Duplice omicidio nel Milanese. Faida per il controllo dello spaccio: 5 arresti - Affaritaliani.it

Milano

Duplice omicidio nel Milanese. Faida per il controllo dello spaccio: 5 arresti

Ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 5 cittadini albanesi

Cinque albanesi sono stati arrestati dai carabinieri del Comando provinciale di Milano con l'accusa di aver ucciso due cugini di 29 e 36anni, loro connazionali, il 10 novembre 2016 a Canegrate. Il Gip di Busto Arsizio (Varese) ha emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei 5 indagati, di eta' compresa tra i 25 e i 39 anni, tre dei quali fratelli tra loro. I cadaveri delle due vittime furono ritrovati a bordo di un'auto ribaltata e crivellata di proiettili. Secondo i risultati delle indagini, il duplice omicidio e' maturato nel contesto di una faida per la gestione del territorio tra gruppi criminali operanti nel traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Dopo una serie di spostamenti tra varie citta' del centro-nord Italia, l'Albania e il Belgio, nel tentativo di sottrarsi non solo alle indagini ma anche alle regole del "Kanun" (codice medievale tuttora osservato soprattutto nel Nord dell'Albania in alternativa alla legge statale), gli indagati sono stati catturati a Altopascio (Lucca), Zagarolo (Roma), e Lier (Belgio), dove si era erano stabiliti.

Un'esecuzione in piena regola con tanto di controllo che tutto fosse "andato a buon fine" per rimarcare la supremazia nello spaccio di cocaina nel Legnanese. E' questa la ricostruzione fatta dai carabinieri del duplice omicidio avvenuto il 10 novembre a Canegrate: alle 22.30 di quella notte 11 colpi furono esplosi contro un'auto, 2 raggiunsero i due cugini Alban e Agron Lleshaj di 37 e 31 anni. Uno, seduto dal lato passeggero, mori' sul colpo, l'altro, colpito all'altezza del collo, riusci' a guidare per altri 500 metri per poi schiantarsi contro delle auto in sosta.

I due esecutori, arrestati nell'ambito dell'operazione dei carabinieri di Monza conclusa ieri mattina, sono poi scesi dall'auto - come rivelato da alcuni testimoni - per controllare che fosse andato tutto come previsto: si tratta di Eidom Lleshaj, di 34 anni e' Pieter, suo fratello di 37, con lo stesso cognome delle vittime ma appartenenti a due clan diversi. Il primo e' stato arrestato in Belgio, dove viveva parte della famiglia, ed e' considerato il capo del commando; il secondo, ad Altopascio, in provincia di Lucca, dove si era rifugiato. Nel suo covo i carabinieri hanno trovato un revolver calibro 38 che potrebbe essere lo stesso dell'esecuzione. Quella sera fu usata anche una semiautomatica calibro 40. Sempre nel covo la dimostrazione che lo spaccio di droga continuava anche durante la latitanza: gli inquirenti hanno trovato in casa sua 3500 euro in contanti e 18 dosi di cocaina. Un terzo fratello, Edmond, di 38 anni, e' stato arrestato a Zagarolo, in provincia di Roma, dove nascondeva 12.500 euro in contanti. Il quarto componente del commando era il cognato di uno dei tre: Edward Nikolli, di 25 anni, anche lui rifugiatosi nel Lucchese. Il quinto malvivente per cui e' stata emessa una misura e' ancora latitante. "La notte dell'omicidio i componenti del commando furono prelevati da alcuni familiari con delle automobili e portati prima a Piacenza, dove sostarono qualche giorno, poi a Modena, dove sono stati una settimana e abbiamo cominciato ad intercettarli".

Cosi' il maggiore Ruggero Rugge, dei carabinieri di Monza, nel ricostruire le ore immediatamente successive all'esecuzione dei due cugini albanesi a Canegrate. Sempre con un'auto, quello che era considerato il capo dell'organizzazione, scappo' in Belgio a Lier, dove poi e' stato preso su mandato di arresto europeo dai reparti speciali della polizia belga; li', il 34enne Eidon Lleshaj aveva vissuto con parte della famiglia per qualche tempo e "anche allora si era dedicato allo spaccio" tanto da essere gia' conosciuto alle autorita' locali. "Probabilmente le due vittime avevano alzato il tiro e volevano prendersi la piazza del Legnanese" ha specificato Rugge. Il Pm di Busto Arsizio, Gianluigi Fontana, oggi presente alla conferenza stampa presso il comando provinciale del'Arma in via Moscova, ha raccontato del codice Kanun, che regola i rapporti familiari fra le famiglie provenienti dal nord dell'Albania, dal villaggio di Uletz (da cui provenivano i clan di vittime e presunti assassini) e che ha ispirato la brutale sparatoria: "Un codice simile a quello barbaricino - ha spiegato - in base al quale si regolano le vendette". Dalle intercettazioni emerge che non sarebbe bastato scappare in Belgio per mettere fine alla faida innescata, che puo' durare anche per generazioni. "Alcuni familiari sentiti erano preoccupati per quello che sarebbe successo dopo il duplice omicidio e hanno commentato 'sarebbe bastata una tirata di orecchie'" ha poi aggiunto il comandante provinciale dei carabinieri di Milano, Canio Giuseppe La Gala.








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