Schlein difende la Repubblica dall'attacco del governo ungherese. Un modo per 'implorare' Elkann di non vendere il 'megafono' anti-governo della sinistra
In campo anche M5S, AVS e Italia Viva. Il caso
Elkann però vuole ottimi rapporti con il governo
'Caro John Elkann, noi ti difendiamo. Tu continua a sostenerci. Non vendere la Repubblica'. E' l'ironica e ovviamente fantasiosa ricostruzione che fanno in ambienti sia della minoranza riformista Dem sia del Centrodestra della difesa a spada tratta del quotidiano diretto da Mario Orfeo da parte della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, e da altri esponenti di sinistra, per gli attacchi arrivati dall'Ungheria.
“Grave l’attacco del governo ungherese a Repubblica, a cui esprimiamo piena solidarietà – afferma la segretaria del Pd -. È inaccettabile ogni forma di ingerenza e di intimidazione nei confronti della libertà di stampa e dell’indipendenza dei media italiani. Mi aspetto che anche Giorgia Meloni e il governo italiano difendano il quotidiano e, soprattutto, questi valori fondamentali che dovrebbero essere pienamente rispettati e condivisi da tutte le forze politiche”. E ancora: “Quello di Orbán è un viaggio dai contorni ancora poco chiari e dalle implicazioni geopolitiche preoccupanti che sembrano voler spingere l’Italia verso una posizione di contrasto con l’Unione Europea, nel tentativo di assecondare gli interessi nazionalisti di Orbán e il suo legame economico ed energetico con la Russia di Putin”.
Schlein aggiunge: “Speriamo che la presidente Meloni gli abbia detto quanto sia strategico per l’Italia proseguire con gli investimenti comuni europei, senza i quali saremmo in recessione, e quanto sia importante condividere le responsabilità sull’accoglienza di chi arriva in Italia. E che si chiarisca con il suo ministro degli Esteri che ha dichiarato cose diverse rispetto a quelle affermate da Orbán, che lei invece non ha smentito”.
Sulla questione sono intervenuti anche gli esponenti del Movimento 5 stelle in vigilanza Rai: "Dopo Report, ora anche Repubblica. È il secondo giorno di fila che da Budapest arrivano attacchi e bordate contro la stampa italiana. Il tutto proprio mentre Orban è a Roma e mentre da Palazzo Chigi non si alza nemmeno una voce di protesta. Quindi glielo chiediamo nuovamente: Giorgia Meloni sente o no il dovere di difendere la libertà di stampa e i giornalisti italiani? O il suo patriottismo si ferma ai confini ungheresi, quando a criticare la stampa libera è un suo amico e alleato politico?".
Per Avs, Nicola Fratoianni afferma: “Conosciamo bene i comportamenti e le iniziative dei consiglieri del primo ministro ungherese: li abbiamo visti all’opera in tutti questi anni per contrastare la verità sulla vicenda che ha portato Ilaria Salis nelle terribili carceri di Orban. Sappiamo bene che per quel regime gli oppositori, i magistrati, gli intellettuali , i giornalisti sono scomodi.E anche l’episodio che coinvolge oggi il quotidiano La Repubblica ne è una conferma”.
Solidarietà arriva anche da Italia Viva, ormai stampella moderata del Pd: "Le parole di Budapest contro un giornale italiano – afferma Maria Elena Boschi - sono un grave segnale di intolleranza verso la libertà di stampa, uno dei pilastri fondamentali della democrazia europea. Esprimiamo piena solidarietà al quotidiano la Repubblica e ai suoi giornalisti".
Nella maggioranza del Pd e in tutta la sinistra c'è fortissima preoccupazione per la probabile, vicina cessione del gruppo Gedi ovvero la Repubblica, La Stampa e le radio Deejay, Capital e m2o. Contatti sarebbero in corso (in particolare proprio per la Repubblica) con un gruppo greco che fa capo a Kyriakos Kyriakou, imprenditore vicino al primo ministro greco conservatore Kyriakos Mitsotakis. Del gruppo si sa poco, così come delle sue dimensioni economiche, ma la sua crescita sarebbe spinta dai finanziamenti arrivati dall’Arabia Saudita, che ora potrebbe indirettamente mettere piede in Italia.
