole di provincia di paesi italiani dai nomi suggestivi che se no mi massacrano sul web per violazione del politically correct, altra sciagura mondiale.

E se all’italiano medio citi una università Usa subito il suo provincialismo ne viene eccitato con un meccanismo, lasco ed elementare, ma subdolo, che fa concorrenza a quello dei film di Ilona Staller quando era una giovane, bionda e magra “spia ungherese”.

Se c’è la “professorona Usa” vuol dire che la devo ascoltare perché quella è americana oh! Un po’ come Davide Tabarelli, che si presenta come un super espertissimo di energia, un grande gassologo, manco fosse un fisico Nobel come Giorgio Parisi, ma in realtà lui è laureato in economia e ripete sempre la solita solfa del “gas russo che finirà”, nulla di più, però è utile per allontanare gli insetti nelle serate estive, con quel barbone mefistofelico e gli occhietti scintillanti nel nulla si spaventano pure loro, poveretti.

Insomma, il problema è culturale, appunto l’eterno il provincialismo italiano, e Pierpaolo Pasolini, l’aveva centrato molto bene tanti anni fa e chissà cosa direbbe ora con il proliferare di social e di corbellate da “cretini da bar”, come li chiamava saggiamente Umberto Eco.