Milano
Milano, i vermi nel piatto e i diritti del paziente: il caso Policlinico
Pare proprio che il diritto a reclamare non sia in assoluto gradito agli ospedali, anche nella civilissima e avanzata Lombardia
Secondo la Carta Europea dei diritti del Malato, presentata a Bruxelles il 15 novembre 2002, il paziente ha il diritto "di reclamare ogni qual volta abbia sofferto un danno e ha il diritto a ricevere una risposta". Sono passati 14 anni, ma pare proprio che il diritto a reclamare non sia in assoluto gradito agli ospedali, anche nella civilissima e avanzata Lombardia. E veniamo alla vicenda. Ieri, su Affaritaliani.it Milano, abbiamo pubblicato la denuncia (che abbiamo per iscritto) di una paziente del Policlinico, che - nero su bianco - ha scritto alla direzione sanitaria di aver trovato i vermi nella minestra. "Ho chiamato immediatamente il personale sanitario - spiega la paziente - che insieme a me ha accertato la presenza dei vermi. Poi mi è stato portato via e hanno fatto le fotografie". La data del protocollo riporta: 23 gennaio.
Correttamente abbiamo informato l'ufficio stampa del Policlinico per avere una risposta in merito. E che cosa ha fatto l'ufficio stampa del Policlinico, nella persona di Lino Grossano? Ha mandato una nota a tutti i giornali (e non solo ad Affaritaliani.it che aveva la denuncia iniziale, e dunque poteva cogliere nella sua interezza la vicenda), nella quale il ritrovamento dei vermi viene derubricato a episodio curioso avvenuto in corsia. A partire dal titolo del comunicato stampa: "Vermi nel piatto" al Policlinico? No, solo germogli di fagiolo. Il titolo di Repubblica online diventa, prevedibilmente: "Aiuto, ci sono dei vermi nella minestra!" Allarme al Policlinico, ma erano fagioli. La vicenda viene talmente tanto derubricata a curiosità che nessuno si perita (eccetto Affaritaliani.it, perché ovviamente era l'origine del caso, e dunque aveva in mano tutti gli elementi) di sentire la paziente. Di fatto l'ufficio stampa del Policlinico fa diventare un problema (ci permettiamo di dire: grave) una barzelletta. E così, ovviamente, diviene barzelletta anche la paziente che avrebbe scambiato lucciole per lanterne, o fagioli per vermi.
Peccato che sulla vicenda tanta chiarezza non sia poi stata fatta. Il Policlinico afferma: "Il cibo è fornito al Policlinico da un'azienda esterna, che si occupa del suo approvvigionamento e della sua preparazione; la paziente aveva ricevuto un piatto sigillato e prodotto in modo separato rispetto al cibo fornito al resto dell'ospedale (dieta senza glutine). Ad un primo esame obiettivo i reperti sono risultati essere compatibili con i germogli del fagiolo, ingrediente contenuto in quel piatto. A scopo precauzionale, è stata comunque disposta un'indagine ulteriore a cura di un parassitologo, che a sua volta ha confermato senza ombra di dubbio la natura dell'ingrediente: germogli di fagiolo, totalmente innocui". Sì, tutti bravi. Ma il piatto analizzato era quello della paziente? O era altro? Affaritaliani.it ha in mano due documenti interessanti. Il primo è dell'azienda che fornisce il servizio, che dice: "Siamo a smentire qualsiasi dubbio di cibo avariato". E ancora: "Abbiamo verificato tutti gli ingredienti utilizzati per la preparazione della minestrina, ed abbiamo constatato che nè i fagioli né la pastina presentano alcuna traccia di verme". La Serist SRL tiene anche a precisare che "mettendo in acqua i fagioli abbiamo notato la presenza di piccoli germogli bianchi che la paziente ha sicuramente scambiato per vermi". Sicuramente. Comunque, analisi sul piatto non ne sono state fatte. Perché? Perché quel piatto è stato buttato, semplicemente. A dirlo è una nota interna indirizzata al direttore sanitario Laura Chiappa: "Alle ore 12 circa lo scrivente ha effettuato un sopralluogo (...): non è stato possibile effettuare il contraddittorio in quanto il piatto somministrato alla degente non è stato conservato per le relative verifiche del caso". Anche qui, si precisa che nessun altro è stato male e che gli alimenti usati sono perfettamente conservati. Ne siamo lieti.
