I 25 anni di e-work: come è cambiato il lavoro di far trovare lavoro - Affaritaliani.it

Milano

I 25 anni di e-work: come è cambiato il lavoro di far trovare lavoro

Da agenzia del lavoro a HR Company con sedi anche all'estero. Il valore dell'inclusione con la Fondazione Pino Cova. L'ad Paolo Ferrario: "A fianco dei lavoratori, nostri primi clienti, e delle aziende, che si affidano sempre più a noi". L'intervista

di Federico Ughi

I 25 anni di e-work: come è cambiato il lavoro di far trovare lavoro

"Prima lo scopo delle HR era trovare le persone giuste da inserire in azienda, ora il loro obiettivo principale è diventato non perderle". In questa riflessione di Paolo Ferrario, presidente e amministratore delegato di e-work, è racchiuso l'epocale cambiamento che ha riguardato il mondo del lavoro negli ultimi anni, in particolare dal post Covid. Ed e-work, tra le principali agenzie italiane del settore delle risorse umane e del lavoro che  taglia il traguardo dei 25 anni di attività, costituisce senza dubbio un osservatorio privilegiato da cui raccontare l'evoluzione del mercato del lavoro. Oggi una realtà internazionale con decine di branch su tutto il territorio nazionale e HR Company controllate in Polonia e Svizzera, un fatturato che ha raggiunto i 200 milioni di euro nel 2024 e una media di 4mila lavoratori orientati, formati e avviati ogni mese, il gruppo fondato nel 2000 da Giuseppe Enrico Cova è ora qualcosa di molto diverso e di più della semplice "agenzia del lavoro" degli inizi. 

"Oggi siamo una vera e propria HR Company che continua ad investire per stare al passo di un settore divenuto estremamente dinamico dopo la pandemia. Il cambiamento oggi spaventa molto meno. Ma il lavoro che ci piace di piu è quello per l'inclusione con la nostra Fondazione Cova: per noi è importante restituire qualcosa al territorio che ci ha fatto crescere", spiega Ferrario. L'intervista.

Ferrario, proviamo a raccontare 25 anni di storia di e-work?

Siamo attivi da quando sono nate quelle che all'epoca erano note come "agenzie del lavoro". E poi abbiamo fatto un percorso di evoluzione seguendo i mutamento del mercato. Dall'attenzione al lavoro temporaneo ed ai fabbisogni stagionali siamo divenuti una vera e propria HR Company, occupandoci di tutte quelle attività che le aziende medie e grandi ormai terzializzano. E quindi ci occupiamo di branding reputation, percorsi di welfare e di crescita, analisi di clima, attività di head hunting. Le aziende ci vedono come partner effettivi non solo nel flusso di inserimento delle risorse ma anche nella conservazione del rapporto lavorativo con la persona. Siamo una azienda totalmente italiana con 200 milioni di fatturato ma siamo ormai presenti anche all'estero.

Ed è proprio all'estero che guardate per crescere ulteriormente in futuro?

In Italia la nostra è una presenza capillare e continuiamo a servire tutto il territorio nazionale. Ma dopo Polonia e Svizzera abbiamo imminenti progetti di espansione anche in altri Paesi europei come Austria, Repubblica Ceca, Spagna. Questo anche perchè serve dare una risposta più ampia ai lavoratori italiani che guardano all'Europa, così come alle imprese multinazionali.

Quali sono le differenze tra operare sul mercato italiano e all'estero?

Il mercato del lavoro è molto regolamentato ovunque e serve investire sulle agenzie autorizzate nei singoli Paesi. Ma il contesto italiano resta particolarmente complesso, per fattori come il numero dei contratti, le presenze sindacali, le contrattazioni di secondo livello. Diciamo che il know-how che acquisiamo qui si rivela molto utile all'estero...

Come è cambiato il mercato del lavoro in questi anni?

Per le aziende l'obiettivo non è più tanto trovare le persone giuste, ma non perderle. Anche perchè la formazione ha un costo. Per questo si cerca di attivare dei meccanismi per mantenere le risorse più valide. Dopo il Covid c'è stata una accelerazione incredibile nei mutamenti delle abitidini delle persone. Smart working, bilanciamento vita-lavoro: l'attività lavorativa è sempre più valutata come un completamento della propria vita e non una necessità. Questo naturalmente cambia gli equilibri in azienda ed il turn over è diventato la tematica principale negli uffici HR.

Una vera rivoluzione sociale. E' corretto dire che tale mutamento è possibile perchè il lavoro c'è?

La dinamicità molto forte dell'attuale mercato del lavoro porta a non avere paura di cambiare. Un tempo si cambiava solo quando il lavoro non c'era più. Oggi molto spesso i giovani interrompono il loro percorso professionale, si fermano qualche mese per riflettere, stare in famiglia. Poi ripartono. Magari altrove. Non c'è più la pressione di un tempo. Questo deriva dalla tranquillità economica che molte famiglie riescono a dare ai loro figli, ma anche da un mercato che ha molto bisogno.

E il vostro lavoro come si è adattato a questi nuovi scenari?

Siamo portati ad investire. Ad esempio introducendo l'uso dell'Intelligenza artificiale per comprendere la visione e le priorità delle persone. Uno strumento utilissimo nel percorso di selezione ed orientamento. L'AI è di supporto per lo screening dei curriculum, l'analisi delle parole chiave. Aiuta il selezionatore velocizzando i percorsi e monitorando l'intero processo. Ma continuiamo ad investire molto anche nei nostri selezionatori, che utilizzano risorse e software autoprodotti. Dobbiamo essere l'anello fondamentale di collegamento tra le aziende ed i lavoratori, che sono il nostro primo cliente.

Quali lavori avete visto scomparire e quali emergere in questo quarto di secolo?

I lavori in realtà non sono scomparsi, sono cambiati nel tempo. Un esempio: il carrozziere prima doveva saper verniciare, oggi deve essere in grado di utilizzare software anche molto sofisticati. Nel contempo sono apparse sempre nuove professionalità. Legate alla cybersecurity, all'AI, al sociale nelle scuole. Le professioni aumentano sempre, mentre quelle tradizionali evolvono.

E veniamo al tema dell'inclusione, centrale nella vostra vision anche grazie alla Fondazione Cova.

Il lavoro che ci piace di più è proprio quello legato all'inclusione, perchè ci consente di restituire qualcosa al territorio che ci ha fatto crescere. Nel 2018 abbiamo dato vita alla Fondazione Pino Cova investendo fondi propri per l'inserimento lavorativo di ragazzi con disagio psichico o sociale. Non parliamo quindi solo delle disabilità riconosciute, che fortunatamente sono già molto tutelate. Ma di una attività al fianco di figure fragili che faticano a realizzare la propria vita lavorativa. Accompagniamo queste persone, le orientiamo, le formiamo. Le facciamo lavorare in strutture gestite direttamente da noi nei settori della ristorazione, della ricettività, degli eventi aziendali, in attività amministrative e di back office. Qui, affiancati da tutor professionali e psicologi, acquisiscono quella professionalità e fiducia in se stessi fondamentali per poi trovare una propria collocazione esternamente, nel mondo del lavoro.


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