Cinghiali abbattuti: si potranno mangiare. I romani alla prova del cuoco

L'Oipa denuncia come l'articolo 3 della nuova ordinanza permetta l'autoconsumo degli animali abbattuti nella zona rossa

(Fonte: IPA)
Roma
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I cinghiali abbattutti finiranno sulle tavole dei romani, a patto che non siano positivi alle Peste suina. La nuova ordinanza varata dal commissario straordinario, Angelo Ferrari, infatti permette l’uccisione e il consumo della carne del cinghiale.

L’articolo 3 dell'ordinanza, fa notare L’Organizzazione internazionale protezione animali, sancisce che i cinghiali abbattuti zona confinante con la zona infetta, con modalità che saranno stabilite entro 30 giorni, possano finire nel piatto, che testualmente recita: “I capi cacciati possono essere  destinati all’autoconsumo esclusivamente all’interno della stessa zona di attenzione e solo se risultati negativi ai test di laboratorio per ricerca del virus Psa”.

La denuncia dell'Oipa

L’Oipa esaminerà a fondo il provvedimento appena pubblicato per valutarne l’impugnazione. “Non solo si apre la caccia al cinghiale fuori stagione alle porte di Roma, ma si consente anche di farne carne da macello per trasformarla in salsicce e bistecche”, commenta la delegata dell’Oipa di Roma, Rita Corboli. “Per sei esemplari trovati positivi al virus della peste suina, non pericolosa per l’uomo, si farà strage. Prima ripopolano a uso e consumo dei cacciatori, poi decidono il “depopolamento” sulla pelle di esseri senzienti senza considerare misure alternativa”.

L’Oipa ha poi ricordato che un parere chiesto agli esperti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) afferma: “la caccia non è uno strumento efficace per ridurre le dimensioni della popolazione di cinghiali selvatici in Europa”. Inoltre l’Ispra nelle sue indicazioni afferma che è importante sospendere qualsiasi tipo di attività venatoria nella zona infetta da Peste suina africana poiché si tratta di “attività che comportano un duplice rischio: la movimentazione di cinghiali potenzialmente infetti sul territorio, soprattutto conseguente al ricorso di tecniche che utilizzano i cani, e la diffusione involontaria del virus attraverso calzature, indumenti, attrezzature e veicoli”.

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