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Milano
Coronavirus, librerie sì, librerie no: librai milanesi divisi
Il premier Conte in una libreria

Coronavirus, librerie sì, librerie no: librai milanesi divisi

La Regione Lombardia ha ribadito la chiusura delle librerie nonostante il 'via libera' dato dal governo. La decisione divide i librai milanesi. "Aprire nel deserto? E perché? La libreria è un luogo di relazione: aprire in un luogo dove non passa nessuno è pericoloso da tutti i punti di vista". E' il parere di Cristina Di Canio, titolare della piccola, ma molto attiva libreria "Il mio libro" di Milano, in zona corso Lodi, che ne ha parlato all'AGI. Un negozio il suo, che dai frequentatori assidui è chiamato la "Scatola Lilla", per la sua forma a cubo tinta del colore preferito della proprietaria. Cristina - che è anche autrice di un libro in cui racconta la sua storia di 'libraia delle meraviglie' - è stata fra i primi firmatari di una lettera indirizzata al governo, in vista dell'ultimo Dpcm che prevedeva la riapertura di questo tipo di attività. Un appello uscito sulla rivista minimaetmoralia in cui si rivendica "siamo librai e non simboli”: “Siamo contenti di questa improvvisa attenzione al nostro lavoro, ma ci sarebbe piaciuto ci fosse stata anche prima delle misure governative per il contenimento della pandemia”, scrivono polemicamente, mentre confessano di nutrire "dubbi e perplessità": "Sono state previste delle indicazioni precise per la sicurezza del nostro lavoro? Il lavoro del libraio, infatti, prevede un tempo lungo della comunicazione verbale faccia a faccia, una pratica che, se non precisamente regolata, comporta in questo momento degli evidenti rischi di sicurezza sanitaria". C'è poi il problema del "manipolare una gran quantità dei libri presenti sui nostri scaffali: esiste una procedura di sanificazione?”, si chiedono gli autori.

Di questa linea anche Cristina Di Canio: "La libreria è un luogo dove fermarsi a parlare, se si sta dicendo ai clienti di entrare, comprare e uscire, e quindi di non viverla più per quello che è, allora preferisco essere io a consegnare i libri a casa. Ha più senso che sia il libraio, quindi una sola persona, a spostarsi, se a tutti gli altri è impedito di uscire. I miei lettori, inoltre, non sono tutti a duecento metri: sarebbe una giustificazione valida, prendere l’auto per raggiungermi?”, si domanda la libraia. Che ha da affrontare anche problemi pratici: "Bisogna sanificare due volte al giorno e areare il locale, in un momento in cui non abbiamo nemmeno le mascherine e il disinfettante".

In Lombardia, in realtà, il decreto governativo è stato superato da un'ordinanza del presidente Attilio Fontana, che ha deciso che le saracinesche non si alzeranno prima del 3 maggio. Ma sotto le serrande abbassate il mondo del libro dibatte, insofferente alla considerazione delle librerie come “presidi culturali”. Inoltre, il post coronavirus si innesta sul già noto braccio di ferro tra grandi catene della distribuzione ed editoria, come Feltrinelli e Mondadori, e negozi indipendenti.Di un'opinione opposta a quella dei colleghi firmatari dell'appello è Pietro, titolare della libreria Trittico in via San Vittore: "Per come è messa la lettura in questo Paese, ci è stato imposto  di diventare presidi socio-culturali, ma un negotium è un'impresa, e il profitto è la misura della bontà di un business". A suo avviso “è un dovere essere aperti se si ha la possibilità di farlo, in sicurezza. Una volta tutelati i dipendenti, il titolare deve essere in negozio perché questa è la sua mission. Il presidio socio-culturale esiste nel momento in cui c'è una vetrina aperta sulla strada, altrimenti si va a fare un altro lavoro”. Non esistono dunque surrogati che tengano, come le consegne a domicilio, utili a traghettare, ma non a salvare le librerie “che in Italia sono morte per molto meno”. Nell’ottica del ‘negotium’ va “abbandonata la visione romantica del nostro mestiere” - sostiene - cui consegue la continua richiesta di garanzie come quella della riduzione dei canoni di affitto: “I rischi nella vita e nell’impresa esistono sempre e comunque”. Quanto alla concorrenza con i ‘giganti’ la sua considerazione è pratica: “La lotta tra Davide Golia esiste dalla notte dei tempi. E si è aggiunto anche Amazon. Chi ha deciso di aprire sapeva di dover fronteggiare questa realtà“

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