A questo punto, si torna all'inizio. Non sappiamo se la paziente, che comunque ha messo nero su bianco la denuncia, abbia trovato davvero i vermi o meno. Può essere che li abbia scambiati con i germogli. Può essere. Quel che non può essere è che una denuncia, pur circostanziata, venga diffusa in modo parziale sui media per derubricarla a curiosità che finisce per offendere chi si è interessato alla denuncia di una paziente e la paziente stessa.
Per info o segnalazioni: fabio.massa@affaritaliani.it
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:
Gentile Direttore,
mi chiamo Lino Grossano, sono un giornalista e mi occupo di comunicazione e ufficio stampa per il Policlinico di Milano. Il vostro articolo relativo al caso di presunti "vermi" nel piatto di una paziente ricoverata nel nostro ospedale, cita anche il mio nome, e per una questione di correttezza e completezza nei confronti dei vostri lettori ritengo utile precisare alcune questioni, chiedendole di pubblicarle integralmente.
Da parte nostra non c'è stata alcuna volontà di sminuire la questione, al contrario; a tal punto che abbiamo dato alla vicenda ampia diffusione. Nessuno, se ci fosse stato qualcosa da nascondere, avrebbe sollevato per primo la questione, no? A maggior ragione visto e considerato che il problema (che, sottolineiamo, non c'era) avrebbe semmai riguardato l'azienda esterna che eroga il servizio mensa, e non certo l'ospedale, il quale avrebbe di nuovo avuto tutti i diritti di sollevare la questione per tutelarsi. Proprio per questo, anche laddove ci fossero stati dei "vermi" in un piatto (e non c'erano: lo dicono le analisi, riassunte più sotto) avremmo comunque comunicato la realtà dei fatti, perché questo è insito nel nostro obiettivo di trasparenza, come abbiamo sempre fatto e come numerosi altri colleghi giornalisti possono testimoniare.
E' chiaro a tutti che un eventuale disagio che avvenga in ospedale è senz'altro un tema di interesse pubblico; ed è altrettanto chiaro che un disagio poi rivelatosi inesistente possa, sulla stampa, allarmare inutilmente pazienti e utenti, che hanno tutto il diritto di sentirsi tranquillizzati da una struttura pubblica.
E veniamo alla ricostruzione dei fatti, secondo il nostro punto di vista:
il caso dei presunti "vermi" nel piatto risale al 20 gennaio sera, a seguito della segnalazione di una paziente ricoverata; e l'attivazione dell'ospedale è stata immediata, come riportano anche le carte in vostro possesso. La prima segnalazione di un interessamento da parte dei media ci è arrivata il 24 gennaio dall'Ufficio Stampa dell'Assessorato Welfare di Regione Lombardia (da voi contattato), mentre erano in corso le ultime indagini di conferma sui germogli di fagiolo. Una vostra giornalista mi ha telefonato, ha fatto le sue giuste domande, e verbalmente ha ottenuto puntuali e rapide risposte. Ho specificato sia alla giornalista sia ai colleghi della Regione che avremmo prodotto una nota da diffondere ai media, per evitare che potessero generarsi fraintendimenti. Cosa peraltro - a mio avviso - evidente dal testo ricevuto dai giornalisti, che non è concepito come una semplice replica ma come un vero e proprio comunicato stampa. Del resto, da tre giorni la questione era conosciuta da più persone: la paziente, medici e infermieri, l'Ufficio Relazioni con il Pubblico, Regione Lombardia, l'azienda esterna che si occupa del servizio mensa, alcuni giornalisti. Non era, quindi, esattamente un segreto, ed era per questo già prevista una nostra dichiarazione per chiarire puntualmente e con precisione la questione.
Il giorno seguente, ad articoli pubblicati, ho ricevuto una telefonata dal collega Fabio Massa di Affari Italiani, i cui toni non rientravano di certo in quelli di un rapporto civile tra un giornalista e l'ufficio stampa di un ente pubblico. Il giorno successivo, 26 gennaio, lo stesso collega ha pubblicato un articolo in cui mi cita direttamente, che ha quindi richiesto questa mia risposta.
