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Milano
La lunga lettera di Maran.“Dobbiamo lavorare sempre più nel partito”
Pierfrancesco Maran

La lunga lettera di Maran. “Dobbiamo lavorare sempre più nel partito”

E’ rimasto in silenzio nei giorni successivi alle liste, dopo aver visto il suo nome escluso nella fatidica direzione di Ferragosto, adesso Pierfrancesco Maran torna a parlare. E lo fa con una lettera indirizzata a tutti i consiglieri comunali ai quali invita sì a votare il 25 settembre ma preannuncia un lavoro ancora più forte all’interno del partito per cambiare le pratiche che hanno portato alla sua esclusione e a tutta una serie di problematiche riguardanti la rappresentanza territoriale.

Ecco la lettera integrale di Pierfrancesco Maran

Cari colleghi consiglieri e di giunta, voglio condividere con voi alcune valutazioni sull'appello che circa un mese fa abbiamo sottoscritto insieme in vista delle elezioni politiche.


Chiedevamo sostanzialmente tre cose:
a) che nei collegi venissero scelti i candidati con maggiori possibilità di vittoria e che in generale venissero evitati 'paracadutati'.
b) che dopo tre vittorie alle comunali ci fosse finalmente in Parlamento qualcuno a rappresentare la nostra esperienza politica.
c) che non ci fossero pluricandidature femminili con lo scopo di eleggere più uomini (cosiddetto effetto donna-flipper).

Più in generale avremmo voluto che il percorso che in un decennio ci ha portato ad avere percentuali anche doppie rispetto al Pd nazionale, fosse acquisito come buona pratica. A Milano il ruolo delle correnti è marginale e ampie parti della società possono votarci serenamente sapendo di sostenere un partito libero che mette insieme concretezza, visione, sviluppo, ambiente, attenzione ai diritti sociali ed individuali, nel quale possano coabitare istanze liberali e più radicali trovando il punto di sintesi.

Purtroppo dobbiamo constatare che nessuno dei tre punti proposti è stato accolto, né tantomeno lo spirito di fondo. La necessità di assegnare seggi certi o almeno contendibili a dirigenti nazionali è stata nettamente più importante rispetto a quelli di provare a vincere i collegi e proporre agli italiani un partito che si apre e si rinnova.
È irragionevole sostenere che i candidati nei collegi siano i più competitivi disponibili e Milano è stata utilizzata come strumento di riequilibrio per esigenze di correnti e di coalizione.
Nessun rappresentante di Palazzo Marino è candidato con minime speranze di eleggibilità e merita una menzione di ringraziamento la candidatura di servizio di Beatrice Uguccioni.
Anche a Milano si è optato per pluricandidature femminili con lo scopo di aumentare le elezioni maschili, situazione aggravata dall'assenza di candidate donne nei collegi.

Credo che sia una cosa straordinaria quando tutti gli eletti del PD a Palazzo Marino, superando ogni divisione, sottoscrivono insieme un documento di obiettivi, in qualunque altro momento storico un Partito lo avrebbe considerato una ricchezza. Quando però nessuno dei tre punti viene accolto o era sbagliato il documento, e non lo credo, o dobbiamo prendere atto di una preoccupante deriva centralista del PD che tradisce il senso per cui è stato fondato e che lascia le parlamentarie di Bersani come un episodio invece che la regola.

Tutti siamo importanti e nessuno di noi deve sentirsi indispensabile, quindi queste constatazioni non possono essere affatto scuse per non dare il massimo nella sfida elettorale del 25 settembre: vincere i quattro collegi di Milano significa quattro parlamentari in meno per la destra, e questo sarà il nostro obiettivo per il prossimo mese; il nostro Partito a Milano vale il 34% quando ci son le liste civiche di centrosinistra e non possiamo pensare di prender di meno, nonostante le discutibili strategie nazionali che paiono dare il voto dei milanesi come scontato ed acquisito, come se i risultati raggiunti fossero stati meriti del nazionale.

Dopodiché sarà necessario focalizzare le nostre energie per cambiare radicalmente il Partito Democratico, forse impegnarci anche più direttamente al suo interno.
Ci sarà da ricostruire un legame con il Paese ed è evidente che questo non passa dallo spettacolo che vediamo da tempo a Roma ben raccontato da Zingaretti al momento delle dimissioni e confermato nel medoto questa estate. Non possiamo inoltre consentire che le malattie di cui soffre il partito nazionale e romano azzoppino quella che é la grande opportunità della prossima primavera: vincere per la prima volta in Lombardia.
Per riuscirci servirà che non disperdiamo lo spirito che ha animato il nostro documento e che ci sarà utilissimo anche per il governo della nostra città. Sappiamo che non sarà un autunno semplice per Milano ed i milanesi e credo che dovremo cogliere questa occasione anche per rafforzare dialogo e collaborazione tra Consiglio e Giunta. Negli ambienti romani gira spesso la domanda 'ma tu a chi appartieni?'
Noi apparteniamo alla nostra città, alla storia di questi anni che ha mescolato armonicamente politica e civismo, dalla vittoria con Pisapia a quelle con Sala. Questa è una libertà che penalizza quando ci sono cooptazioni romane ma che per molti di noi è il senso non negoziabile del nostro impegno, quello che ci farà dare il massimo anche da qui al 25 settembre.

Pierfrancesco Maran

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