Cdx, le liti regalano Milano a Sala. La Destra meneghina non esiste più
A Milano il centrodestra non riesce a trovare un candidato valido che dia del filo da torcere all'inossidabile Beppe Sale
“Milano vicino all’Europa, Milano che banche, che cambi”, diceva Dalla qualche anno fa, eppure una città governata per decenni da una destra arcobaleno, non riesce a trovare un candidato presentabile per sfidare, almeno per la bandiera, l’inossidabile Beppe Sala.
Ci hanno provato in tanti e tanti sono usciti di scena dopo aver fatto capolino tra le pagine annoiate delle cronache milanesi, tutti personaggi di un certo rango manageriale o politico ma che non sono riusciti a fare da collante ad una delle compagini più litigiose della già notoriamente litigiosa politica milanese. Il problema è politico, avremmo detto negli anni settanta ma la soluzione è molto più semplice perché Sala rappresenta la convergenza perfetta tra le istanze riformiste meneghine e la sana appartenenza alla classe “dei sciuri” che dalle cinque giornate è il simbolo del Governo Locale.
Con l’eclissi del dinosauro di Arcore, l’anti-sinistra non ha più trovato pace, e a poco sono serviti gli appelli nostalgici a compattarsi tra Albertini, Lupi se non addirittura Moratti, tutti nomi che oltre ad avere problemi nello scontro diretto con l’avversario, avrebbero avuto poca empatia tra i cosiddetti alleati. Ma il problema rimane, mentre il sogno di un partito conservatore che dalla grande Milano si prenda il paese sembra sospeso tra veti incrociati e tattiche giornaliere che si elidono in pochi minuti, e i sondaggi li aiutano.
Meloni attende, Salvini sbaglia tutta la sequenza dei “sindaci per un giorno” de Montigny compreso che pur essendo della galassia Mediaset/Mediolanum non eccita elettori potenziali e soprattutto gli alleati, e mentre l’estate della rinascita incalza, sembra che lo squadrone abbia come rinunciato a sedersi sullo scranno meneghino più alto.
Forse la battaglia politica fa paura, soprattutto se si è certi di perderla, ma anche l’aspetto economico per alcuni, soprattutto gli ultimi “bruciati” poteva sembrare un limite insormontabile: enormi responsabilità e scarsi guadagni, e il Sindaco uscente ne sa qualcosa.
Quel che resta della Grande Destra Meneghina non fa paura a nessuno, e quel che peggio la dice lunga sul vero significato di coalizione, rimandano a tronconi politici che mal si sopportano e si azzuffano per una leadership irraggiungibile da ciascuno di loro.
Ora che finisce giugno, il campo Conservatore è sguarnito e sembra molto difficile conciliare esigenze così difformi, vecchi rancori e volontà di rivalsa, dopo l’attenta lettura dei sondaggi e quel che resta di Forza Italia e del suo anziano Patron continua sognare di poter condizionare le scelte dei suoi antichi discepoli che lo hanno doppiato nei numeri del consenso, e questo rimane uno dei grandi guai di questa “ex-destra”.
Finirà con una soluzione posticcia che sicuramente non accontenterà nessuno, e il tutti contro tutti proseguirà durante una campagna elettorale, che si prevede spartana per l’assenza dei mega-contributi di Silvio (problema molto importante rispetto a tutti gli altri), dunque il crepuscolo degli Dei Minori è ormai inevitabile.
Il popolo della libertà, che da Milano aveva conquistato il paese, non ha solo bisogno di un re-styling linguistico, politico ma deve capire che la rendita di posizione dello scontento generale, può solo produrre mostri culturali, e lo hanno capito tutti quelli che fanno del territorio moderato il loro approdo finale, ma senza le antiche urla e lo scontro frontale, anche questa battaglia elettorale può considerarsi persa.
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