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Monet a Giverny: l'ultima battaglia del pittore della luce

Monet a Giverny: l'ultima battaglia del pittore della luce

Ancora pochi giorni per visitare la mostra su Monet al Palazzo Reale di Milano. Una selezione di oltre 50 opere provenienti dal  Musée Marmottan Monet di Parigi, istituzione che vanta tra le sue tele anche la fondamentale "Impression, soleil levant", realizzata dal maestro francese nel 1872 e che costituisce il manifesto stesso della pittura impressionista. L'esposizione milanese è particolarmente generosa nel testimoniare la tarda produzione  di Claude Monet, opere realizzate ormai cinquanta anni dopo "Impression", da un artista longevo e prolifico ed i cui risultati più maturi evocano forti suggestioni. Come noto, Monet negli ultimi anni della sua vita si ritira nella sua casa di Giverny, protetta e circondata dal magnifico giardino acquatico da lui fatto realizzare.

L'ultimo Monet: opere rivoluzionarie

Qui concepisce l'ambiziosissimo progetto delle “Grandi decorazioni”, pionieristica intuizione di pittura esperienziale ed immersiva a trecentosessanta gradi, ma anche le serie dei “Ponti giapponesi”, dei “Viali delle rose”, dei “Salici piangenti”, e nuove rappresentazioni delle amate ninfee. Soggetti che divengono l'arena per la sua ultima e forse più drammatica battaglia. Se già nel 1883 Alfred de Lostalot descriveva Monet come un artista impegnato in una "lotta con il sole", dal 1912 Monet deve contrastare l'incedere della cecità. La nemesi più beffarda per il pittore della luce, l'uomo dall'occhio formidabile che sapeva cogliere e tradurre su tela ogni minima variazione di intensità e di tonalità che si ponevano davanti a lui.

Proprio quello strumento prodigioso è affetto dal 1912 da cataratta, patologia che altera la sua percezione del colore e rende arduo riconoscere le sfumature. La lotta dura oltre dieci anni, con una operazione chirurgica nel 1922 che da un lato porta benefici, ma dall'altro si traduce in una eccessiva e altrettanto invalidante sensibilità alla luce. Monet risponde a queste sfide in modo spettacolarmente radicale. Riorganizza il suo metodo di stesura dei colori per adattarlo alle sue ridotte capacità e crea opere dalle pennellate turbinose, caratterizzate da una accentuata espressività e da una gestualità a tratti furiosa. Il soggetto di fatto svanisce in una lussureggiante orgia di colori. Dipinti che per decenni avrebbero sconcertato la critica. Ma che a posteriori non sarebbe più stato possibile liquidare come semplice manifestazione del crepuscolo di un dio, quando venticinque anni dopo sulla scena avrebbe fatto irruzione l'action painting di Jackson Pollock, il cui espressionismo astratto presenta sorprendenti affinità con l'ultimo Monet.

Oltre che una testimonianza della devozione quasi commovente del Maestro francese verso la pittura, le ultime opere di Monet sono un efficace richiamo ad una verità che spesso rimane sullo sfondo quando si racconta il percorso di personalità e movimenti che hanno segnato la storia dell'arte. Ovvero che l'indirizzo di tali percorsi è spesso - se non sempre - determinato da fattori esterni, che non hanno la loro origine internamente alla dimensione artistica. L'azione dell'artista non è quasi mai il riflesso di un moto interiore che fiorisce da sé, di un pensiero estetico astratto e decontestualizzato. E' piuttosto  una risposta a ben specifiche circostanze e a stimoli che sono al di fuori  rispetto alla pratica artistica. Naturalmente, la qualità di tale risposta rivela la qualità dell'artista stesso.

L'impressionismo al crocevia di grandi cambiamenti della società e della tecnologia

Se nel caso della vecchiaia di Monet l'input perchè si generi  nuova pittura è dunque fornito dalla sua cecità, altri esempi di tali dinamiche ci sono offerti visitando le sale di Palazzo Reale. Considerazioni su aspetti che possono apparire secondari, ma che sono di contro realmente determinanti. Il qui e ora in cui Monet e gli altri elaborano il linguaggio impressionista è reso ad esempio possibile da alcune circostanze che si manifestano in quegli anni. Ne menzioniamo due. La  prima: la diffusione della rete ferroviaria consente di raggiungere con maggiore facilità località altrimenti remote e di ampliare notevolmente lo spettro di soggetti e stimoli di cui l'artista si può nutrire. Così è ad esempio per la stazione balneare di Trouville, dove Monet si rende interprete del nuovo genere delle scene di spiaggia, apprezzato dai collezionisti. Ma anche Argenteuil o Londra sono luoghi ora più vicini. Gli esiti della frequentazione di tali località trovano eloquente testimonianza in alcune delle tele esposte a Milano.

In concomitanza con il progresso della tecnica applicata ai mezzi di trasporto, un'altra evoluzione tecnologica va a determinare fortemente l'attività di Monet: l'invenzione e diffusione del tubetto di colore, che rimpiazza rapidamente le vesciche di animale usate sino ad allora. Un dettaglio, ma decisivo: il tubetto è estremamente più pratico, maneggevole e trasportabile. Il suo utilizzo, assieme alla diffusione di nuovi pigmenti chimici, contribuisce enormemente al successo della pratica della pittura en plein air, che diviene un vero e proprio stile di vita. Possibilità materiale di viaggiare verso nuove località con stimolanti caratteristiche di luce e  possibilità tecnica  di sviluppare sul posto un'opera che catturi rapidamente e con immediatezza le sensazioni prodotte da tale paesaggio: è proprio al crocevia di questi due fattori che ci è dato di cogliere il nucleo fondante da cui potrà scaturire la proposta impressionista. Affinchè essa si manifesti poi compiutamente, serve naturalmente un elemento che non è possibile fabbricare o procurarsi altrove, se non  nel genio di un Monet.

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