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Milano
Covid, le imprese culturali milanesi hanno perso 33,8 mln di euro in sei mesi

Il 99% delle imprese culturali milanesi ha dovuto riprogrammare l'attività causa lockdown

La Direzione Studi e Ricerche e il Desk Media e Cultura di Intesa Sanpaolo, in collaborazione con il Comune di Milano, ha presentato i risultati della ricerca relativa all’impatto della pandemia sulle imprese culturali milanesi. Le principali evidenze sono state presentate da Gregorio De Felice, Chief Economist, Stefania Trenti, Responsabile Industry Research e da Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano.

La collaborazione ha visto l’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano mettere a disposizione di Intesa Sanpaolo i dati relativi alle domande degli operatori culturali milanesi ai bandi del Piano Cultura riguardanti l’Ambito 1, Case della Cultura, per interventi a sostegno delle spese relative al mantenimento strutturale, e l’Ambito 2, Cultura e lavoro, per il contributo alla copertura dei danni subìti in relazione alla sospensione forzata dell’attività durante il periodo 31 gennaio-31 luglio 2020.

Duomo e Sarpi le zone più vivaci per l'offerta culturale milanese

L’analisi offre una mappatura dei soggetti culturali che operano nel comune, rivelandosi prezioso strumento per fotografare il tessuto culturale locale: si tratta di 367 soggetti, molto diversi per settori di attività e specializzazione. Emerge infatti un’offerta culturale molto ricca e varia, che include sia produttori di eventi (il 35% del campione) che soggetti che si dedicano alla promozione e valorizzazione delle attività culturali (35% dei soggetti), come le scuole di formazione che gestiscono corsi e/o soggetti che organizzano visite ed eventi. Ci sono poi operatori (il 30% del campione) che offrono una varietà di servizi diversi, dal supporto tecnico/professionale, ai centri culturali, con una particolare attenzione ai bisogni sociali delle comunità locali. L’eterogeneità si esprime anche in termini di ambiti culturali coinvolti: dal cinema al teatro, dalla musica alla danza, dalla letteratura alle arti visive. Circa il 35% dei soggetti lavora nell’ambito teatrale, ma è interessante evidenziare anche la presenza di un nucleo di imprese (il 20%), altamente diversificato, attivo su più fronti e che riflette la ricchezza dell’offerta presente.

Partendo dalle informazioni relative all’indirizzo dell’attività è stato possibile disegnare una mappa sulla distribuzione geografica degli operatori, facendo riferimento ai NIL (Nucleo di identità locale), aggregazioni territoriali differenti da quelle individuabili tramite il codice di avviamento postale e più dettagliate rispetto alle zone amministrative in cui è suddivisa la città. In particolare, i NIL rappresentano aree definibili come quartieri di Milano, in cui è possibile riconoscere agglomerati storici e di progetto, con caratteristiche differenti gli uni dagli altri. Dalla mappatura degli operatori culturali emergono due aree di maggiore concentrazione, entrambe centrali (Duomo con il 7,8% degli operatori e Sarpi con il 6,6%), ma è da sottolineare la diffusione in quasi tutto il territorio comunale.

Imprese culturali milanesi: piccole e attente al sociale

I soggetti culturali presenti nel campione sono prevalentemente di piccolissime dimensioni: due terzi dei soggetti dichiarano un fatturato inferiore a 200mila euro, la metà di questi meno di 50mila euro. Nonostante le piccole dimensioni il 61,3% gestisce uno o più locali e/o spazi aperti al pubblico, di cui circa il 20% di proprietà del Comune. 

I soggetti sono stati classificati anche tenendo conto del livello di attenzione al sociale. Nello specifico si riesce a identificare, in base alle loro dichiarazioni, quelli che operano in contesti particolari, di forte degrado e/o in favore di categorie di persone con particolari condizioni di fragilità. Poco più di un terzo delle imprese opera in contesti difficili o si distingue per politiche di inclusione, in particolare nel settore della Produzione (diverse compagnie teatrali che lavorano in contesti periferici o si occupano di lavorare con soggetti fragili).

Con il Covid in6 mesi persi 33,8 milioni di euro

Per quanto riguarda gli effetti della pandemia emerge come l’impatto sia diffuso per settore e attività: il 99% ha dovuto spostare o riprogrammare l’attività già definita. Il 63,5% dichiara di avere servizi accessori che si sono interrotti.

L’’analisi delle richieste ha poi consentito di stimare i danni della pandemia sugli operatori culturali. I due ambiti di applicazione dei bandi fanno riferimento a due diversi impatti che la chiusura e l’interruzione delle attività hanno determinato. In particolare, nell’Ambito 1 si raccolgono informazioni sulle spese per il mantenimento delle sedi (al netto dei costi per il personale) a fronte di incassi nulli, dovuti alla chiusura. per il periodo 31 gennaio – 31 luglio 2020. Nell’ambito 2 sono raccolti i dati sull’entità dei danni subiti, come dichiarati dagli stessi soggetti in sede di domanda al bando. Si tratta dei danni subìti in relazione alla sospensione forzata dell’attività, per il periodo 31 gennaio 31 luglio 2020, per i seguenti motivi: mancati introiti derivanti dalla sospensione forzata della stagione teatrale/musicale e delle attività laboratoriali, il tutto valutato sulla base dell’ultimo bilancio preventivo approvato dall’impresa/associazione (settembre 2019/agosto 2020) e sulla base delle attività svolte sino al lockdown.

Le spese di mantenimento (a fronte di incassi nulli) per i soggetti che applicano per l’ambito 1 ammontano a 12,8 milioni di euro, mentre l’entità dei danni subiti secondo le dichiarazioni dei soggetti dell’ambito 2  è pari a  21 milioni di euro, circa la metà attribuibile al comparto Servizi. La perdita complessiva ammonta a 33,8 milioni di euro, una somma elevata se si considera che è relativa a soli sei mesi.

Una nuova offerta per far fronte all'emergenza sanitaria

Per entrambi gli Ambiti le attività più colpite sono quelle della Produzione (produttori di contenuti); in termini dimensionali hanno sofferto soprattutto i soggetti più piccoli. In termini di specializzazione invece si osserva per l’Ambito 1 un impatto maggiore per il settore delle Arti visive/musei/design (dove la presenza di musei/case museo, incide pesantemente sulle spese di mantenimento). Per quanto riguarda l’ambito 2, soffrono di più i soggetti di Musica/danza e Teatro/cinema che hanno subito la cancellazione di eventi/spettacoli già organizzati e sofferto la sospensione delle attività formative.

Emerge però una forte capacità di reazione: oltre la metà dei soggetti si è attivata per beneficiare delle misure d’emergenza del Governo e più dell’80% dei soggetti ha ampliato la propria offerta on-line per far fronte alle chiusure e alle misure di distanziamento imposte per contenere la diffusione del virus.

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