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Milano
Affitti e Coronavirus, tutte le domande. L’esperto: “Ecco che cosa fare"
Massimo Di Terlizzi

Coronavirus: il decreto "Cura Italia" e gli effetti sulle locazioni

L’intervista di Affaritaliani.it Milano all’avvocato Massimo Di Terlizzi, co-managing partner, Pirola Pennuto Zei & Associati e tra i maggiori esperti italiani in materia di diritto tributario, societario e commerciale.

Avvocato, in questo momento nel mercato delle locazioni immobiliari c’è grande confusione. Ci sono conduttori che invocano la causa di forza maggiore, come l’epidemia di Coronavirus, i proprietari invece che pretendono il pagamento dei canoni. È giusto fare un minimo di chiarezza per capire quando le obbligazioni contrattuali debbano essere onorate, quando no e se il decreto “Cura Italia” abbia previsto qualcosa a riguardo. Ha già notizia di contenziosi a riguardo?

Le previsioni contenute a questo riguardo nel Decreto Cura Italia sono sostanzialmente due: la prima (art. 65) riguarda la possibilità, peraltro solo per alcune specifiche attività commerciali, di usufruire di un credito d’imposta in misura pari al 60 per cento del canone di locazione del mese di marzo; la seconda (art. 91) di carattere più generale, prevede invece che nel caso di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento della diffusione del COVID-19, qualora s’instaurasse un contenzioso tra le parti, il giudice deve tenere in debita considerazione tale responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.

In sostanza, il conduttore, da un lato, può quindi recuperare parte il costo del canone di locazione dovuto per il mese di marzo, e, dall’altro, qualora si trovi nella condizione di non riuscire a fare fronte al pagamento di questo e/o di quelli successivi, che andranno a maturare nel corso della durata del periodo di emergenza, se fosse sfrattato o se gli fossero applicati interessi moratori e/o penali per il ritardato pagamento, potrebbe richiedere al giudice di ritenerlo esente da responsabilità, naturalmente dimostrando che il mancato pagamento è stato dovuto all’emergenza COVID–19

Dando per assunto che il contratto di locazione non sia interrotto o rinegoziato, resta però fermo il diritto all’incasso dell’intero canone da parte del locatore, a nulla potendo valere in questo caso l’ipotesi d’impossibilità sopravvenuta ex art. 1463 c.c. dato che, le ragioni per le quali l’immobile non è utilizzabile non sono riconducibili a fatto o colpa del locatore.Con riguardo poi ad eventuali ipotesi di contenzioso è ancora presto per dire se e in quale misura si verificheranno in quanto, al momento, la maggior parte dei termini processuali sono sospesi e comunque siamo ancora nella fase in cui sono state spedite le richieste di sospensione dei pagamenti e sono iniziate le negoziazioni sui tempi e modi di rientro.

Per quanto concerne i contratti di locazione di tipo commerciale, quali tipo di azioni possono essere adottate da locatori e conduttori? Chi ristorerà il locatore dal mancato pagamento dei canoni?

Come detto, in vigenza di contratto, il locatore ha diritto al pagamento dell’intero canone di locazione, salvo l’ipotesi di insolvenza conclamata del conduttore, ima qui entreremmo in un ambito diverso da quello di cui parliamo.

Non si può però non considerare l’ipotesi di difficoltà finanziaria in cui molti conduttori verranno a trovarsi e, conseguentemente, il rischio che, passata l’emergenza COVID -19 e venuta quindi meno la clausola di salvaguardia  di cui si è detto, molti locatori, si trovino costretti a dare corso a procedure di sfratto. Ritengo tuttavia che, ove possibile, sia per loro  più consigliabile una soluzione volta alla rimodulazione o alla rinegoziazione del canone.

Corre tuttavia l’obbligo di ricordare che l’art. 1467 c.c. prevede che, in presenza dei così detti contratti ad esecuzione continuata e periodica (come, per l’appunto, il contratto di locazione), un evento straordinario, che era stato imprevedibile al momento della conclusione del contratto e al di fuori dal controllo delle parti (quale può essere l’emergenza COVID–19) può generare un’eccessiva onerosità sopravvenuta di una delle due prestazioni. Conseguentemente, il soggetto inciso da tale eccessiva onerosità (nel nostro caso il conduttore) ha facoltà di chiedere la risoluzione del contratto, fornendo la prova del fatto da cui la stessa deriva nonché della sua straordinarietà e imprevedibilità. Naturalmente, la controparte (ovvero il locatore) ha la facoltà di proporre una modifica delle condizioni.

Peraltro, con specifico riguardo ai contratti di locazione di immobili adibiti ad attività industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, nonché alberghiere e di lavoro autonomo, un principio analogo a quello dell’art. 1467 c.c. è già contenuto nelle disposizioni di cui all’art. 27, ultimo comma, della Legge n. 392/1978, che permette al conduttore di recedere anticipatamente dal contratto con un preavviso di sei mesi qualora ricorrano “gravi motivi”. Anche in questo caso, i “gravi motivi” devono essere, determinati da fatti estranei alla volontà di chi li invoca, imprevedibili e sopravvenuti successivamente alla costituzione del rapporto nonché tali da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione dello stesso.