Passo al cuore della questione. A dimostrare che nel piatto incriminato ci fossero solo innocui germogli di fagiolo ci sono l'ispezione interna dell'ospedale e quella indipendente dell'azienda del servizio mensa, insieme al parere di una nutrizionista e alla conferma di un parassitologo. A tutto questo si aggiunge la recentissima ispezione a sorpresa dei NAS nella cucina ospedaliera (del 31-12-2016) che ha certificato nella nostra struttura il rispetto di ogni norma di igiene e di sicurezza.
La nota interna che citate nel vostro articolo dice che "non è stato possibile effettuare il contraddittorio in quanto il piatto somministrato alla degente non è stato conservato per le relative verifiche del caso". Però non citate la frase seguente, dove si precisa che "Si è proceduto ad effettuare un'ispezione degli alimenti utilizzati la sera dell'evento (...) sono state ispezionate (...) tutte le confezioni aperte e chiuse presenti (...) per escludere infestazioni: gli alimenti controllati non presentano tracce di infestanti, la conservazione e le scadenze risultano conformi". Il piatto incriminato era termosigillato, ed era realizzato con controlli ancora più stringenti, trattandosi di una pietanza destinata a una paziente celiaca. Ed è stato realizzato in un ambiente certificato HACCP, ovvero quel protocollo specifico per prevenire le possibili contaminazioni degli alimenti, il cui rispetto è stato rilevato dai NAS. Anche se non è stato analizzato il singolo piatto (perché gettato, presumibilmente, da un operatore), le indagini hanno potuto verificare tutti i piatti identici a quello, tutti gli ingredienti di partenza e tutte le procedure atte a realizzare ogni pietanza, compresa quella incriminata. Il responso è stato chiaro: nessuna contaminazione, nessun verme, solo germogli di fagiolo.
Purtroppo nessun sistema complesso è perfetto, e gli ospedali (tra i sistemi più complessi di tutti) non fanno eccezione. Per cui se c'è un errore nel sistema, e ci viene segnalato, questo per noi non può che essere un bene. Ed è un bene che ciascuno possa dire la propria, quando riporta i fatti. La verità e l'onestà sono importanti tanto quanto la trasparenza e l'educazione.
La saluto cordialmente,
Lino Grossano
FABIO MASSA RISPONDE:
Gentile Lino Grossano,
facciamo giudicare i lettori:
1- Affaritaliani.it Milano ha ricevuto una segnalazione per iscritto e circostanziata relativa a un problema verificatosi durante un pasto all'interno dell'ospedale.
2- Correttamente questa segnalazione è stata portata all'attenzione dell'assessorato affinché potessimo avere una risposta in merito.
3- L'assessorato ha ritenuto (coerentemente e giustamente, aggiungiamo noi) di attribuire all'ospedale l'incarico di formulare una risposta al quesito posto da Affaritaliani.it. Un quesito posto sulla base di una segnalazione che solo Affaritaliani.it aveva ricevuto.
4- Affaritaliani.it ha provveduto a redigere un articolo nel quale ci fosse sia la posizione della paziente che, con ugual rilevanza, la posizione dell'ospedale.
5- Prima ancora che la pubblicazione dell'articolo di Affaritaliani.it avvenisse (e stiamo parlando di circa 60 minuti) l'ospedale ha ritenuto di diffondere una nota a tutti i giornali e alle agenzie di stampa nella quale veniva reso noto che una paziente aveva scambiato vermi per fagioli. La notizia, evidentemente curiosa, è stata ripresa con quest'unico taglio.
6- Nel merito, tra l'altro, non esiste neppure un esame oggettivo della pietanza, giacché, come è stato pubblicato, l'ospedale aveva provveduto a gettare il piatto incriminato. La paziente ci ha confessato di essersi sentita ridicolizzata per come è stata proposta la notizia nella nota dell'ospedale.
7- La mia chiamata aveva lo scopo di sottolineare quella che è a mio modo di vedere una metodologia inconsueta (un giornale chiede una rettifica, la ricevono tutti, anche quelli che non sapendo di che cosa si sta parlando sono indotti magari a tagli fuorvianti). Tra l'altro la ricevono prima ancora che il pezzo sia stato pubblicato. Non ho insultato nessuno ma ho reagito con fermezza per difendere il mio operato e quello della mia giornalista.
Valutino i lettori se l'informazione parziale sia stata quella di Affaritaliani.it (che ha riportato entrambe le posizioni: la denuncia e la risposta dell'ospedale) o la nota stampa diramata dall'ufficio preposto.