Sciopero pro Gaza, quando la scuola diventa politica: l’avviso di un liceo di Roma che invita all'"adesione massiva"

La dirigenza dell’Aristotele non ha firmato un avviso, ma ha preso posizione

di Elisa Mancini

Sciopero e manifestazioni pro Gaza a Roma

Roma

Quando la scuola fa politica: la propaganda travestita da avviso

Un semplice avviso alle famiglie si trasforma, al liceo Aristotele di Roma, in un manifesto politico. Nella comunicazione diffusa alla vigilia dello sciopero generale indetto da Cgil e Usb per ieri, in sostegno a Gaza e alla cosiddetta Flottilla, il dirigente scolastico ha inserito una frase che non lascia spazio a dubbi: “Prevedendo una probabile adesione massiva”.

Un inciso che, più che un’informazione tecnica, appare come una dichiarazione di parte. Inserita in un messaggio alle famiglie e agli studenti per ribadire l'ovvio cioè che non era possibile "garantire l'apertura dell'istituto e il normale svolgersi delle lezioni". Funziona sempre così, tutto arcinoto e scontato: quando c'è uno sciopero, la scuola, come altre attività, può avere ripercussioni.

Perché, allora, affermare – con certezza preventiva – che ci sarà un’adesione “massiva”? Quale criterio oggettivo autorizza una scuola a predire il comportamento del proprio personale? La risposta è semplice: nessuno. E infatti il messaggio non è neutrale, ma tradisce un orientamento politico preciso.

La scuola, per legge, dovrebbe limitarsi a comunicare in modo asettico e imparziale le possibili ricadute organizzative di uno sciopero, senza mai scivolare nella propaganda. Qui, invece, si scorge l’ombra di una simpatia ideologica. Il dirigente scolastico, con quella formula, non solo legittima le ragioni di una mobilitazione chiaramente politica, ma si spinge oltre: ne esalta, quasi con compiacimento, la forza e la partecipazione.

In sostanza, la dirigenza dell’Aristotele non ha firmato un avviso, ma ha preso posizione. Ha abbandonato la neutralità istituzionale per abbracciare, seppur in maniera surrettizia, una causa che nulla dovrebbe avere a che fare con la scuola. Una causa divisiva, che non appartiene all’interesse educativo dei ragazzi, ma al dibattito ideologico di parte.

Ed è grave che un’istituzione scolastica, che dovrebbe essere presidio di pluralismo e di rispetto delle differenze, finisca per trasformarsi in cassa di risonanza delle scelte politiche di un dirigente. Che la scuola italiana soffra da tempo di un’evidente egemonia culturale di sinistra è cosa nota; ma qui siamo di fronte a un salto di qualità, a un passo ulteriore verso la politicizzazione della vita scolastica.

Il liceo Aristotele non aveva bisogno di predire adesioni “massive”: bastava un sobrio “non si assicura il regolare svolgimento delle lezioni”. Tutto il resto è militanza. Militanza mascherata da burocratica comunicazione. E il fatto che questo avvenga in un’istituzione pubblica, che dovrebbe essere neutrale e al servizio di studenti e famiglie, rende l’episodio ancora più intollerabile.

A Roma, dunque, il confine tra istruzione e politica è stato oltrepassato. E lo si è fatto, ancora una volta, sulla pelle degli studenti e delle famiglie, usati come destinatari passivi di una propaganda travestita da avviso.

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