Fase 2, Camera Penale di Milano, 'Processi ripartano non da remoto' - Affaritaliani.it

Milano

Fase 2, Camera Penale di Milano, 'Processi ripartano non da remoto'

Gli avvocati auspicano il ritorno graduale dell'attività giudiziaria in aula dal 12 maggio in condizioni di sicurezza

Fase 2, Camera Penale di Milano, 'Processi ripartano non da remoto'

 ''Siamo certi che i capi degli uffici Giudiziari milanesi, in ossequio al dettato normativo, stiano ultimando l'approntamento delle misure organizzative richieste dalla legge per la ripartenza della amministrazione della Giustizia, che potrà avvenire, pur in maniera graduale, a partire dal 12 maggio prossimo''. Così la camera penale di Milano interviene sulla fase 2, bocciando l'ipotesi che l'attività delle aule di giustizia prosegua da remoto. ''Siamo convinti - scrive il Consiglio direttivo- che le ampie aule del Palazzo di giustizia di MILANO, così come le aule bunker e persino altri spazi fruibili all'interno del Palazzo, consentano, se debitamente organizzati, l'utilizzo di postazioni distanziate, dotate di un microfono per ciascuna delle parti, sicuramente più idonee a garantire il distanziamento sociale , piuttosto che da un'unica postazione da condividere tra avvocato e imputato come previsto nel rito ''da remoto''. E che una scansione temporale dell'udienza, con trattazione dei processi ad orario stabilito, che possa finalmente far entrare l'amministrazione della Giustizia nel mondo moderno ; evitando assembramenti e disagi che, francamente, non avrebbero necessitato una pandemia per essere risolti''. Secondo la Camera penale ''Colpisce e sorprende che proprio il 1° Maggio la corrente dei magistrati di Area abbia diramato un comunicato con cui preannuncia la mancata ''ripartenza'' dell'attività giudiziaria, ove l'avvocatura non acconsenta alla trattazione dei processi da remoto. Si legge infatti nel comunicato che 'Là dove non sarà possibile tornare nelle aule in ragione della perdurante pericolo di contagio, la mancata ripresa delle attività giudiziarie sarà ascrivibile esclusivamente alla responsabilità dell'avvocatura, che non avrà collaborato'. Come se il 'perdurante pericolo di contagio' rendesse impossibile in assoluto il ritorno nelle aule e non potesse essere arginato con adeguati strumenti e presidi, come invece accade in tutti i luoghi di lavoro''. Per il Consiglio direttivo con gli opportuni ''accorgimenti -in aule sanificate ed organizzate e senza assembramenti inutili- possiamo tornare in aula subito, come a breve torneranno al lavoro pressocchè tutti i lavoratori del Paese, senza privilegi. Insomma, anche in una trascorsa Festa dei lavoratori diversa dal solito, ci siamo immaginati di poter tornare davvero a lavoro e non di rimanere comodi sul divano. Questa è la responsabilità che ci assumiamo come avvocati e la assumiamo volentieri''.

Gli avvocati ritengono che ''la tutela dei diritti nelle aule di giustizi, in condizioni di sicurezza, possa assai meglio coniugarsi con la tutela della salute di tutti, piuttosto che una giustizia '' da remoto '', sicura solo per qualcuno. Perché la cross examination deve essere fatta in aula, guardando le persone, per comprendere davvero le situazioni. Perché l'efficacia della discussione in aula, davanti al Giudice, è ben altra cosa, almeno per chi, come noi, la ritiene espressione irrinunciabile di dialettica processuale utile alla miglior decisione; e non perdita di tempo. Perché l'imputato ha diritto ad essere guardato in faccia dal proprio Giudice, se lo vuole. Siamo convinti che ciò si possa fare, in assoluta sicurezza, per moltissimi dei processi ordinari''. In realtà, -ricordano- ''sin dal 17 marzo scorso il decreto legge n.18 (art.83 comma 6), ora convertito in legge, aveva prescritto ai capi degli uffici giudiziari di adottare 'le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, (...) al fine di evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone'. Nei primi giorni dell'emergenza, in una situazione sanitaria di massimo allarme la Camera penale di Milano ha aderito, insieme all'Ordine degli avvocati di Milano, al protocollo per la celebrazione ''da remoto'' delle udienze di rito direttissimo e relative al mandato di arresto europeo''. In totale condivisione dei motivi espressi dall'Unione delle camere penali italiane, ''la Camera penale di Milano è però sempre stata fermamente contraria all'adozione indiscriminata del rito ''da remoto'' per tutti i processi. Ora la situazione sanitaria generale è ritenuta, dal Governo e dal Parlamento, compatibile con la ripresa della gran parte delle attività produttive e di servizi, anche quelli non essenziali, come invece è la amministrazione della Giustizia. Ciò tuttavia pare non valere per la attività giudiziaria, per la quale sembra escludersi la possibilità, ovviamente adottando le idonee misure organizzative, di tornare gradualmente a celebrare i processi nelle aule del Palazzo di Giustizia, tratteggiando come unica soluzione la giustizia da remoto, e così attribuendo agli avvocati, che la avversano, la responsabilità di un blocco di ogni attività. Riteniamo invece che la attività giudiziaria possa e debba riprendere tutelando la salute di tutte le persone che partecipano al processo''. 








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