Da tutto quanto sopra, ne discende quindi che il conduttore, pur non avendo a disposizione alcuna norma che gli permette di ottenere una riduzione del canone, qualora sia in grado di dimostrare di avere subito un danno economico-finanziario (nel caso specifico legato ad un drastico calo dell’attività) tale da incidere significativamente sull’andamento della sua azienda, causandogli uno squilibrio finanziario che non rende più sostenibile il pagamento del canone di locazione, ovvero l’utilizzo dell’immobile, può richiedere la risoluzione del contratto senza incorrere nel rischio di dovere pagare eventuali canoni a scadere.

Peraltro, in questa specifica circostanza sarebbe per il conduttore più opportuno avvalersi delle disposizioni, più flessibili, di cui all’art. 1467 cc, rispetto a quelle di cui all’art. 27, 8° comma della L. 392/1978 evitando così il periodo di preavviso di 6 mesi, nel corso dei quale il canone di locazione continuerebbe a maturare.

Un problema che sta emergendo in questi giorni è quello relativo ai contratti di affitto di tipo residenziale. È possibile sospendere i canoni e le relative spese accessorie? Eventualmente per quanto tempo?

Con l’esclusione di quanto previsto in materia di immobili commerciali, sia dal Decreto Cura Italia sia dalla L. 392/78 ,valgono per gli immobili residenziali tutte le altre considerazioni già fatte.Tuttavia, in linea di principio, nella normalità dei casi il godimento dell’abitazione non dovrebbe risultare limitato dalle misure di contenimento; pertanto, la norma di salvaguardia riguardante la possibile esclusione della responsabilità del debitore di cui ho in precedenza detto, ancorché sia di carattere generale e ricomprenda quindi anche queste fattispecie, potrebbe risultare di più difficile applicazione.

Alcuni conduttori – in particolare gli studenti fuori sede che sono rientrati alla propria residenza all’inizio della pandemia - invocano l’art. 91 del decreto “Cura Italia” in tema di ritardi o inadempimenti contrattuali. Tale normativa è valida anche per i contratti di locazione di tipo abitativo? Che misure possono adottare i proprietari degli immobili per tutelare i loro diritti?

Anche in questo caso vale quanto ho già detto in precedenza, salvo successivi chiarimenti al riguardo, dal tenore letterale della norma devono ritenersi compresi in detta disposizione tutti i contratti, e quindi anche quelli di tipo abitativo. Quanto ai Locatori, almeno nell’immediato, è consigliabile che cerchino di negoziare al meglio riduzioni o rimodulazioni dei canoni.

Una fattispecie di contratto ultimamente molto frequente nelle grandi città sono i cosiddetti “contratti di servizi” come per esempio gli uffici in coworking. Anche in questo caso come è possibile trovare un trade-off tra locatore e locatario?

Anche per questi contratti valgono le considerazioni di cui sopra, nella sostanza gli elementi di valutazione e le norme che li regolano sono quelle già richiamate.

Per le fattispecie di contratti appena esaminati quando torneranno ad essere efficaci come prima dell’emergenza?

In realtà nessuno di questi contratti  ha perso di efficacia. Quello che sta accadendo è che le normali vicende contrattuali, compresi l’inadempimento e il ritardo, acquistano nel periodo di emergenza un peso diverso e, quindi, in caso di contenzioso, saranno considerate dal giudice con maggiore indulgenza in tutti i casi in cui il locatore volesse pretendere la pedissequa applicazione del contratto originario.  Per questo motivo penso sia più opportuno che le parti negozino nuove soluzioni, più eque e idonee al nuovo contesto in cui ci siamo venuti a trovare, evitando di ricorrere al giudice.  Ciò detto, con più specifico riguardo alla domanda posta, in prima battuta la risposta dovrebbe essere: quando finirà l’emergenza; una tale risposta sarebbe tuttavia incompleta; è infatti indubbio che, anche al suo termine, l’emergenza in atto lascerà degli strascichi; molti settori e aziende si troveranno in difficoltà e avranno bisogno di tempo per riprendersi; ciò potrebbe quindi incidere sulla capacità dei conduttori di fare regolarmente fronte al pagamento dei canoni di locazione e, probabilmente, questo comporterà molte rinegoziazioni o rimodulazioni dei corrispettivi previsti dai contratti  di locazione attualmente in essere.

Massimo Di Terlizzi è avvocato e Co-managing partner presso Pirola Pennuto Zei & Associati. Vanta grande esperienza e specializzazione in materia di diritto tributario, societario e commerciale, ristrutturazioni societarie e operazioni straordinarie, fusioni e incorporazioni e private equity. E’ membro di Consigli di Amministrazione e Collegi Sindacali di società nazionali e internazionali operanti in settori diversi.

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