Milano

Lanzoni (Cisl): “Banche, non è tutto oro... Milano resta capitale finanziaria”

Stefano Marrone

Eros Lanzoni, segretario Cisl Milano, analizza il momento del sistema bancario. Grandi profitti, ma anche dossier a rischio. L'intervista

Lanzoni (Cisl): “Banche, non è tutto oro... Milano resta capitale finanziaria”

Il sistema bancario italiano sta sicuramente vivendo un momento positivo. Un’analisi del Sole 24 Ore ha di recente mostrato come nel primo semestre del 2023 le sei principali banche italiane hanno generato il 60% di profitti in più (11 miliardi) rispetto al 2022, che era già stato un buon anno per i guadagni del settore. Ma non tutto è oro quel che luccica quando si parla di banche. Eros Lanzoni, Segretario Cisl Milano con delega al lavoro, fa il punto sullo stato del sistema bancario milanese e italiano con Affari Italiani. L'intervista.

Dottor Lanzoni, che momento sta vivendo il sistema bancario?
Ci sono due aspetti da tenere in considerazione. La normale attività di gestione va assolutamente bene. I profitti sono altissimi, c’è ricambio generazionale e non è stato lasciato a piedi nessuno. Si è anche in fase di arrivo del rinnovo del contratto. Il settore bancario è trainante: deve dare un segnale in termini di adeguamenti e partecipazione. Se non diamo esempio il paese frena.

Non solo luci, ci sono anche ombre che si addensano sulle banche?
Dal punto di vista della politica generale del settore, sì. Per anni le BCC si sono riorganizzate con la legge di passaggio alle Spa e le grosse banche avevano fatto fusioni. Tutto questo si è fermato. Le banche medio-piccole, BPM e BPER, necessitano di una sistemazione. Così come Montepaschi, che resta sotto controllo statale e tutela. Prima o poi qualcosa deve succedere.

Come si può risolvere l’annosa questione Mps?
Con una fusione con qualche altro competitor. Tutti sono interessati. Se avvenisse la fusione con Banco BPM si creerebbe un terzo polo interessante, alternativo alle due grandi banche italiane. Fino ad ora vige la regola aurea: Intesa Sanpaolo fa la banca-stato, Unicredit quella internazionale. La mission voluta dalla governance bancaria e dallo Stato negli anni ha funzionato, ma ora ci sono le condizioni per creare un nuovo polo in grado di competere coi colossi stranieri. Staremo a vedere.

Nel complesso, possiamo dire che le banche stanno comunque vivendo un momento magico?
Sì, ma rimangono delle questioni sul tavolo. Ad esempio, il tema del servizio alla clientela col passaggio dalla filiale all’online. Non è riuscita in totale, come era normale aspettarsi nel nostro Paese, dove gli over 65 sono tantissimi. Ci sono poi il credito al consumo e le finanziarie che vanno tutelate dal sottobosco della finanza che non gira sotto il sistema del credito.

Cosa intende?
Parlo di tutta quella finanza che non gira sotto il sistema del credito. Una serie di aziende corporate che stanno sotto il contratto del commercio e sono fuori controllo. Penso a FCA Bank, Mercedes Financial Service nel mondo del motore. Ma vale anche per la questione della compravendita delle case. Fanno girare un volume enorme di soldi, ma non hanno l’abilitazione per fare banca.

Il sindacato è d’accordo con la tassazione degli extraprofitti delle banche?
Il concetto in sé di tassare gli extraprofitti non è sbagliato. Ma attenzione, il governo deve ricordarsi che le partecipate dei Comuni, delle Regioni e dello Stato generano anche esse enormi extraprofitti. Non bisogna guardare solo in una direzione. Bisogna pensare al concetto della redistribuzione. Come ad esempio fa Ferrari, che dà 4mila euro di premio aziendale in busta paga ai suoi operai che hanno contribuito agli utili dell’azienda.

Come sta andando la settimana lavorativa corta di 4 giorni in Intesa?
Sta andando benissimo, ha avuto più di 60mila adesioni. Certo, ci sarebbe piaciuto un maggior coinvolgimento delle rappresentanze sindacali. Rimane un modello vincente, che non si fossilizza sullo smart-working perenne che slega dalla realtà o sul vecchio obbligo di presenza.

Milano è la capitale bancaria italiana?
Assolutamente sì, rimane la piazza finanziaria d’Italia. La città più ricca del Paese con un reddito medio pro-capite lordo alto. Basti pensare che in territorio milanese operano oltre 170 banche, di cui 49 non italiane. La finanza milanese da sola vale quasi un terzo del complessivo italiano, parliamo di oltre 160 miliardi.








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