Coronavirus, a Milano +5.500 morti over 70 in 4 mesi rispetto alla media - Affaritaliani.it

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Coronavirus, a Milano +5.500 morti over 70 in 4 mesi rispetto alla media

Bergamaschi (Ats Milano): a febbraio non si avevano gli strumenti, occorre imparare lezione da quel che è successo

Coronavirus, a Milano +5.500 morti over 70 in 4 mesi rispetto alla media

All'interno delle Rsa la mortalità totale nei primi 4 mesi del 2020, durante la pandemia di Covid-19, è stata pari al 22%, circa 2,5 volte più elevata di quella degli anni precedenti (pari a circa il 9%). E' quanto emerge da uno studio della mortalità verificatasi in 162 strutture sul territorio di riferimento dell'Ats di Milano (che comprende anche Lodi) che ospitano oltre 16 mila persone. In questi 4 mesi, da gennaio ad aprile 2020, nella popolazione di Ats Milano con più di 70 anni d'età si sono osservati circa 5.500 decessi in più di quanto atteso in base alla media dei decessi degli anni precedenti. Di questi, il 46% si sono verificati nelle Rsa. "Per quel che sappiamo - commenta il Dg di Ats città metropolitana di Milano, Walter Bergamaschi, oggi durante un incontro in Ats - è il primo studio in Italia che valuta la mortalità avvenuta in queste strutture in modo sistematico. L'obiettivo è poter fare valutazioni di cosa ha funzionato e cosa no. Non vogliamo fare processi. Il lavoro ha misurato l'aumento di mortalità assoluta durante la pandemia, indipendentemente dal numero di casi accertati. E' una fotografia e non tutte le strutture hanno avuto gli stessi fenomeni. Intendiamo andare avanti per capire il legame fra le misure messe in atto e i risultati ottenuti"

Coronavirus, Rsa grandi sono state più esposte

"Rsa piccole, dove i pazienti sono in camere singole e in cui c'è possibilità di isolamento, hanno avuto una capacità di reagire" alla pandemia di Covid-19 "diversa da strutture che hanno camerate e in cui i pazienti sono più aggregati. Le strutture più grandi, con centinaia di operatori che si spostano per la città per andare al lavoro, sono senz'altro state più esposte al virus". E' la riflessione di Walter Bergamaschi, riguardo all'eccesso di mortalità rilevato nei primi mesi del 2020 nelle case di riposo del territorio di riferimento (che comprende anche Lodi). "Anche le scorte adeguate di dispositivi di protezione individuale e il personale che può dormire nella struttura fanno la differenza. Queste riflessioni faranno parte del lavoro che vogliamo fare ora per capire cosa ha funzionato e cosa no", aggiunge.

Rsa, eccesso di morti legato a fragilità non a trasferimenti

"I dati ci confermano che questa epidemia ha colpito duramente la popolazione più fragile e quella che si trovava all'interno delle Rsa. Quasi la metà dell'eccesso di mortalità che si è verificato in questo periodo" fra gli over 70, "eccesso che è stato consistente, è avvenuto all'interno delle Rsa. La nostra analisi fornisce dati utili a capire quali cose hanno funzionato meglio e quali invece si possono correggere per evitare che questo eccesso di mortalità prosegua anche nel tempo", sottolinea il direttore generale dell'Ats Città metropolitana di Milano. Per Bergamaschi non va puntato il dito contro la delibera dell'8 marzo che ha permesso ad alcune Rsa lombarde di accogliere pazienti Covid positivi. "I dati - prosegue il Dg - sembrano dimostrare che questo eccesso di mortalità può essere legato alla fragilità della popolazione e non tanto alle strutture delle Rsa. Occorre uscire da un certo provincialismo secondo cui la logica è individuare nella delibera regionale in questione l'aumento della mortalità" registrato nelle case di riposo. "Noi vediamo che non ha prodotto l'ingresso del virus nelle strutture. Ci sono stati errori? Confrontarci con il resto mondo ci aiuta a capire. A febbraio non avevamo strumenti contro un'epidemia ignota, oggi è doveroso approfondire perché siamo in presenza di un'epidemia che non si è esaurita e che si può ripresentare. Occorre imparare la lezione. Possono esserci stati errori, ma non vogliamo fare una caccia al colpevole". "E' un'epidemia - ragiona Bergamaschi - che colpisce in particolare i fragili e dobbiamo trovare il modo di tutelarli". Ma riguardo alla contestata delibera, il Dg è drastico: "I malati positivi presi dagli ospedali e trasferiti in Rsa del territorio dell'Ats - informa - sono stati 28", su un totale di circa 150 pazienti collocati in Rsa a livello regionale "e sono stati mandati in 3 strutture: 1 paziente a Cinisello Balsamo, 18 a Milano San Giuseppe e 9 a Codogno. In tutte queste Rsa, quando sono entrati questi pazienti, c'erano già diversi casi positivi confermati con tampone. Tanto è vero che le strutture avevano creato dei nuclei isolati per i loro pazienti positivi dove sono stati collocati anche quelli in arrivo dagli ospedali". "E' dimostrato che l'ingresso esiguo di pazienti positivi nel mondo Rsa è avvenuto sempre quando dentro c'erano già molti casi. Non è banale che una delle tre Rsa che ha accolto era Codogno, in un'area dove c'erqano già casi e decessi all'interno".

Rsa, carenza protezioni la prima criticità

L'obettivo dell'Ats Città metropolitana di Milano è "dare strumenti a chi lavora nelle Rsa per essere pronto a una eventuale seconda ondata. E' il contrario di dire che va tutto bene. Dai dati che abbiamo raccolto, emerge che certamente la disponibilità di dispositivi di protezione individuale soprattutto nelle prime settimane nelle Rsa era insufficiente ed è stato difficile reperirli". E' uno degli elementi messi in evidenza dal direttore generale dell'Ast, Walter Bergamaschi. "Emerge anche - sottolinea - la necessità di una maggiore formazione e di un maggior investimento nel personale che lavora in queste strutture e occorre poi ripensare un pochino il modello delle Rsa e le risorse che possono essere dedicate alla cura dei non autosufficienti". Secondo le valutazioni preliminari avviate dagli esperti dell'Ats, "non ci sembra che la scelta di tamponare" ospiti e personale "prima o dopo sia stata rilevante". Il compito dell'Ats, ragiona Bergamaschi, "non è comunque individuare le responsabilità individuali, ma cercare di dare strumenti al sistema per adottare migliori procedure". 

 "Nella vigilanza che abbiamo fatto da inizio aprile per vedere se le prescrizioni che abbiamo dato sono state rispettate - prosegue Bergamaschi - abbiamo osservato che quasi tutte le Rsa che abbiamo visitato mantengono oggi un regime di attenzione e sicurezza, isolando i pazienti e usando correttamente i dispositivi di protezione ". Per il futuro, dice ancora il Dg, "grazie a questi dati e alla valutazione della variabilità di quello che è accaduto in queste strutture avremo elementi per l'autunno per poter capire le procedure più efficaci da mettere in atto per contenere la diffusione del contagio. A fare la differenza per far fronte alla fase 2 e 3 potranno essere per esempio procedure per effettuare tempestivamente l'isolamento dei pazienti. Come Ats abbiamo voluto essere trasparenti nel dare informazioni e vogliamo usarle per migliorare. Lavorare con i gestori e utilizzare la conoscenza acquisita è la ricetta che vogliamo adottare".








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