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Fondi Lega, il Riesame: "Ville sul Garda frutto di peculato"

Fondi Lega, il Riesame: "Ville sul Garda frutto di peculato"

Le operazioni di investimento nelle due ville al Lago di Garda da parte di Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni (revisori contabili del Carroccio in Parlamento e principali indagati, assieme al commercialista Michele Scillieri, nell'affare Lombardia Film Commission) presentano delle diversita' che appaiono, pero', "assai marginali e certamente non sufficienti a smentire che il profitto del reato di peculato loro contestato sia stato investito nell'acquisto dei fabbricati". A scriverlo e' il tribunale del Riesame di Milano nelle 44 pagine di motivazioni in cui spiega il rigetto della richiesta di dissequestro dei due appartamenti vista lago, denominati Bouganville e Tigli.

Le villette sono state sequestrate dalla guardia di finanza il 16 ottobre, perche' ritenute acquistate (a un costo di rispettivamente 308 e 330 mila euro) in parte con il ricavato della vendita 'truccata' del capannone di Cormano alla Lombardia Film Commission. La struttura aveva un valore iniziale di 400 mila euro circa, ma secondo gli investigatori, e' stata venduta alla Regione per il doppio del prezzo. Ai tempi dell'operazione, fine 2017, Di Rubba era presidente di Lfc e la societa' venditrice dell'immobile in provincia di Milano era l'Immobiliare Andromeda, il cui vero 'dominus' era Scillieri, nella sede del cui studio commerciale in via delle Stelline era stata posta la Lega per Salvini premier. Il 'trio', secondo i magistrati Stefano Civardi ed Eugenio Fusco, aveva fin dall'inizio pensato l'operazione per appropriarsi degli investimenti da circa milione di euro che quell'anno la Regione Lombardia aveva destinato alla societa' in house di promozione cinematografica del territorio.

 Il giro di denaro era finito nelle due villette al lago, attraverso lo schermo societario della Taaac Srl (che ora si chiama Partecipazioni): una societa' che per i giudici del Riesame era stata costituita "solo in funzione di quell'operazione commerciale complessiva" rappresentata dai due appartamenti a Desenzano, e "in cio' esaurendosi la sua stessa ragion d'essere". La Taaac (che peraltro ha sede anch'essa in via delle Stelline) e' "priva di qualsiasi flusso di cassa in ingresso, fatta eccezione per i trasferimenti monetari" funzionali all'operazione, che - osservano i giudici del Riesame - "hanno poi generato un attivo pari a zero". La societa' - proseguono Maria Cristina Mannocci (presidente), Bruna Rizzardi e Giulia Cucciniello - e' priva di "risorse finanziarie proprie e di ogni fattore di produzione, come si evince dall'unico bilancio depositato" nel 2017. Altrettanto chiaro appare agli occhi dei togati che "la complessa architettura societaria sia stata utilizzata come mero strumento volto al drenaggio delle risorse pubbliche" e che Di Rubba e Manzoni abbiano utilizzato "la loro professionalita' per mascherare contratti, fatture, e pareri: passaggi di denaro finalizzati solo al loro arricchimento" e dunque dello spartirsi "un milione di euro" di fondi pubblici.

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