Von der Leyen e Ribera ai ferri corti su Green Deal e Concorrenza: così è nata la frattura ai vertici della Commissione Ue
Dal Green Deal alla concorrenza, passando per il caso Gaza: tutti i motivi dello scontro che sta ridisegnando gli equilibri interni della Commissione europea
Ursula Von Der Leyen e Teresa Ribera
Che cosa c'è dietro il gelo tra Ursula von der Leyen e Teresa Ribera
Quando la Presidente della commissione Ursula Von der Leyen ha comunicato un anno fa, la composizione del collegio dei commissari e il nome dei sei vice presidenti esecutivi. l’opinione comune di molti osservatori era quella che la spagnola Ribeira fosse la primus inter pares tra i vicepresidenti. Incarichi pesanti come quello sul green deal e sulla concorrenza la rendevano sulla carta la più potente ed influente tra i commissari.
Ma ora dopo solo un anno, la situazione sembra essere radicalmente cambiata e autorevoli fonti della commissione parlano ormai di un vero e proprio gelo tra la Von der Leyen e la Ribera (tutto a vantaggio di Fitto, che invece pare davvero aver conquistato tutti e soprattutto la presidentessa con la sua competenza e la sua grande arte diplomatica). I problemi tra le due sarebbero sorti non solo sul Green deal, sul cui annacquamento da parte della commissione avrebbe reso letteralmente furiosa la Ribera sarebbe furiosa, ma anche e soprattutto sulla concorrenza, tema delicatissima per l’Unione europea e sul quale invece la Ribera non sembra affatto interessato, considerando che secondo fonti autorevoli del suo team, avrebbe delegato di occuparsi del tema alcuni suoi stretti collaboratori, in particolar modo la sua vice capo di gabinetto Anna Vernet.
"Gli addetti ai lavori di Bruxelles stanno osservando attentamente per vedere quanta larghezza di banda avrà a disposizione per il portafoglio della concorrenza", ha affermato a ottobre, Nick Levy, socio veterano dello studio legale americano Cleary Gottlieb.
La predecessora di Ribera, Margrethe Vestager, ha portato l'applicazione della normativa antitrust dell'UE ai vertici mondiali durante il suo mandato decennale. La lotta contro le multinazionali – soprattutto le Big Tech statunitensi – è stata il marchio di fabbrica della liberale danese, insieme alla sua collezione di elefanti lavorati a maglia, ai post su Instagram e alle innumerevoli conferenze stampa. “Era una rock star nel nostro mondo ed è stata una delle figure più importanti dell'ultima Commissione", ha detto Levy.
Ribera invece non vede il suo ruolo come quello di una sbruffona alla Vestager, preferendo delegare ai suoi consulenti esperti e prendere decisioni di alto livello. È anche consapevole della sua grande responsabilità: "La politica della concorrenza si attua nell'economia reale", ha dichiarato a POLITICO qualche settimana fa in un'intervista. "E se ci pensate, l'economia reale oggi è verde e digitale... ed entrambe sono sotto attacco".
Tutti ritengono, compresa la presidente, che la Ribera non sia affatto interessata al tema della concorrenza, malgrado si tratti di un tema fondamentale per l’economia e le imprese europee, come ha anche sottolineato il ministro del made in Italy, Adolfo Urso, ieri presiedendo la riunione dell'alleanza ministeriale per le industrie ad alta intensità energetica "la Commissione Ue dovrebbe 'agire immediatamente per proteggere l'industria dalla competizione sleale dei players non europei, favorire lo sviluppo e assicurare un'adeguata dotazione finanziaria per supportare la transizione industriale. Non accetteremo misure tampone, servono riforme immediate, chiare, radicali, efficaci'.
Ma secondo gli addetti ai lavori ritengono che il commissario spagnolo non sia interessato né al diritto della concorrenza né ai suoi aspetti tecnici, come dimostra la mancanza di indagini innovative o di impatto avviate sotto la sua supervisione.
