"Aborto dopo le manganellate": a processo per calunnia
La Procura di Milano ha chiuso le indagini su Ionica D., la cittadina romena che, lo scorso novembre, aveva abortito e poi raccontato ai medici di essere stata colpita due giorni prima con un manganello da un agente durante lo sgombero dei centri anarchici 'Corvaccio' e 'Rosanera' a Milano. Il pm Gianluca Prisco le contesta l'accusa di calunnia, formulata in concorso con altre due persone, che avrebbero testimoniato a suo favore. Secondo gli inquirenti, Ionica D, - come si legge nell'invito a comparire che le era stato notificato nei mesi scorsi - avrebbe "in concorso" incolpato "falsamente dei reati di lesioni volontarie e di procurato aborto" un "operante delle forze dell'ordine intervenuto nelle operazioni di sgombero, "pur sapendolo innocente". In particolare, la romena avrebbe dichiarato ai medici, dopo l'aborto, che "mentre sollevava da terra una bambina piccola per metterla in salvo, riceveva ingiustificatamente un colpo di manganello da parte di un poliziotto" al "fianco sinistro", mentre "un secondo colpo andava a vuoto e colpiva di striscio al volto la bambina". Una perizia dell'accusa dimostrerebbe, ora, che non ci fu nessuna manganellata: gli accertamenti medici svolti subito dopo gli sgomberi e nei giorni successivi avrebbero escluso che la donna abbia subito delle lesioni compatibili con manganellate nel punto da lei indicato. Ionica D., secondo l'accusa, avrebbe fatto in modo che anche la sorella e l'amica rendessero "dichiarazioni calunniose di analogo contenuto". La sorella della romena, sentita il 18 dicembre scorso, avrebbe detto il falso raccontando di "aver assistito personalmente ai colpi, che quantificava in tre manganellate".