Lega, effetto Veneto: più Zaia (Nord e autonomia) e meno Vannacci. Salvini leader non si tocca. Dal "Doge" segnale a Meloni e Tajani
Il significato politico delle 200mila preferenze alle Regionali
Zaia non lascia certo la politica. Anzi...
"Ecco cosa intendevo quando dicevo sarò un problema". Non minaccioso, non è il suo stile, ma sibillino e preciso Luca Zaia commenta la sua straordinaria performance alle elezioni regionali in Veneto. Circa 200mila preferenze personali come capolista della Lega in tutte le province, un risultato oltre le migliori aspettative.
E, senza nulla togliere ad Alberto Stefani che ha fatto un'ottima campagna elettorale seria e concreta, il merito del balzo oltre il 36% del Carroccio (alle Europee aveva raccolto un misero 13,1%), relegando Fratelli d'Italia sotto il 19% dimezzando i consensi, è quasi interamente del Doge, del Governatore che per quindici anni ha segnato la politica in Veneto.
Nell'immediato Zaia farà il consigliere regionale, probabilmente capogruppo della Liga. E poi? Nonostante l'allettante (economicamente) proposta di presiedere l'Eni nell'infornata di nomine che ci sarà in aprile, Zaia non intende lasciare la politica. Anzi. L'ipotesi più probabile è quella di candidarsi alle suppletive nel collegio alla Camera lasciato libero da Stefani per andare con un altro plebiscito in Parlamento a presiedere la Commissione Bicamerale per l'attuazione del federalismo (il ruolo finora avuto dal neo-presidente del Veneto). E da quella poltrona intende farsi sentire eccome.
L'autonomia regionale differenziata è la sua battaglia, tanto che ha scritto anche un libro poco più di un anno fa, e in stretto contatto con il ministro Roberto Calderoli spingerà il piede sull'acceleratore per arrivare il prima possibile alle modifiche in Parlamento dopo i rilievi della Corte costituzionale e alla definizione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni) per arrivare entro fine 2026 ad attuare, prima di tutto per il suo Veneto, la tanto attesa autonomia. Un segnale quindi forte a Giorgia Meloni, che a fatica cita il federalismo come riforma chiave e si concentra più sul premierato, e soprattutto a Forza Italia.
Stop ai distinguo e ai dubbi dei Governatori azzurri del Sud, Roberto Occhiuto in testa. Ma il trionfo di Zaia ha anche una valenza dentro la Lega. Ieri a Padova Matteo Salvini, in conferenza stampa accanto a Stefani, ha pubblicamente ringraziato il Governatore uscente parlando di "gioco di squadra" ed è anche vero che il progetto di Lega nazionale non è fallito visto che in Campania ha tenuto e in Puglia è addirittura leggermente cresciuta alle Europee del 2024. Ma il 36 e oltre per cento del Veneto è un risultato che non passa certo inosservato soprattutto se confrontato con nemmeno il 5% (peggior risultato di queste Regionali) preso dal Carroccio nella Toscana di Roberto Vannacci. Il segnale è chiaro.
Tornare a parlare di Nord, di questione settentrionale e rimettere il federalismo e l'autonomia al centro dell'azione politica del Carroccio. Niente modello Baviera con due partiti, escluso da Salvini, ma un cambio di rotta ci dovrà essere. Anche perché Zaia non è solo e ha potenti alleati nel partito come Attilio Fontana, Maurizio Fugatti, Massimiliano Fedriga, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. Salvini resterà il leader, nessun dubbio, ma di una Lega con più Zaia e meno Vannacci. Ora si vedrà che cosa accadrà per il candidato in Lombardia, ma c'è tempo.
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