Il presidente di Stellantis John Elkann, grazie agli ottimi rapporti con la presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni e con il ministro del Made in Italy Adolfo Urso (vedi incentivi alle auto elettriche), non ha più bisogno di giornali di opposizione alla maggioranza di Centrodestra. Anzi, il numero uno del gruppo automobilistico che include anche la ex Fiat vuole ottimi rapporti con l'esecutivo. Anche e soprattutto perché c'è da trattare a Bruxelles le migliori condizioni per modificare il Green Deal e consentire di continuare a vendere autovetture non solo elettriche oltre il 2035, quantomeno ibride. Una battaglia che Elkann porta avanti insieme agli altri colossi dell'automotive europei, tedeschi e francesi in testa. E quindi di avere un quotidiano megafono dell'opposizione e apertamente anti-Meloni è del tutto controproducente, come spiegano fonti politiche ad Affaritaliani.
Ecco spiegato il motivo (recondito, ufficioso) della presa di posizione forte di Schlein in difesa di Repubblica. Un segnale al numero uno di Stellantis. Una cessione di la Repubblica sarebbe per la segretaria del Pd una batosta mediatica e politica: il quotidiano cartaceo e il suo sito internet sono la cassa di risonanze delle voci contro il Centrodestra meloniano. Perdere questa voce sarebbe deleterio, soprattutto in vista delle elezioni politiche del 2027. E infatti pare che i Dem stiano facendo di tutto per scongiurare la vendita di Repubblica al greco vicino al Centrodestra. Le voci parlano di contatti con imprenditori come Carlo Feltrinelli o Brunello Cucinelli. E, non solo, qualche settimana fa ex ministri del Pd avrebbero interpellato banchieri ed editori per capire se la notizia della cessione fosse vera. E la drammatica (per il Pd) risposta è stata "sì". Fonti Dem spiegano che difficilmente imprenditori italiani si metteranno a investire risorse ingenti per rilevare un giornale che fa la guerra al governo e che, stando ai sondaggi, verrà riconfermato fino al 2032. Ecco perché tanta ansia nel gruppo dirigente Pd, Schlein in testa.
Ma che cosa è successo davvero? A scagliarsi contro la Repubblica è stato Balazs Orbán, consigliere politico del premier ungherese. "Le fake news colpiscono ancora: l'obiettivo è chiaro, dividere e indebolire i leader che sostengono la pace", scrive su X accusando Repubblica e altri media ungheresi di aver attribuito a Orbán "parole che non ha mai pronunciato, trasformando persino una propria domanda in una citazione falsa". "Un esempio da manuale di come i media liberali distorcono i fatti per mettere i leader orientati alla pace gli uni contro gli altri e attaccare coloro che sostengono il dialogo, la sovranità e la stabilità", ha sottolineato il consigliere che ha pubblicato il video con il contenuto dell'intervista taggando Repubblica (ma il tag rimanda a una testata peruviana, invece che alla testata italiana).
Per Budapest, Repubblica avrebbe "deliberatamente distorto" la risposta del premier alla domanda sulle sanzioni Usa al petrolio russo "suggerendo falsamente che Orbán avesse definito la decisione di Trump 'un errore' e avesse detto che avrebbe 'cercato di far revocare le sanzioni'". "Nulla di tutto ciò è mai stato detto. Il giornale - attacca il consigliere politico del premier ungherese - ha semplicemente spacciato la propria interpretazione per una citazione diretta". "Questo non è giornalismo, è manipolazione politica. L'obiettivo non è informare, ma screditare l'Ungheria, una nazione che si batte costantemente per la pace, la stabilità e l'interesse nazionale" conclude il consigliere ricordando la visita di Orbán a Washington la prossima settimana, dove "rappresenterà il continuo impegno dell'Ungheria negli sforzi volti a porre fine alla guerra il prima possibile".
La replica della direzione di Repubblica
Repubblica non prende lezioni di giornalismo dal consigliere politico di Orbán. A maggior ragione di fronte a immagini e dichiarazioni del leader ungherese che confermano quanto riportato sul sito per tutta la giornata di ieri e nell’edizione cartacea odierna del quotidiano.
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