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Milano
"CRICETI #nutrirsidarte", Rudy van der Velde torna a Milano. Intervista

di Beatrice Elerdini

Torna a Milano l'artista olandese, Rudy van der Velde, con una mostra intitolata 'CRICETI #nutrirsidarte': è pronto nuovamente a stupire con una coraggiosa, irriverente e ludica collezione di opere New Kitsch, dedicata ai maggiori critici, curatori e storici italiani, da Dorfles, Zeri e Schwarz a Boatto, Barilli e Vergine; da Bonito Oliva, Celant e Caroli a Daverio, Sgarbi, Bonami, Beatrice, Crespi. Grazie alla Fondazione Maimeri, in collaborazione con Francesco Tursini, la nuova mostra dell'eclettico Rudy van der Velde prenderà vita allo spazio MAC, in piazza Tito Lucrezio Caro 1: martedì 6 giugno 2017 alle ore 18,30, ci sarà l'inaugurazione. Le opere rimarranno in esposizione sino a venerdì 9 giugno dalle ore 10 alle ore 19, mentre a partire dal 12 Giugno 2017 verranno esposte allo Spazio TID.

Dopo il grande successo ottenuto con la mostra Kitsch-Oggi il Kitsch, fortemente voluta e curata da Gillo Dorfles, presso la Triennale di Milano, Rudy van der Velde ha deciso di tornare a sorprendere. Affari Italiani lo ha incontrato nel suo studio, per un'intervista a cuore e mente aperti. Il giornalista professionista, direttore creativo, arti director, nonché artista Kitsch, Rudy van der Velde, ha raccontato di sé, della sua mostra e del suo futuro.

Il 6 giugno 2017 verrà inaugurata la sua nuova mostra intitolata 'CRICETI #nutrirsidarte': dove nasce questo titolo e cosa significa?
"Ho scelto per il titolo della mia nuova mostra la parola 'criceti', perché per assonanza è molto simile a 'critici', è un gioco di parole. Critici e criceti vanno entrambi in cerca di nutrirsi, anche se il loro cibo è differente e per i critici è ovviamente l'arte. Io li considero un po' come degli UFO, poiché io non faccio parte del loro mondo e onestamente un po' li invidio perché riescono sempre con poche parole a descrivere perfettamente il significato e il senso di un'opera d'arte. Cosa che a me non riesce in alcun modo, io mi occupo di creare, lo faccio sempre con grande spirito di libertà, gioco e ironia, a cui aggiungo sempre un pizzico di provocazione".

La nuova mostra 'CRICETI #nutrirsidarte' è dedicata ai maggiori critici, curatori e storici dell'arte italiani: in che modo vengono evocati/rappresentati?
"Non c'è in realtà un metodo unico, la creazione delle opere avviene molto liberamente. Il mio modus operandi è estremamente spontaneo e istintivo, anche se ognuna contiene elementi che richiamano alla storia più o meno personale di ciascun 'Criceto' ".

Osservando le sue opere si possono facilmente individuare diversi elementi, simboli, che appartengono al mondo della religione e della superstizione, quali ad esempio, le croci e i cornetti rossi. Possiamo pertanto affermare che l'arte Kitsch è anche un po' eretica?
"Certo, lo è sempre. Il Kitsch non rientra in nessun tipo di standardizzazione artistica, non è definibile in maniera universale. Ad esempio per me un'opera può non essere Kitsch, mentre per un altro lo è assolutamente. Il Kitsch è nato i primi del Novecento, ed è piuttosto distante dalle mie creazioni che sono invece New Kitsch, dato che per realizzarle utilizzo oggetti che appartengono al nostro presente. Pensa, persino Gillo Dorfles, che ha sempre sostenuto che il Kitsch rappresentasse il cattivo gusto, vedendo le mie creazioni, ha lasciato una porta un po' aperta verso questo tipo di arte. Naturalmente per me è stata una grande soddisfazione!".

