Milano
Da Beppe Sala ad Attilio Fontana: le pagelle di Affaritaliani.it Milano

Un anno complicato, per il Covid ma non solo. Eppure, il Natale arriva in una situazione politica assai stabile
Natale: da Sala a Fontana, ecco le pagelle di Affaritaliani.it Milano
di Fabio Massa
Un anno complicato, per il Covid ma non solo. Eppure, il Natale arriva in una situazione politica assai stabile. I protagonisti hanno visto la riconferma (come Beppe Sala), oppure la fine dei fuochi giudiziari e mediatici (Attilio Fontana). Ecco le pagelle secondo Affaritaliani.it Milano.
Beppe Sala: voto 8
Il sindaco riconfermato con una percentuale bulgara, che ha spazzato via l'avversario Luca Bernardo e pure Matteo Salvini, che si è dovuto intestare la sconfitta. Beppe Sala ha annunciato la sua ricandidatura il giorno di Sant'Ambrogio del 2021. Un anno di campagna elettorale, di fatto. Una campagna elettorale fatta assai bene. Primo: l'infrastruttura. Una rete di appoggi trasversali, una efficace campagna di raccolta fondi, una squadra costruita nel tempo nella quale spiccano il capo di gabinetto Mario Vanni, il portavoce Stefano Gallizzi, il direttore generale Christian Malangone e il comunicatore Marco Pogliani. Secondo: l'appoggio incondizionato del Partito Democratico, che ha digerito il passaggio di Sala nei Verdi Europei. Terzo: la minimizzazione delle tematiche "scottanti" per il sindaco. Una fra tutte: il futuro dello stadio Meazza. Il dibattito, promosso peraltro da figure anche molto vicine e sostenitori del sindaco riconfermato, si è stranamente acceso dopo le elezioni e non durante lo svolgimento della campagna elettorale. Quarto: la campagna elettorale brevissima per inadempienza politica di Matteo Salvini. Quinto: la capacità di Sala di schivare qualunque tipo di polemica, e di farsi risucchiare dai temi nazionali, con le derive tra Pd e Movimento 5 Stelle. Insomma, un anno perfetto per il primo cittadino, che dopo le incertezze sul Covid del 2020 ha ritrovato la propria dimensione. Tanto quanto basta per gettarsi in una nuova sfida: sopravvivere e progettare il futuro nel momento più complicato per un sindaco, ovvero il secondo mandato. Che è una riconferma. Ma anche l'ultima occasione per guidare la città.
Attilio Fontana: voto 7,5
L'attitudine personale del presidente della Regione Lombardia è quella dell'Ercolino sempre in piedi. Se esiste un campione politico di resilienza, quello è Attilio Fontana. Modi umili, gentile anche quando non dovrebbe, è stato pestato a sangue dai media con la gentile collaborazione della Procura di Milano. Eppure è ancora là, politicamente in guarigione. La sua linea, quella della mascherina, un anno e mezzo dopo appare un must assoluto. Le inchieste vengono archiviate (e spesso sono le stesse procure che hanno ottenuto paginate sui giornali a richiedere l'archiviazione). Le polemiche si sopiscono. Nessuno glielo riconosce apertamente, ma Attilio Fontana non è più un nemico. La Lega al governo giova al governo della Lombardia. Le posizioni dei governatori del Nord si sono man mano imposte nel partito. Senza mai urlare, Fontana è riuscito a rimanere in piedi. Ercolino. Prende un pugno, sembra che non si rialzi, e invece non è mai davvero alle corde. Adesso c'è chi pensa che debba essere lui a correre per le prossime regionali. Altri che vorrebbero usare l'unico processo rimasto in piedi, quello sui camici, per sbarrargli la strada. Dal punto di vista giudiziario i suoi accusatori sono ridotti ai minimi termini, con il procuratore capo Francesco Greco ormai fuori e una rivoluzione in arrivo per la secondo più importante piazza giudiziaria nazionale. Da un punto di vista politico i morti sono più lontani e la campagna vaccinale è da record, sia in Italia che in Europa. Insomma, sarebbe tutto bene quel che finisce bene, se non fosse che qui non è affatto finita.
Pierfrancesco Majorino. Voto 6,5.
L'ex assessore al Welfare è stato eletto europarlamentare, ma continua a tenere gli occhi ben fissi su Milano. Tanto che si ipotizzava, in caso di non ricandidatura di Sala, che potesse tornare a casa. Non è stato così, ovviamente. E allora Pierfrancesco Majorino si è messo le gambe in spalla per sostenere i suoi e ha riportato in consiglio più o meno tutte le truppe, con una conquista importante: l'assessorato ai Servizi Sociali all'ex presidente del consiglio Lamberto Bertolè, strappato all'odiato Gabriele Rabaiotti. Ma la soddisfazione di Majorino, c'è da scommetterlo, durerà poco. Perché Milano gli manca, ed è evidente. E perché adesso ha una battaglia importante alle viste: quella delle regionali, per le quali vorrebbe un suo candidato, molto identificativo. C'è chi vocifera di Carlo Cottarelli, ma manca ancora molto e la strada verso il vertice della Regione è lastricato di ottime intenzioni e di pessimi risultati - come testimoniano i risultati del passato.
Pierfrancesco Maran. Voto 8.
