A- A+
Milano
Lo strano caso di Jelmoni. Il manager e l'hard disk scomparso

Lo strano caso di Jelmoni. Il manager e l'hard disk scomparso

Dove è finito quell'hard disk? Pare che ruoti in buona parte (ma non solo) intorno a questa domanda il processo - che oggi avrà probabilmente conclusione - a carico di Alessandro Jelmoni, 53 anni, finito sotto accusa nel 2012 per riciclaggio (oggi non più contestatogli) e frode fiscale. Il primo grado arriverà oggi, ma non metterà fine alle polemiche: in 134 pagine di memoria difensiva (oltre a circa 1.500 pagine di allegati) il manager ha messo nero su bianco la propria difesa sul merito delle contestazioni e sottolineato anomalie e carenze di un'indagine "a senso unico", che ha portato l'accusa a produrre in dibattimento solo ciò che dava sostegno al teorema accusatorio.

Storia complicata. Ma che ruota, come si diceva, attorno a un hard disk. La procura non avrebbe infatti messo a disposizione delle parti la documentazione societaria originale sequestrata per rogatoria, ma piuttosto una "copia parziale e di non accertata provenienza", che la procura avrebbe fatto realizzare a Deloitte Lussemburgo; su questa copia è stato costruito tutto l’impianto accusatorio. Nella memoria, depositata in udienza la settimana scorsa, Jelmoni, per anni consulente della famiglia e dell'azienda Giacomini, leader nel settore degli impianti termosanitari, ha descritto minuziosamente le modalità d'acquisizione della documentazione societaria sequestrata, stranamente lasciata a Lussemburgo, mentre la copia della stessa avrebbe dovuto essere contenuta da due supporti informatici, mai messi a disposizione della difesa e "sostituiti" con altri "di provenienza e genesi sconosciute". Secondo l'imputato quanto è stato acquisito al dibattimento non corrisponde affatto a ciò che gli inquirenti hanno verbalizzato e testimoniato di aver ricevuto da Deloitte Lussemburgo; tali coincidenti ma inconsistenti testimonianze, sconfessate dalle evidenze dibattimentali, rappresentano un'altra profonda anomalia, secondo l'imputato, che ha chiesto anche una consulenza tecnica informatica.

Così, come a volte accade in Italia (anzi, piuttosto spesso), da un processo ne scaturiscono due, quasi per germinazione spontanea. Jelmoni ha presentato un esposto per le anomalie riscontate. Certo è che le accuse sono pesanti: Alessandro Jelmoni è accusato di aver organizzato e coordinato un’associazione per delinquere finalizzata a riciclaggio, emissione di false fatture, trasferimento fraudolento di valori; inizialmente risultavano indagati anche altri soggetti, tra i quali Banca Intesa e Andrea Zoppini (consulente dei Giacomini e già sottosegretario del Governo Monti) poi usciti dall'indagine.

Secondo la procura le società riconducibili a Jelmoni erano scatole vuote, di cui l’imputato si sarebbe servito per traghettare denaro illecito all’estero frodando il fisco. Al contrario, la difesa rivendica che quelle società erano operative e che l'operatività è riscontrata anche dalle relazioni del consulente tecnico del pm. Comunque, le prove su cui la procura ha costruito le proprie accuse, sostiene Jelmoni, sarebbero affette da una "patologia genetica": "Ci è stata fornita solamente una parte della copia informatica della documentazione, che la procura avrebbe fatto fare a Deloitte Lussemburgo senza alcuna garanzia di completezza e fedeltà all’originale" rivendica Jelmoni; "...fatto ancor più stupefacente, tale copia, formata da decine di migliaia di pagine, non ha generato alcuna spesa di giustizia. Nel contempo, però, Deloitte Lussemburgo ha prelevato dai conti di una delle società poste sotto sequestro preventivo una somma superiore ad oltre mezzo milione di euro. Curiosamente - sostiene l'imputato - l'amministratore giudiziario a cui detta società era affidata non ha mai menzionato un fatto tanto eclatante, in un qualunque documento lo stesso abbia prodotto". Una accusa molto pesante, tutta da provare. Come è pesante l'accusa della sparizione di un altro hard disk, che avrebbe dovuto contenere una parte importante della copia della documentazione sequestrata, poiché, oltre a non essere mai stato rinvenuto, afferma Jelmoni, "della consegna dell’hard disk di cui parla il consulente del pm non vi è traccia in alcun documento, non vi è alcun verbale che lo menzioni e che ne abbia descritto le caratteristiche al fine di poterlo individuare, tantomeno un verbale di consegna da parte di Deloitte", ha spiegato Jelmoni ai giudici.

Commenti
    Tags:
    giustizia







    Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

    © 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

    Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

    Contatti

    Cookie Policy Privacy Policy

    Cambia il consenso

    Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.