E' lei stesso a definire la sua arte come 'New Kitsch', possiamo parlare anche di Avanguardia Kitsch?
"Mah, in realtà per quello che ho potuto verificare, cercando su Google, curiosando su Instagram e andando anche a vedere personalmente qualche mostra (poche a dire il vero), non ho visto molto Kitsch in giro, direi quasi nulla. Onestamente e senza voler peccare di presunzione, al di là delle mie creazioni, oggi, non sembra esserci niente di assimilabile al Kitsch, né tanto meno al New Kitsch. Quindi non si può parlare di corrente e nemmeno di Avanguardia. Forse sto gettando le basi per un nuovo movimento che si svilupperà nel futuro e che sarà appunto il New Kitsch".

'Ogni popolo ha l'arte che si merita', ha dichiarato: cosa deve dunque aspettarsi l'Italia di oggi?
"L'Italia è un po' un teatrino, sotto diversi aspetti, ad esempio, quello politico, culturale... è un Paese molto variegato, un po' come lo sono le mie creazioni. Al loro interno sono racchiuse diversità incredibili, che sono espressione della futilità odierna. In altre parole rappresentato simbolicamente l'attuale livello culturale, che è drasticamente calato rispetto al passato. E' proprio in queste spaccature culturali che si insinua il Kitsch".

Osservando le sue creazioni, emergono diversi elementi che riportano al Barocco: il teschio, ad esempio, che in questa corrente artistica simboleggiava la morte, la caducità dell'esistenza, che ruolo assume nel New Kitsch?
"A dirla tutta il teschio è anche un po' un elemento che appartiene alle mode contemporanee, fa parte del nostro tempo, viene utilizzato praticamente ovunque, quindi è un elemento che mi ha senza dubbio influenzato. Ad esempio, per creare questo pezzo dedicato a Jim Morrison, son partito proprio dal teschio, una forma che non è più umana, ma richiama qualcosa di umano. Ne ho fatte diverse di creazioni partendo dal teschio e sono tutte dedicate a personaggi illustri che oggi non ci sono più, ma hanno certamente  segnato la nostra storia: è il caso di Janis Joplin, Steve Jobs. E' un modo per ricordare ciò che sono stati in vita, attraverso un simbolo che è chiaramente legato alla morte".

C'è un altro elemento che riporta al Barocco: la necessità di riempire ogni angolo di spazio rimasto vuoto, per esorcizzare la morte. Anche le sue creazioni tracimano di dettagli: qual è il significato che assume questa tendenza nella sua arte?
"Io parto sempre da un elemento che può sembrare insignificante, per poi iniziare ad aggiungere pezzi, dettagli, che concorrono a dare un significato alla creazione. Ma il fatto ancor più strano è che io potrei continuare ad aggiungere elementi anche nel tempo. Ho delle cose che rimangono lì anche diversi anni, poi le riprendo in mano e aggiungo. Sono in divenire, in pratica non sono mai finite".

Le sue creazioni sono la chiara antitesi del minimalismo, cosa pensa di questa corrente?
"In realtà in me esiste una forte contraddizione: io dentro sono minimalista, ho un DNA minimal. Hai presente le case giapponesi, estremamente essenziali, bianche con giardini curati alla perfezione? Ecco io dentro sono esattamente così e tutte quelle cose che ci vengono continuamente buttate addosso dalla nostra società, le percepisco come un'intrusione nella mia vita, nel mio spirito. Il Kitsch è quindi una mia risposta a tutto questo, un modo di cristallizzare tutto quell'insieme di elementi che percepisco come intrusivi nella mia anima. Inoltre, quando creo le 'mie cose' esce anche la mia vecchia anima da collezionista: raccolgo dei piccoli oggetti insignificanti e li fisso in un tutt'uno, che non è nemmeno mai veramente finito e che rimane lì per essere osservato, contemplato e basta.

Le sue opere, in una mia personale interpretazione, ricordano le Monadi di Leibniz, ognuna rappresenta un intero mondo a sé stante, fatto di infiniti dettagli, generato dalla sua creatività. E' una visione attendibile?
"Sì, anche se onestamente non credo valga sempre: le mie creazioni sono una diversa dall'altra. Ci sono pezzi che ho realizzato anni fa e che non hanno nulla a che vedere con quelli attuali".

