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Milano
Il deragliamento dei giudici: la Consulta, Cappato e Dj Fabo

di Guido Camera

Avvocato

Sono molto deluso: la Corte Costituzionale ha deciso di non decidere (il gioco di parole sorge spontaneo) se Marco Cappato, aiutando DJ Fabo a morire in Svizzera, ha commesso un reato, oppure se la norma per il quale è sotto processo a Milano (istigazione al suicidio, articolo 580 del Codice penale) contrasta con la Costituzione. Il reato vigente, infatti, mette sullo stesso piano la condotta di un sadico che, per piacere criminale, istiga al suicidio la sua vittima (avete presente il gioco dell’orrore, noto come Blue Whale?) e quella di una persona (magari un parente stretto di un malato terminale) che, probabilmente distrutto da dolore, decide di aiutare il proprio congiunto, pienamente consapevole della sua decisione, a mettere fine a una vita di micidiali, e irreversibili, sofferenze a causa di malattie letali o forme gravemente invalidanti di paralisi.

Chiariamo subito due cose. La prima: io sto dalla parte di Cappato e DJ Fabo. Perchè si possono avere sensibilità etiche o religiose diverse rispetto a come confrontarsi con il sommo dolore e la malattia, ma non trovo giusto che lo Stato mortifichi la libertà di autodeterminazione dei propri cittadini costringendoli a continuare a sopportare sofferenze, per di più mettendo in carcere chi li aiuta, per sommo amore, a morire. La seconda: in realtà anche la Corte sta dalla parte di Cappato e DJ Fabo: diversamente non si riesce a comprendere la decisione dei giudici costituzionali (diffusa in un comunicato ufficiale) di rinviare a settembre 2019 la decisione: queste le motivazioni “consentire in primo luogo al Parlamento di intervenire con un’appropriata disciplina” perchè “l’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti”.

In altre parole, sembra che la Corte abbia “notificato” al Parlamento le premesse per una dichiarazione di incostituzionalità, nel contempo dandogli il tempo per approvare una normativa sul fine vita conforme (nel senso auspicato dalla Corte) alla Costituzione. L’osservatore poco attento dirà: beh, per una volta che i giudici non sono malati di protagonismo e non provano a sostituirsi al legislatore non lamentiamoci. Attenzione però: nel nostro sistema costituzionale le cose non dovrebbero andare così. Uno dei compiti principali della Corte Costituzionale – è scritto nell’articolo 134 della Costituzione - è proprio quello di giudicare della legittimità costituzionale delle leggi dello Stato: nessuna norma prevede che la Corte invii dei messaggi di indirizzo politico al Parlamento o altri organi costituzionali.

Del resto, non mi risulta che ci siano stati analoghi precedenti nel passato: anzi, la Corte ci ha sempre regalato una Costituzione “viva”, grazie alle proprie sentenze, che hanno reso attuali, rispetto ai circostanti cambiamenti della società, i principi fondamentali della nostra cultura. E sono stati moltissimi i temi “spinosi” – il più delle volte anche più rilevanti, per le possibili ripercussioni sulla società e le istituzioni, del caso DJ Fabo - trattati in questi anni dalla Corte. Ma la cosa più grave è un’altra: in questo modo la Corte sta provando a indirizzare il Parlamento verso una legge che passi il vaglio di costituzionalità. In altre parole, sta facendo politica, fuori dai poteri e dalle prerogative attribuitele dalla Costituzione. Il che è un male, soprattutto di questi tempi: perchè se proprio chi ha il compito di controllare che le Istituzioni (Presidente della Repubblica, Governo, Parlamento, Magistratura, Enti territoriali) agiscano nel rispetto della Costituzione inizia a uscire dai binari – anche se lo ha certamente fatto nella massima buona fede – perderà legittimità se, in futuro, dovrà giudicare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Questo, infatti, è un altro dei compiti che la Costituzione attribuisce alla Corte, e lo esercita spesso: nella seconda Repubblica, quando gli scontri tra Magistratura, Governo e Parlamento sono stati frequenti, la Corte è intervenuta molte volte. Vista l’aria che tira, non si può escludere che situazioni analoghe si presentino nel prossimo futuro (basta pensare al violento attacco, durante la kermesse 5 stelle dello scorso fine settimana, di Grillo alla figura del Presidente della Repubblica): perchè la Corte possa risolverle con autorevolezza, abbiamo bisogno che sia da tutti riconosciuta come un organo super partes che agisce sono nell’interesse del rispetto della Costituzione.

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