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Economia
Chiusura Arvedi, mina nel governo. Nuove crisi sul tavolo di Patuanelli

Dal Ministero dello Sviluppo economico ancora tutto tace. Per gli oltre 500 lavoratori (fra area a caldo, laminatoio e amministrativi) della ferriera di Trieste del gruppo Arvedi (dopo il pressing della Regione e del Comune, l’industriale cremonese ha annunciato la chiusura) non è ancora arrivata la convocazione da parte del concittadino Stefano Patuanelli per l’apertura di un tavolo di crisi (sarebbe il 161° al dicastero dove il senatore giuliano del M5S ha ricevuto il testimone da Luigi Di Maio) che vede direttamente interessato il Ministero di Via Veneto, anche perché il calvario dello stabilimento triestino ex Lucchini, da anni al centro delle polemiche cittadine per l’inquinamento (una sorta di piccola Ilva di Taranto), è finito oggetto di un accordo di programma firmato nel 2014 proprio al Mise dalla coppia nordestina dem Flavio Zanonato-Debora Serracchiani (più ministri dell’Ambiente e delle Infrastrutture). Quadro giuridico a cui ora i sindacati si stanno aggrappando per scongiurare una chiusura che pare inevitabile (anche Patuanelli, come tutti i grillini a Trieste, si è sempre battuto in passato per lo spegnimento dell’impianto).

Ilva fuoco fusione
 

Secondo i rumors dell’ultima ora, la convocazione delle parti potrebbe arrivare per venerdì prossimo, ma i telefoni non squillano.

C’è chi dice che, a causa delle conseguenze politiche che il dossier potrebbe avere all’interno del nuovo governo giallo-rosso (il Pd dell'ex presidente Fvg Serracchiani è quello che ha portato Arvedi a Trieste e ha messo sempre sui tavoli, che hanno trattato il dossier, la questione degli esuberi e degli effetti sull’indotto - in tutto sono circa 1.000 lavoratori - questioni a cui bisogna dare parimenti risposta), la chiamata potrebbe tardare e richiedere più tempo. Il motivo? Cercare di capire come gestire al meglio il caso che toccherà tre Ministeri: Sviluppo (Patuanelli), Ambiente (Costa, 5S) e Infrastrutture (De Micheli, Pd). Senza, cioè, che inneschi degli effetti politici esplosivi in stile Ilva (come fu fra Cinquestelle e Lega) nella neo-maggioranza di governo.

Chi attende anche la convocazione al Mise, ma questo è un dossier meno intricato, sono gli esuberi di La Perla, lo storico gruppo della lingerie di lusso di Bologna finito in mano lo scorso anno alla holding olandese Tennor, marchio che si è appena quotato alla Borsa di Parigi e che fa capo al finanziere tedesco Lars Windhorst. Un gruppo che, mentre raccoglie soldi dagli investitori, ha però deciso di mettere fuori del perimetro aziendale 126 dipendenti (dotati di prezioso know-how) su un totale di 1.200 addetti

fiat fabbrica termini
 

Oltre a quella della Siderurgica Triestina e del marchio storico della moda italiana, la lista delle crisi aziendali che Patuanelli ha ereditato potrebbe allungarsi con il forte stop dell’indotto automotive in deficit di commesse (l’ultimo dato sulla produzione industriale parla chiaro), gruppi che stanno risentendo del rallentamento del mercato tedesco delle quattroruote, finito vittima delle tensioni commerciali fra Washington e Pechino. 

E così gli oltre 200 mila lavoratori, di cui 60 mila a rischio, interessati dai 160 tavoli aperti al Mise, potrebbero aumentare sotto i colpi della recessione che sta bussando alle porte dell'Europa, Germania in primisVenti, secondo quanto fa sapere la Cgil, sono le “Aree industriali di crisi complessa” che coinvolgono 70.000 lavoratori, gran parte di questi in mobilità in deroga (con un assegno mensile di 500-600 euro mensili), universo a cui appartiene l’emblematica vicenda Blutec. Ventitrè, invece, sono i gruppi industriali in amministrazione straordinaria e la cassa integrazione straordinaria per cessazione registra un incremento del 78%. Insomma, le crisi non aspettano la burocrazia delle convocazioni. 

twitter11@andreadeugeni

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