Curiosando nella sua biografia, ho scoperto che nel corso della sua lunga e poliedrica carriera si è occupato anche della realizzazione di copertine di dischi molto importanti: a suo avviso esiste una corrente 'Kitsch' anche nel mondo della musica?
"Sì, credo proprio di sì. Io ad esempio, attualmente sono innamorato di un piccolo gruppo, del Sud Africa, che ha un successo planetario, nonostante sia poco sconosciuto in Italia: sto parlando dei Die Antwoord, sono fenomenali. Io consiglio sempre di ascoltare e guardare il brano 'Fatty boom boom'. Loro hanno il sound perfetto per le mie creazioni, io avrei voluto proprio loro per l'inaugurazione della mia mostra".

Nonostante sia un artista 'per sé', assolutamente libero, ha comunque un messaggio da dare ai giovani e non solo, che intendono avvicinarsi al mondo dell'arte?
"Sì è vero, sono un'anima libera, non mi interessa del mercato delle gallerie d'arte e non mi curo nemmeno del giudizio altrui. Quello che si muove in me è un fluido anarchico e creativo. Pertanto se dovessi dispensare dei consigli... volutamente non li darei!".

Abbandonerà mai il Kitsch per dedicarsi ad altre forme di arte? Riesce ad immaginare un evoluzione di questa attuale fase artistica?
"Direi di sì, in questa mostra si vedranno gli ultimi miei pezzi Kitsch, dopodiché mi sposterò sulla 'sponda opposta', la mia arte prenderà 'una piega minimalista' con elementi e richiami al mondo della natura, dalle cromie appena accennate o del tutto assenti".

Rudy van der Velde è molto generoso, non si risparmia e una volta terminate le domande di Affari Italiani, continua a mostrarci le sue opere, disposte in ogni angolo del suo studio, creazioni recenti, di moltissimi anni fa e anche qualche preziosa 'bozza' per il futuro. Infine ci svela un ultimo interessante dettaglio: ogni sua creazione custodisce un 'segno particolare', una sorta di firma, ovvero una sua piccola foto da bambino a colori, replicata decine di volte.

Un caloroso ringraziamento all'artista 'libero e irriverente' Rudy van der Velde.
 

#CRICETI nutrirsidarte

In attesa dell'inaugurazione della mostra 'CRICETI #nutrirsidarte', il prossimo 6 giugno 2017, ecco di seguito i celebri critici, curatori e storici dell'arte che vedrete 'sfilare' allo spazio MAC di Milano.

 

1) GILLO DORFLES (1910),

“L’avanguardia tradita”

Dida: Bifida Mente, 2016

 

2) FEDERICO ZERI (1921-1998),

“Il capolavoro non esiste”

Dida: C’è Musa e musa, 2016

 

3) ARTURO SCHWARZ (1924),

“Anarchia&Creatività”

Dida: Da-Da-Dalì, 2017

 

4) ALBERTO BOATTO (1929-2017),

“Ghenos Eros Tanathos”

Dida: Midcult, 2016

 

5) RENATO BARILLI (1935),

“Nuovi-Nuovi”

Dida: Futura Visione, 2016

 

6) LEA VERGINE (1938),

“Body Art e storie simili”

Dida: Fuori/Dentro, 2017

 

7) ACHILLE BONITO OLIVA (1939),

“Trans”

Dida: A.B.O., 2016

 

8) GERMANO CELANT (1940),

“Curando&Criticando”

Dida: Poor Art?, 2016

 

9) FLAVIO CAROLI (1945),

“L’Anima e il Volto”

Dida: Artis Opera Docet, 2013

 

10) PHILIPPE DAVERIO (1949),

“La Buona strada”

Dida: Philippe D (con una testa così), 2008

 

11) VITTORIO SGARBI (1952),

“Ragione&Passione”

Dida: Hedoné, 2013

 

12) FRANCESCO BONAMI (1955),

“Italian Art”

Dida: Magic Box,2015

 

13) LUCA BEATRICE (1961),

“Sound and Vision”

Dida: TuMiTurbi, 2016

 

14) ANGELO CRESPI (1968),

“Tra arte e sgunz”

Dida: Manu-Facto, 2016

 

15) L’ARTISTA

”ALIENO”, 2016

 

16) IL CRITICO

”MEDIATORE”, 2011

 

 

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