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Il buono, il brutto e il cattivo
Paolo il Mite, Gentiloni è l’ultimo democristiano nella giungla burocratica
Paolo Gentiloni

Gentiloni, ecco chi è l'“Andreottino” cresciuto tra le manifestazioni di Capanna

Il curriculum del conte Paolo Gentiloni Silveri è impressionante sia per la quantità dei movimenti politici attraversati, praticamente tutti : dal Movimento Studentesco al Partito Popolare sia per i succulenti incarichi ricoperti in questi decenni di attività frenetica, prima a Roma, poi in Italia e dunque a Bruxelles.

Cinque legislature piene, Ministro, Presidente del Consiglio, Presidente del PD e dunque Commissario Europeo all’economia, non dimenticando i movimenti ecologisti, il PSIUP, e perfino i gruppi maoisti

La fisiognomica ce lo rivela come persona mite e dal tono basso di voce, che potrebbe nascondere un carattere poco schietto e vendicativo, anche perché non appare come un Riccardo Cuor di leone, piuttosto un “andreottino” cresciuto tra le manifestazioni di capitan Fracassa, quel Mario Capanna, oggi fortunatamente dimenticato, e la piacevole e rassicurante copertura di oratori, Rutelli, Castagnetti e altre figure del moderno bestiario italico.

La sua storia era dunque segnata, ed oggi si ritrova al centro delle feroci critiche che giungono dalle batterie del Governo in carica che lo ha accusato di tutto dall’inanità politica, allo schierarsi con la Baronessa “Von der Leyen Vien dal Mare” (ovviamente tra aristocratici),invece che difendere con la katana le istanze italiche.

Ma lui più che rassicurare non sa fare, non è stato programmato per l’attacco, e neppure per la difesa, è stato progettato per la dissimulazione, per l’assorbimento indifferente di tutte le istanze che giungono da mondi lontanissimi.

Non lo toccano, non sente i rumori di fondo del giramento di cabbasisi, ormai generalizzato e nessuno capisce più che cosa faccia esattamente, e soprattutto a cosa serva l’Europa disunita su tutto, ma unita sulla moltiplicazione di prebende, incarichi e commissioni: un mondo surreale che ormai è diventato surrealista.

Ma Paolo il Mite, non si cruccia delle urla, degli schiamazzi degli scavezzacollo italici perché a Bruxelles non funzionano le traduzioni simultanee, fortunatamente.

Difficilmente si ricorda una figura cosi profondamente incastonata nel potere ormai decennale, così antico, antichissimo, da non riuscire a comprendere la contemporaneità.

Gentiloni non è solo un burocrate inaffondabile, ma le gesta che sta compiendo sembrano la conseguenza di una strategia costruita nel tempo, e i suoi incessanti incontri felpati con tutti i microfoni dei giornalisti, rappresenta l’idea plastica del democristiano: esserci senza esserci mai stato, far finta che non può sussistere che una marginale responsabilità, sempre, anche nell’insipienza ormai stigmatizzata in ogni luogo.

Il Commissario non deve rispondere a nessuno perché non ha risposte da dare, ne consigli, ne dritte, si limita a manifestarsi come figlio di un magistrale gioco di potere, dove ogni persona sembra il cartonato di una grande pubblicità, tanto per far capire che la realtà, la finzione, il sogno o la verità sono argomenti aleatori.

Bravo dunque il Mite che sembra così poco italiano e così tanto democristiano, perchè ha saputo fare l’imitazione perfetta di tutti quelli che odiano il nostro paese, che provano sufficienza per le nostre richieste e che continuano a parlare dell’importanza italiana nella UE che, con queste figure, dimostra la più profonda incapacità nel gestire i ruoli di potere, i confronti di forza, auto-condannati ad una deriva in assenza di visione.

Neanche Supermario potrà salvarci perché in mezzo a queste maschere della commedia all’italiana, lui continuerà far risuonare il suo motto inossidabile: “Whatever it takes” che in fondo giustifica l’esistenza dei tanti Paolo e di tutti i “Paolo il Mite”.

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