Il vicepresidente esecutivo ha anche portato a termine un'indagine sul gigante della ricerca Google. Il caso si è concluso con una multa di 3 miliardi di euro a settembre, che ha messo a nudo le tensioni tra Ribera e von der Leyen, proprio mentre la guerra commerciale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump stava mettendo a dura prova i rapporti commerciali e commerciali transatlantici.
La commissaria spagnola, secondo fonti autorevoli, farebbe molto affidamento oltre alla Vernet, anche su Linsey McCallum, una sfuggente scozzese che temporaneamente guida la direzione, e sul responsabile delle fusioni Guillaume Loriot. Entrambi sono funzionari di lunga data che si occupano della manutenzione della ben oliata macchina della DG COMP.
"L'applicazione delle norme deve essere fatta su base tecnica", ha aggiunto, spiegando che preferisce difendere il lavoro del suo team piuttosto che interferire. "È un lavoro tecnico, anche se politicamente rilevante".
Questo approccio non interventista ha preoccupato gli osservatori in un momento in cui la politica sulla concorrenza è sotto pressione sia dall’esterno, sia dall'interno (con i dirigenti dell'industria che fanno pressioni insistenti su von der Leyen nel proprio interesse).
Il modo in cui Ribera ha gestito l'annuncio della multa a Google a settembre ha sollevato dubbi sul suo margine di manovra nelle decisioni sulle aziende tecnologiche statunitensi. Ha anche messo in luce il suo rapporto diventato assai teso con von der Leyen, una cristiano-democratica di centro-destra. L'assenza di Ribera dalla sala stampa al momento della pubblicazione della multa, a settembre, dopo una settimana di lotte interne alla Commissione, ha scatenato le indiscrezioni e i retroscena sull'ipotesi che fosse stata la stessa presidente a “imbavagliarla” per paura di provocare Trump.
Tra le numerose spiegazioni che seguirono, Ribera disse di non essersi resa conto di quanto fosse importante per lei dare una lettura politica della decisione. "Ho preferito l'approccio tecnico, pensando che fosse così ovvia la sua importanza politica", spiegò nella sua intervista.
La bolla era in stato di massima allerta pochi giorni dopo, quando Von der Leyen fece un appello improvvisato per accelerare la revisione delle linee guida sulle fusioni, un'iniziativa tipica di Ribera. "È ora di agire", disse in un discorso programmatico del 16 settembre. Questa affermazione non fu di certo presa dal team di Ribera, che aveva pianificato di terminare i lavori di revisione entro la fine del 2027.
Nei corridoi del Palazzo Berlaymont, sede della commissione europea, ormai si vocifera con sempre maggior insistenza che la von der Leyen stia praticamente esautorando la Ribera dalla delega sulla concorrenza, soprattutto dopo la nomina di Michele Piergiovanni, funzionario di lunga data per la concorrenza ed ex membro del gabinetto della Vestager, a consigliere senior.
Ma le tensioni tra le due come detto si riferiscono anche all’evidente passo indietro che la presidente sta imprimendo al Green deal, sotto la pressione di stati come Italia e Germania, che stanno chiedendo da tempo pesanti revisioni a regole troppo dure e che rischiano di mettere a serio rischio interi settori produttivi europei. Ma qualcuno fa risalire l’inizio dello scontro tra le due ai primi di settembre, quando la commissaria spagnola, fedelissima del premier Pedro Sanchez, ebbe a dire «Il genocidio a Gaza mette in luce l’incapacità dell’Europa di parlare e agire con una voce sola». Poche ore fu durissima la smentita da parte di Paula Pinho, prima portavoce di Ursula von der Leyen: «Non tocca alla Commissione, ma ai tribunali, definire quello che succede nella Striscia». Da lì è stato un lento ma inesorabile irrigidimento nel rapporto tra le due.