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Milano
La Cgil alle imprese: “Salvate la vita ai lavoratori. Chiudete”

La Cgil alle imprese: “Salvate la vita ai lavoratori. Chiudete”

Massimo Bonini, segretario della Cgil di Milano è preoccupato. E non sono perché l’onda terribile di COVID 19 è arrivata in città, ma perché il protocollo fatto con gli industriali per mantenere in vita solo le produzioni essenziali, tutelando i lavoratori, non basta più. “I numeri sono impietosi”, spiega ad Affaritaliani.it-Milano. “Nelle imprese si mette a rischio la vita dei lavoratori”, chiarisce.
Bonini la situazione è così pesante anche in fabbrica, negli uffici e nel commercio?

“Soprattutto nelle piccole imprese, ci può essere chi mette a rischio la vita di chi lavora, solo ieri il Prefetto ha chiuso 11 attività commerciali. E i controlli non possono essere capillari, per limiti oggettivi, dettati dall’emergenza.

Ma il protocollo firmato con le imprese allora non ha funzionato, cosa è successo in queste settimane?

“I controlli relativi al protocollo firmato con gli imprenditori sono necessariamente limitati, perché chi li deve esercitare è pesantemente impegnato altrove, sul fronte sanitario. Se penso all’Ats o anche alle Forze dell’ordine, non possiamo chiedere altri sforzi. Devo dire che il Prefetto si è impegnato ad accogliere le segnalazioni degli abusi o mancanza di rispetto per le protezioni sui lavoratori. Noi segnaliamo alla Prefettura i casi eclatanti ma gli interventi sono complicati dall’insieme dell’emergenza sanitaria. Mi pare che la Prefettura stia facendo tutto il possibile. Il protocollo è stato sicuramente utile, in un primo tempo erano le aziende a decidere sulle attività indifferibili e in un’ottica di crescita del fatturato avevano esagerato. Poi la sicurezza, grazie anche all’utilizzo degli ammortizzatori sociali, è tornata al centro. Certo non è facile convincere un’azienda che un pezzo della produzione va sacrificata. L’imprenditore tende a dire che tutto è essenziale”.

Si ma ora che COVID 19 sta prendendo piede anche a Milano cosa si può fare?

“Il protocollo non è più sufficiente bisogna andare oltre. Bisogna convincersi che per un periodo, almeno 15 giorni, deve esserci il fermo delle attività non essenziali, questa è la nostra idea. Bene la filiera del cibo che è essenziale, anche i farmaci e il settore medicale. Oltre faccio fatica a capire. Ad esempio produrre ora una borsetta è superfluo, addirittura dentro la distribuzione degli alimenti ci sono scelte da fare. Nei supermercati diamo la priorità alle cose che servono davvero, senza riempire i carrelli di prodotti che ora non servono”.

Le aziende sono in sofferenza, soprattutto quelle piccole, rischiano di chiudere, cosa fare?

“E’ il momento di mettere in campo attività alternative, proteggendo lavoratori e clienti, magari distribuendo le merci agli anziani. Se un’attività commerciale è chiusa al pubblico, perché non continuare l’attività nella distribuzione del cibo a domicilio, con l’ausilio della rete. Si coinvolgono meno persone, proteggiamo chi lavora, magari utilizzando i pagamenti online. Un’occasione per innovare il servizio. Nell’hinterland ci stanno lavorando anche perché, oltre agli anziani ci sono molte persone in quarantena, che rischiano di essere dimenticate. Si deve chiudere di più ma si possono trovare risposte utili per il lavoro. Ad esempio Amazon si è resa conto che ci sono delle priorità, ad esempio i generi alimentari e possono essere rinviate le consegne dei prodotti non necessari”.

Lei ha fatto un appello sui social, qual è l’obiettivo?

“Bisogna fermarsi, di più e ancora di più. I numeri sono impietosi, abbiamo superato i morti della Cina e iniziano a preoccupare i contagi anche nell'area di Milano. Non è più solo una questione di gente che corre, anziani che vanno a fare la spesa o giovani che stanno al parco. Bisogna sospendere subito tutte le attività non essenziali come unitariamente stiamo chiedendo da 10 giorni a Regione e Governo. Questa è la strada che va sostenuta e capita. È un appello che va raccolto da tutti”.
 
 

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