Mediaset, Vivendi alla prova delle authority. Le tre opzioni in mano a Bollorè - Affaritaliani.it

Economia

Mediaset, Vivendi alla prova delle authority. Le tre opzioni in mano a Bollorè

L’Agcom prende tempo, il governo studia mosse anti scalata, mentre Nagel suggerisce a Bolloré: trovi mediazione

La vicenda Vivendi-Mediaset sembra infatti entrata in una fase di stallo, con le due aziende che non trovano ancora un’intesa “amichevole” in attesa delle pronunce di Consob e Agcom. Il presidente di quest’ultima, Angelo Maria Cardani, prende tempo e interpellato dai giornalisti sottolinea: “Stiamo facendo il lavoro che avevamo detto che avremmo fatto, stiamo guardando i dati e ci vuole un sacco di tempo”.

L’authority aveva avviato lo scorso 21 dicembre un’indagine per verificare una possibile violazione delle norme sui servizi audiovisivi e radiofonici in conseguenza della scalata del gruppo francese controllato da Vincent Bolloré, che è anche il principale azionista di Telecom Italia col 23,925%, sul gruppo controllato dalla famiglia Berlusconi, in cui con un blitz è salito al 28,8% del capitale e al 29,94% dei diritti di voto. Le conclusioni dell’Agcom, nel cui board cui a inizio mese è stato nominato Mario Morcellini, indicato dal Pd che così si rafforza e inverte i rapporti di forza col Pdl (il cui candidato, Vito Di Marco, fedelissimo dell’ex ministro Paolo Romani, non è riuscito a spuntarla), sono attese tra aprile e giugno.

Allo stato Bolloré ha tre alternative: trovare l’intesa con Berlusconi, abbandonare la presa su Mediaset rimanendo l’azionista di controllo di Telecom Italia, uscire dal capitale dell’ex monopolista telefonico italiano e lanciare un’Opa su Mediaset.
 
I lavori preliminari dell’Agcom sarebbero già arrivati ad un punto fermo, ossia che un’eventuale Opa di Vivendi su Mediaset non sarebbe, allo stato, giuridicamente accettabile in quanto in contrasto con la legge Gasparri (art. 15), poi trasfusa nel Testo unico della radiotelevisione (art. 43), secondo cui le imprese che controllano il 40% dei ricavi complessivi del settore delle telocomunicazioni non possono controllare più del 10% del sistema delle comunicazioni (“Sic”), ossia della sommatoria di telecomunicazioni, televisioni, internet e raccolta pubblicitaria.

Bolloré per la verità non è apparso sinora troppo ansioso di procedere ad una simile offerta e potrebbe finire con l’accettare il “suggerimento” rivoltogli dall’amministratore delegato di Mediobanca (di cui Bolloré è socio al 5,029% e Berlusconi al 2%) di cercare una mediazione, che potrebbe arrivare proprio da Piazzetta Cuccia. “Mediobanca non si schiera con nessun socio in particolare” ha spiegato Nagel, aggiungendo: “La mia valutazione, come uomo di investment banking, è che le operazioni di concentrazioni vanno fatte in modo amichevole e concordata. Altrimenti le operazioni sono più costose”.

Soprattutto oltre che più costose operazioni “ostili”, se anche superassero le obiezioni giuridiche ad esempio con la cessione della quota di Vivendi in Telecom Italia ad un altro investitore (da mesi si parla della possibilità che la partecipazione venga girata a Orange, l’ex France TelecomI), rischierebbero di trovare un ostacolo politico. Già ora il senatore Pd Salvatore Tomaselli, relatore del Ddl concorrenza, destinato ad andare in aula al Senato l’ultima settimana di febbraio, non ha escluso l’inserimento nel testo di misure anti scalate che omogeneizzino la normativa italiana con quella francese, più stringente. L’idea sarebbe di individuare soglie di partecipazioni oltre le quali l’investitore debba comunicare gli obiettivi che si propone di raggiungere in un determinato arco di tempo.

(Segue...)