A- A+
Milano
Chiudere i matti nelle gabbie (salariali)
Giuseppe Sala

Chiudere i matti nelle gabbie (salariali)

La frase è questa: "È sbagliato che il dipendente pubblico guadagni gli stessi soldi a Milano e a Reggio Calabria. È sbagliato perché il costo della vita è diverso". L'ultima polemica che scaturisce dalle parole di Beppe Sala è questa. E la traduzione è "gabbie salariali". Che Milano costi molto di più di Reggio Calabria, e che gli insegnanti, o i dipendenti pubblici in generale prendano esattamente gli stessi soldi, sono entrambe realtà. In particolare, la differenza di costo della vita si stima in circa il 20 per cento in più. Semplicemente chi vive a Milano spende un quinto in più rispetto a chi vive nel Meridione d'Italia. Fin qui, la verità fatta e finita. Ma che cosa è una gabbia salariale? Le gabbie salariali sono un sistema di calcolo dei salari che mette in relazione le retribuzioni con determinati parametri quali, ad esempio, il costo della vita in un determinato luogo.

Davide Faraone, senatore siciliano già renziano, spiega in un articolo per l'Huffington Post: "Le gabbie salariali sono una enorme sciocchezza. Lo sono fin dai tempi in cui a proporle erano quei simpatici energumeni con la camicia verde e il casco da vichingo con le corna di bue che andavano a battezzarsi sulla riva del Po". E questo è, per gran parte delle persone: una proposta della Lega, un antico cavallo di battaglia. Ma non è così. Perché in Italia il sistema delle gabbie salariali è stato in vigore tra il 1954 e il 1969. Anzi, in effetti le avevano studiate per il solo Nord già dai primissimi mesi del secondo Dopoguerra. A firmare l'accordo non era stato Mussolini insieme a Hitler insieme a Bossi, ma la Cgil con Confindustria. Nel 1948 però nascono Cisl e Uil, e quindi la situazione inizia a incasinarsi: le zone passano da 4 a 13.

Negli anni '60 il Partito Comunista inizia a scagliarsi contro le gabbie salariali che vengono abolite nel 1969 anche se persistono qui e là negli accordi integrativi fino all'inizio del 1972. Faraone, già sottosegretario un paio di volte, tutto questo se lo scorda. Così come se lo scordano i tantissimi esponenti di sinistra intervenuti sulle parole - ancora una volta, come nel caso dello smartworking - anche troppo stringate di Beppe Sala. Il sindaco di Milano continua a dire cose giuste, ma che vengono recepite in modo sbagliato semplicemente perché non le spiega. E così, dunque, tutti hanno interpretato per esempio che Sala volesse tagliare gli stipendi ai dipendenti pubblici del Sud.

Ma gabbie salariali, per esempio, potrebbe voler dire chiedere fondi per aumentare gli stipendi a quelli del Nord. Non è levare a qualcuno, ma dare a qualcun altro che ha bisogno in virtù di quel 20 per cento di superiori spese ogni mese. Sala però ha detto una cosa sacrosanta, che non è mai stata applicata appunto perché prende atto di un principio già ben sancito dalla realtà: in Italia, economicamente parlando, ci sono più Paesi. In effetti, neppure due, ma molti di più. E qualcuno dovrebbe spiegare a un insegnante di Milano perché deve fare la fame a differenza di un collega che sta a Reggio Calabria.

Si potrebbe aggiungere anche una punta di polemica e una ulteriore proposta: che chi viene assunto per svolgere la sua mansione in un posto, poi ci debba rimanere per un periodo medio lungo, di almeno 10 anni. Così, magari, le scuole milanesi non si troverebbero sfornite sempre di insegnanti che vengono assunti per concorso pubblico nazionale e poi chiedono il trasferimento in parti d'Italia che hanno meno fame di docenti rispetto al capoluogo lombardo. Però non possiamo dire a Sala di proporlo: una polemica a settimana pare già un'ottima media.

fabio.massa@affaritaliani.it

Commenti
    Tags:
    gabbie salarialigiuseppe sala







    Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

    © 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

    Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

    Contatti

    Cookie Policy Privacy Policy

    Cambia il consenso

    Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.