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Roma, 5 giu. (Labitalia) - Diffusione in crescita e digitalizzazione come elemento determinante. Sebbene permangano dubbi sulle politiche da adottare, le pmi italiane, nel biennio passato, hanno puntato di più sul welfare aziendale. Lo afferma il 55,9% dei 2000 consulenti del lavoro intervistati dalla Fondazione studi consulenti del lavoro nell’ambito dell’indagine, pubblicata oggi, dal titolo 'Il welfare aziendale: diffusione e prospettive nelle pmi'. Il cambio di paradigma nelle pmi rilevato dalla survey, favorito dalla pandemia e dall’escalation inflazionistica, sembrerebbe ormai consolidato: il 61,1% del campione, infatti, ritiene che nel 2023-2026 il welfare si diffonderà ulteriormente, con particolare riguardo agli strumenti di sostegno diretto alle famiglie (77,4%), all’area salute e assistenza (38,1%), alla conciliazione vita-lavoro (33,5%) e, in quota minore, alla formazione e all’aggiornamento professionale (21,9%) e alla previdenza (18,6%). A livello territoriale, però, emergono differenze: se al Nord la spinta verso questi strumenti, oltre a essere più netta, sembra abbracciare una gamma più ampia di interventi, perlopiù in tema di salute e assistenza e conciliazione vita-lavoro, al Sud spicca un’attenzione maggiore al tema della formazione. In tutto lo Stivale, traino della crescita saranno soprattutto i vantaggi fiscali previsti dalla normativa (40,2%), ma anche la dinamica inflattiva e le sue ripercussioni sul potere d’acquisto dei salari (40%). Per le pmi italiane, poi, welfare aziendale è sinonimo di buoni pasto: immediati, flessibili e smart. È il 39,8% degli intervistati a definirli “molto diffusi” e il 42,2% “abbastanza diffusi”, con una loro concentrazione soprattutto al Centro e al Sud. Seguono i buoni benzina (40,3%) e quelli multicategoriali (34,6%). Una tendenza che potrebbe non rallentare: da qui a tre anni, infatti, i buoni benzina cresceranno più di tutti (49,1%). Eppure, permane la preoccupazione che il welfare aziendale possa rappresentare un “costo aggiuntivo” per l’impresa (31,3%), e la scarsa conoscenza degli strumenti a disposizione (24,1%), in particolare al Centro e al Sud, insieme con la “complessità di gestione” (21,1%) rappresentano gli elementi maggiormente percepiti come limitanti per le pmi. A fare la differenza, sotto quest’ultimo profilo, potrebbero essere una maggiore semplificazione, grazie al digitale, di strumenti e processi, oltre alla previsione di incentivi alle aziende che erogano tali prestazioni. Volàno dell’informazione, invece, le piattaforme per l’accesso ai servizi di welfare, ancora “poco” diffuse (55,4%). I dati dimostrano come la digitalizzazione resti un obiettivo da raggiungere e che sulla diffusione del welfare aziendale nelle pmi potrebbe avere, secondo gli intervistati, un impatto molto positivo, in particolare su questi aspetti: la varietà e la flessibilità dei servizi erogati (52,7%); la gestione amministrativa (52,9%); la soddisfazione dei lavoratori (53,4%); il miglioramento della qualità degli strumenti (54,4%). “La digitalizzazione dei servizi di welfare è per Sodexo Benefits and Rewards Services a tutti gli effetti una priorità, nonché un driver di investimento fondamentale nella strategia di medio-lungo termine”, afferma Anna Maria Mazzini, chief growth officer di Sodexo Benefits and Rewards Services. “I dati della ricerca confermano la centralità e l’urgenza di lavorare in questa direzione per un miglioramento a 360° del comparto”, prosegue. “L’indagine mette nero su bianco la funzione essenziale svolta dai professionisti intermediari nell’orientare e assistere le aziende nell’attuazione delle politiche di welfare aziendale. Puntare su questi strumenti è una scelta che ci impone il mercato, con i lavoratori che cercano un miglior work-life balance e i datori più attenti alle esigenze dei dipendenti. È fondamentale, allora, avvalersi di chi conosce questi strumenti, anche grazie al lavoro svolto quotidiano al fianco delle imprese”, commenta Rosario De Luca, presidente del consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro.





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