'Restituzione dei nomi' anche a Bari: perchè ricordare è decisivo

Anche Bari ha offerto, a quanti lo hanno condiviso, il gesto che ogni anno Memorial, Associazione insignita del premio Nobel per la Pace nel 2022, vive il 29 ottobre con la “Restituzione dei nomi”.

PugliaItalia

di Dario Patruno

Anche Bari ha offerto, a quanti lo hanno condiviso, il gesto che ogni anno Memorial, Associazione insignita del premio Nobel per la Pace nel 2022, vive il 29 ottobre con la “Restituzione dei nomi”. Questo evento si tiene a Mosca ogni anno dal 2007, il 29 ottobre, vigilia della Giornata in memoria delle vittime delle repressioni politiche.  

Nel 2024 la Restituzione dei nomi si è svolta in 45 paesi e 141 città. Si legge sul sito di MEMORIAL ITALIA:  “La Restituzione dei nomi è il cuore delle iniziative organizzate da Memorial in Russia e non solo. La manifestazione è dedicata al ricordo delle vittime del Terrore di Stato in Unione Sovietica. Il 29 ottobre di ogni anno soci, volontari, attivisti di Memorial e chiunque desideri unirsi si raccolgono per leggere ad alta voce i nomi delle persone che hanno perso la vita per mano delle autorità sovietiche”.


 

Per i cittadini e le cittadine della Federazione Russa la Restituzione dei nomi è anche una delle poche occasioni rimaste a disposizione per esprimere la propria resistenza. Si svolge davanti alla Pietra delle Solovki in piazza della Lubjanka a Mosca. 

Qualche nota storica: il "Grande Terrore" di Stalin fu una repressione di massa, che causò la morte di circa 800.000 persone a causa di esecuzioni e tortura. La maggior parte delle esecuzioni furono concentrate nel 1937-1938, dove si contano circa quarantamila esecuzioni, ma questo numero non include le vittime aggiuntive della tortura e delle esecuzioni non registrate. Le vittime comprendevano contadini, "senza occupazione stabile”, ufficiali minoranze etniche e persino membri del partito comunista fedeli a Stalin, molti dei quali furono anche inviati nei campi di lavoro del Gulag. 

Anche a Bari la cerimonia si svolta sotto una fitta pioggia, che rendeva questo gesto ancora più suggestivo e ci avvicinava alle condizioni fisiche e psicologiche nelle quali i moscoviti lo effettueranno il 29 ottobre. A capo scoperto in segno di rispetto verso i defunti, quaranta tra docenti universitari e studenti coordinati da Simone Guagnelli docente di Lingua, Letteratura e Cultura russa presso il Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica dell'Università degli Studi di Bari e soci del CIPO (Centro interculturale Ponte ad Oriente) di Bari, in fila indiana si sono succeduti davanti alla statua di San Nicola, opera l’artista Zurab Tsereteli, pervenuta a Bari il 2003, in Largo Abate Elia di fronte alla Basilica dedicata al Santo. 

Ognuno dei partecipanti ha declamato nome, cognome e patronimico, ultimo impiego o professione, età e data della fucilazione. La suggestione e la “sacralità” unica della lingua russa è stata colta dai presenti nelle parole di studenti russi e italiani frequentanti con profitto i corsi universitari a Bari.

Bari, Torino, Palermo, Milano e Roma hanno anticipano il gesto che si svolgerà a Mosca e in altre parti del mondo il 29 ottobre. L’evento si ripete dal 2007.

Leggiamo dal sito https://lanuovaeuropa.org/percorsi-della-memoria/2024/10/26/la-restituzione-dei-nomi-oggi-piu-che-mai/: I moscoviti che decidevano di prendere parte al gesto dovevano stare in coda molte ore sotto la pioggia o la neve per poter leggere due nomi. Molti soffrivano quasi come un dramma personale se non riuscivano a leggerli, perché il tempo dell’azione era finito. Altri si coinvolgevano talmente con le persone scritte sul loro foglio che, una volta tornati a casa, facevano una ricerca per saperne di più di queste vittime del terrore.

Molti di noi si sono commossi nel leggere i nomi, altri hanno voluto dialogare con alcuni studenti. Finita la lettura è apparsa una ragazza russa che durante la declamazione dei nomi aveva sulle spalle la bandiera dell’Ucraina, simbolo e viatico del profondo legame tra i due popoli. Un’altra italiana sventolava una bandiera bianca con fascia rossa al centro in cui viene rappresentato un cavaliere bianco sul cui scudo c’è una doppia croce simbolo della tradizione cristiana.

Trattasi dell’antica bandiera bielorussa prima del 1995. Questa viene sventolata dalla dissidenza durante le manifestazioni in Bielorussia.  Mi diceva che la dissidenza viene imprigionata e si sa ben poco della sorte dei detenuti sottoposti ad un severissimo regime carcerario. A dimostrazione di quanto fosse vero questo, il 22 ottobre è stato conferito dal Parlamento europeo il premio Sacharov a Andrzej Poczobut giornalista, saggista e blogger della minoranza polacca in Bielorussia.

È noto per le sue critiche al regime di Alexander Lukashenko e per la sua lotta per la libertà di espressione. Dopo anni di pressione delle autorità, è stato arrestato nel 2021 e condannato a 8 anni in una colonia penale. Durante la detenzione è stato più volte messo in isolamento e privato di cure mediche adeguate. La sua famiglia non ha mai potuto fargli visita. Erano presenti docenti di madre lingua polacchi con cui abbiamo scambiato sensazioni e cordiali saluti nel ritrovarci insieme a ricordare queste persone, martiri di un autentico sonno della ragione.  

Come abbiamo potuto constatare la sofferenza e la necessità di ricordare il male, è utile a noi, a me che scrivo e a chi legge o ha vissuto l’esperienza della Restituzione dei nomi per “guardare la storia non solo come narrazione di eventi ma come fatta da persone con i loro legami, con la loro fede, con le loro radici. Una capacità di bene vissuta dentro un sistema di male.”

Rimane il monito, attuale oggi più di ieri, di Aleksej Anatol'evič Naval'nyj, anche lui Premio Sacharov nel 2021, morto in carcere il 16 febbraio 2024: “Io non ho paura, non abbiatene neanche voi.” Vale per ciascuno di noi scegliere il bene anziché il male, sempre, comunque e dovunque. 

 

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