Si è "rifugiato" alla Casa, una delega pesantissima e che potrebbe valere una rivoluzione, se davvero riuscisse a risolvere il problema delle case popolari milanesi. Però un risultato l'ha già avuto, e non di poco conto: è stato il più eletto. Uomo vicino a Stefano Bonaccini, Maran è tradizionalmente molto prudente. Fa parte però di tutti i gruppi che contano qualcosa sotto la Madonnina. Ha un ottimo rapporto con la sinistra dei diritti, è del gruppo dirigente che esprime Silvia Roggiani segretaria provinciale e Pietro Bussolati consigliere regionale, è capace di parlare con gli imprenditori e soprattutto è capace - come ha dimostrato all'apertura della sua campagna elettorale - di riempire lo Spirit de Milan, un locale in Bovisasca, durante l'estate, con oltre 2500 persone. Roba che ai tempi si commentò: non è l'apertura della campagna per il consiglio comunale ma il titolo dovrebbe essere "Maran 2026". Insomma, studia da sindaco ma il problema di Maran è che cinque anni sono lunghi, lunghissimi. E prima di allora ci saranno le elezioni politiche, e potrebbe aspirare a un posto in parlamento. Chissà. Di certo i voti ci sono, le idee pure.
Matteo Salvini. Voto 5.
Così non va. E dire che la sintonia con il mondo milanese era al suo apice, prima del Covid. C'era una grande voglia di riscatto, e anche le parole d'ordine sembravano quelle giuste. Invece no. Prima si è fatto intortare da Giorgia Meloni sulla leadership del centrodestra, in una gara che più demenziale non si può. Poi ha aspettato un inutile unanimismo per una candidatura a sindaco di Milano. Unanimismo che non solo non c'è stato, ma che ha portato la Lega a doversi caricare la sconfitta di Luca Bernardo. Un capolavoro al contrario. The opposite of. Beppe Sala ringrazia, insomma. Ovviamente non tutto è perduto, e la vera sfida adesso sono le Regionali. Pare che Salvini abbia capito che bisogna decidere rapidamente. Chissà però se lo farà. Anche la volta scorsa ogni settimana diceva che quella successiva avrebbe detto il nome del candidato. Questa volta però è più difficile. Perché che sia la riconferma di Fontana o il lancio di un nome nuovo, quel che va ricostruita completamente è la piattaforma sulla quale si poggia Regione Lombardia, ripartendo dalle strutture che sembrano sfibrate, dai comparti che soffrono, dalle filiere (anche di voti), disorientate da una Lega che pare meno attenta al Nord e lontana dai temi dell'autonomia.
Mariastella Gelmini. Voto 7.
Chi va per lungo tempo a cavallo sa cavalcare. E così Mariastella Gelmini non si può dire che abbia domato tante vicende spinose nella sua carriera politica. A sorpresa è stata nominata ministro nel governo Draghi, e da Draghi è stimata e rispettata. Ha la delega all'Autonomia, che dovrebbe essere cara a Salvini, con il quale però non ha un rapporto idilliaco, come è universalmente noto. Qualcuno avrebbe anche potuto leggerlo come un dispetto, ma la verità è che Mariastella Gelmini è una donna che sa dialogare. Dialoga con Stefano Bonaccini così come con Luca Zaia e Attilio Fontana. Ha un rapporto di lunghissima data Silvio Berlusconi, e una antica battaglia con Licia Ronzulli. L'anno prossimo tutti i nodi verrano al pettine. Chissà se l'ex ministro della Pubblica Istruzione avrà la pazienza di districarli.
Letizia Moratti. Voto 7.
Matteo Salvini (e non Silvio Berlusconi), l'ha scelta come vicepresidente di Regione Lombardia. Sua la delega al Welfare. Letizia Moratti è ingombrante, e nel 2022 dovrà decidere che cosa fare: si candida presidente di Regione Lombardia? E, ancor prima, come può andare a convivere con Attilio Fontana? Letizia Moratti è indubbiamente una risorsa, ma c'è chi la tira da una parte e chi dall'altra. Il 19 dicembre viene reso noto il pranzo con Giorgia Meloni. Secondo i giornali si è parlato di Quirinale, con l'ipotesi Moratti al Colle. Secondo l'entourage di Moratti si è trattato di un pranzo per parlare di riforma sanitaria. Insomma, tanto rumore per nulla. Di certo la copertura anche mediatica che la Moratti ha è diversa dal pestaggio subito da Giulio Gallera. Il centrosinistra un po' la teme, un po' vorrebbe fosse lei candidata. Non fosse altro che così potrebbe tornare da Giuliano Pisapia a stimolarlo per candidarsi lui in Regione. Il voto alto se lo merita tutto però: è un fatto che le vaccinazioni vanno benissimo e che la Lombardia è tornata la prima della classe.
Giorgia Meloni. Voto 4,5.
A Milano la Meloni non sfonda. Dopo un periodo di grande espansione, con consiglieri comunali e regionali che bussavano alle porte di Fratelli d'Italia, è arrivato il gelo. La stasi. La verità è che la riforma che avrebbe dovuto fare sotto la Madonnina è stata letteralmente freddata dal caso Fanpage, con le accuse a Jonghi Lavarini e a Carlo Fidanza. Vicenda giudiziaria a parte (a proposito: pare che Fidanza non sia stato ancora neppure sentito), la dirigenza di Fratelli d'Italia è rimasta in mano a Ignazio La Russa e Daniela Santanché. Un pugno in faccia ai giovani leoni (di cui Fidanza faceva parte) che avrebbero voluto un cambio di passo e di volti. Tuttavia il vero errore della Meloni sono state le elezioni di Milano. Pur di far incassare a Salvini una sconfitta diciamo che non ha prodotto risultati soddisfacenti nell'individuazione della candidatura. Un po' come il marito che per far dispetto alla moglie... Insomma, ci siamo capiti. Come per Salvini: Beppe Sala ringrazia.