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Milano, focolaio all'Istituto dei Tumori: 6 pazienti positivi

Milano, focolaio all'Istituto dei Tumori: 6 pazienti positivi

Focolaio di 6 pazienti positivi in un reparto dell'Istituto nazionale Tumori di Milano. I casi sono stati segnalati all'Adnkronos Salute da alcuni utenti e l'ospedale ne conferma la presenza puntualizzando di aver "riscontrato casi singoli di pazienti ricoverati presso lo stesso reparto, la Struttura complessa di Urologia. I pazienti, ricostruisce l'Irccs di via Venezian, interpellato sulle circostanze in cui è verificato il focolaio, erano risultati "tutti negativi al loro ingresso nella struttura ospedaliera, avvenuto tra il 3 e il 22 febbraio scorsi. Successivamente al ricovero, uno di questi pazienti - continua l'ospedale - ha riferito di essere entrato in contatto nei giorni precedenti con una persona poi rivelatasi positiva al tampone per Covid". A seguito di questo, spiegano dall'Istituto, sono stati quindi "effettuati i tamponi sui contatti e sono risultati altri 5 positivi". "Per i pazienti Covid-positivi è stato definito per alcuni il trasferimento in altri ospedali che hanno dato disponibilità di posti letto in aree Covid, mentre altri sono stati dimessi con segnalazione ad Ats. Per procedura, al fine di permettere l'esecuzione della sanificazione del reparto", operazione avvenuta venerdì a quanto si apprende, "tutti gli altri pazienti sono stati trasferiti e isolati in stanze singole in altre due aree all'uopo destinate", dichiara l'Int. Le organizzazioni sindacali, contattate in merito al focolaio, spiegano di aver immediatamente chiesto chiarimenti in merito all'accaduto.

Sono stati sia l'Rls, (responsabile della sicurezza) Pasquale Brunacci, insieme ai componenti Sgb (Sindacato generale di base) della Rsu, a firmare la comunicazione indirizzata al direttore generale Stefano Manfredi e alla direttrice sanitaria Aida Andreassi, da circa un mese approdata all'Int. Prima era in assessorato regionale al Welfare e il suo nome figura fra quello dei dirigenti indagati nell'ambito dell'inchiesta in corso a Bergamo per chiarire le dinamiche che portarono alla chiusura e riapertura dell'ospedale di Alzano e alla mancata zona rossa per l'area nelle prime settimane dell'emergenza Covid. In relazione ai casi rilevati fra i pazienti dell'Urologia, i rappresentanti sindacali chiedono a Manfredi e Andreassi "informazioni e dati dettagliati relativamente ai contagi da Covid all'interno dell'Istituto al fine di verificare se sussistono uno stato di pericolosità sia per i lavoratori che per gli eventuali utenti della struttura" e chiedono anche "quali iniziative siano state assunte effettivamente e quali provvedimenti siano stati adottati per fronte alla situazione".

A preoccupare il sindacato che ha richiesto i chiarimenti è in particolare un aspetto: "Abbiamo verificato che in quei giorni 4 stanze in cui dovevano esserci al massimo due pazienti ne ospitavano 4 - sostengono i rappresentanti - Queste stanze non hanno il bagno all'interno, e quindi costringono i pazienti a ricorrere all'unico servizio igienico che si trova nel corridoio. Vogliamo essere anche certi che tutte le aree frequentate dai pazienti poi risultati positivi siano state effettivamente prese in considerazione perché a noi risulta che i malati in questione siano stati in sala operatoria. A nostro avviso non sono state pienamente rispettate le regole anti contagio e richiediamo un approfondimento al riguardo, anche perché nell'ultimo periodo ci sembra sia stata abbassata un po' la guardia". Dal canto suo l'Istituto puntualizza, in primo luogo che "non sono emersi casi nel personale, che è stato sottoposto a vaccinazione". Quanto alle precauzioni, l'Irccs sottolinea di aver "attivato fin dall'inizio della pandemia una serie di misure per la prevenzione della diffusione del virus all'interno dell'ospedale con l'obiettivo di garantire alle persone l'accesso e la permanenza in sicurezza. Visitatori e dipendenti sono tenuti a rispettare alcune regole quali il passaggio obbligato dalla zona-filtro, rilevazione della temperatura corporea attraverso termometro a infrarossi, sostituzione della mascherina con una nuova sterile e lavaggio delle mani con soluzione idroalcolica. Inoltre, i dipendenti a contatto coi pazienti adottano scrupolosamente tutti i dispositivi di protezione individuale e vengono sottoposti a uno screening regolare nell'ambito di un Programma di sorveglianza sanitaria che prevede l'esecuzione di tamponi ogni 15-20 giorni e che consente di identificare anche operatori che dovessero essere positivi asintomatici". 

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