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Cronache
Coronavirus, Cannavaro: "L'Italia non è la Cina, si sta autodistruggendo"

Coronavirus, Cannavaro: "L'Italia non è la Cina, si sta autodistruggendo"

 

L'emergenza Coronavirus in Italia non si ferma. In Cina, invece, il peggio sembra essere passato, ma a sentire chi ci vive in quel paese si percepiscono tutte le differenze che ci sono tra i due metodi di tentare di diffondere meno possibile il contagio. Lo svelano i fratelli Cannavaro (Fabio e Paolo), in un'intervista al Giornale. "La Cina sta provando a ripartire. Siamo stati messi in quarantena senza essere passati dall'Italia - spiega Paolo - a Dubai ci siamo trovati perché qui a causa del virus il campionato è fermo da gennaio (sono allenatore e vice del Guangzhou, l'ex squadra allenata da Marcello Lippi). Chi rientra in Cina dall’estero è obbligato a quindici giorni di quarantena per tutelare il Paese. Stiamo combattendo questo virus da gennaio. Non dobbiamo pensare che si sconfigga in due settimane restando a casa, ci vuole tempo. Questo vale soprattutto per l’Italia. La Cina è un Paese che sa dove deve andare per risolvere questo problema e anche chi arriva da fuori deve rispettare determinate regole e sottoporsi a una procedura per il bene di sé stesso e del Paese".

Il racconto delle misure drastiche cinesi per chi rientrava da paesi esteri. "In aeroporto eravamo in otto, siamo passati da ben quattro controlli: siamo atterrati a Hong Kong in un’area riservata a italiani, coreani e giapponesi (i popoli più colpiti in questo momento). Da Hong Kong siamo andati in autobus fino alla dogana verso la frontiera cinese. Sempre scortati. Il mezzo è stato poi completamente disinfettato. Prima di poter entrare nello stabile della frontiera, ci è stato fatto il primo controllo medico: ci è stato chiesto da dove venivamo, se avevamo avuto contatti con persone contagiate, se in famiglia avevamo qualche positivo e hanno voluto sapere gli spostamenti degli ultimi quindici giorni. Dopodiché ci hanno fatto il tampone e ci hanno misurato nuovamente la febbre. Abbiamo aspettato un po’ di tempo per accertarci che tutto fosse ok, quindi la polizia ha controllato il passaporto. Ma, a differenza delle altre volte, questa volta il passaporto è stato vivi sezionato. Sul classico bigliettino dove è scritta la residenza, sono state aggiunte la via, il numero dell’appartamento, misure più dettagliate, insomma: il tutto scansito assieme al passaporto.

"Quando siamo stati dichiarati idonei, - proseguono i fratelli Cannavaro - abbiamo affrontato lo step più importante: poliziotti e infermieri hanno ricostruito la nostra tracciabilità: dove eravamo stati, il numero del volo, i luoghi frequentati. In più hanno preso il nostro Smart Phone e scansito un codice con “WeChat” (applicazione simile a WhatsApp in Cina): così facendo li abbiamo autorizzato a tracciare i nostri movimenti. Non solo. Sono stati ricostruiti i miei quindici giorni precedenti quel momento per verificare le mie dichiarazioni: da quel momento ho consegnato la mia vita nelle loro mani come è giusto che sia. Ma non è ancora tutto. Siamo arrivati, in auto, nel nostro condominio alle tre di notte. Ad attenderci il personale del residence: siamo stati fotografati e accompagnati all’interno".

"La mattina dopo, - proseguono - la polizia, assieme agli infermieri ha chiesto che mi affacciassi alla porta, mi è stato fatto un altro tampone. Mi hanno misurato la temperatura e mi hanno lasciato il termometro, avrei dovuto inviare loro la mia temperatura mattino e sera. Se il tampone fosse risultato positivo e avessi avuto la febbre mi avrebbero condotto in uno dei centri per malati. Questa è la Cina. In Italia ci stiamo autodistruggendo. Lo Stato qui in Cina - concludono i Cannavaro -ti sta vicino. I benefit del governo danno la possibilità di stare a casa dal lavoro tranquillo senza farsi venire attacchi di panico per eventuali tagli o licenziamenti. In questo periodo in Cina prima di iniziare un viaggio in autostrada, andare in banca o comprare qualcosa devi mostrare che non hai la febbre».

 

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