I Hate Milano

di Mister Milano

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I Hate Milano
Se della movida non frega a nessuno: quando la politica non ce la fa. VIDEO
Movida selvaggia a Milano

MOVIDA SELVAGGIA A MILANO: IL VIDEO.  Il video che vedete è stato girato lo scorso giovedì in via Vigevano, tra i Navigli e Porta Genova, a mezzanotte. La situazione, con la musica proveniente dal “cocktail bar” Tongs sparata ad alto volume si è protratta fino all’una di notte passata, per la gioia dei residenti della zona.  Alcuni di loro sono scesi in strada, esasperati per una situazione che ha evidentemente del surreale e che si estende a tutta l’area dei Navigli.

Un paio di anni fa, c’era stata la protesta degli striscioni  ma evidentemente, non deve essere servita granché se la situazione è ancora quella raccontata dalle immagini.

C’è stato un tempo in cui i giornali locali, a Milano, pubblicavano “inchieste” dalle Colonne di San Lorenzo con toni da reportage di guerra, in cui si parlava delle zone più centrali e costose come di un “girone infernale”. Sulla base di queste campagne stampa, l’Amministrazione di centrodestra avviò un processo di militarizzazione fatto di transenne, divieti e coprifuoco che passò alla storia come decoratismo, dal nome dell’allora assessore alla sicurezza Riccardo De Corato.

hate 01Movida selvaggia a Milano: GUARDA IL VIDEO A QUESTO LINK
 

Apogeo di questa gestione, l’infame cancellata innalzata intorno ai giardini davanti al bar “Mom” di viale Monte Nero, per impedire alla gente di radunarsi lì davanti al mercoledì sera, che da allora ha trasformato l’area in uno spettrale cagatoio per cani.

Non andò meglio con l’arrivo del centro-sinistra: indimenticabili i camion dell’Amsa che già a mezzanotte entravano in funzione in Ticinese per costringere la gente ad andarsene a casa, o la figuraccia sul divieto di asporto del cono gelato per cui fu perfino lo stesso De Corato a protestare.

Anche qui, un ruolo importante fu giocato dalla cronaca locale, che con articoli a metà tra il comico e il surreale mettevano apertamente in discussione il diritto dei cittadini ad uscire di casa dopo le ore 21.

Erano anni, questi, in cui tale era il credito di cui “i Residenti” godevano presso il Comune che era difficile organizzare persino i concerti a San Siro, a causa di una serie di lacci e lacciuoli riguardanti i decibel: persino Vasco protestò, con la canzone “È solo un rock and roll show”.

Da allora è cambiato tutto.

Da Expo 2015 in poi, Milano è andata incontro a una delle mutazioni cui ciclicamente va incontro dall’inizio della sua Storia. Per ragioni che non vale la pena approfondire, se prima si credeva che il miglior modo per accaparrarsi il consenso dei cittadini fosse puntare sull’ordine e la sobrietà, oggi funziona esattamente in modo opposto.In questo nuovo clima, quindi, le lamentele dei Residenti non sono più un diktat da trascrivere in prima pagina o da tradurre in ordinanza, ma una palla al piede da liquidare come una menata inutile. E gli stessi Residenti non sono più il settore principale dell’opinione pubblica da corteggiare per assicurarsi i voti, ma delle zavorre che non capiscono lo spirito dello Yes Milano, inutili per sviluppare al meglio la narrazione di una città perfetta e perennemente aperta, dove ogni giorno c’è un evento, una festa, un ritrovo, dove è Fuorisalone tutto l’anno e si vive in un clima di eterno cazzeggio.

Non era giusto, evidentemente, amministrare una delle città più grandi e sviluppate d’Europa come si trattasse di un paesino di montagna, obbligando la gente a stare a casa appena scendeva l’imbrunire. Ma allo stesso modo, non si può pensare che siano giuste situazioni come quella mostrata nel video, con la musica sparata a tutto volume per le strade e la gente in strada esasperata. Una scena simile, in una città come New York, Berlino o Parigi sarebbe sedata in cinque minuti, con un bel multozzo ai gestori del bar, magari con chiusura annessa per qualche settimana.

E allora perché a Milano accade?

Perché quello della movida, a Milano, è un problema aperto da circa due decenni, che però nessuno ha ancora voluto affrontare in modo serio. Proposte come tenere i parchi aperti di notte, o usare i nuovi quartieri che dovrebbero sorgere sugli ex scali ferroviari come centri della vita notturna, di cui si parlava con insistenza durante i primi anni di Pisapia, sono sparite nel nulla.

E così, invece di gestire la situazione, mediando tra le esigenze di tutti, si preferisce affidarsi agli umori passeggeri dell’opinione pubblica, oggi incidentalmente favorevoli al casino incondizionato.

Fino a che un giorno le cose cambieranno ancora, e torneranno di moda i legulei con i loro divieti: a quel punto il conto lo pagheranno gli altri, esattamente come ora lo paga chi non riesce a dormire.

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