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Milano
'Ndrangheta: frodi, 3 anni e mezzo per estorsione a ultra' Inter

'Ndrangheta: frodi, 3 anni e mezzo per estorsione a ultra' Inter

Un sistema di 'frodi carosello' che aveva come fine ultimo quello di finanziare le famiglie di 'Ndrangheta. E che aveva dietro, usura, estorsione e le intimidazioni tipiche del metodo mafioso. I soldi da coloro che si indebitavano venivano pretesi anche da Domenico Bosa, conosciuto negli ambienti di estrema destra come 'Mimmo Hammer': un ultra' dell'Inter, considerato vicino alla galassia neonazi. Il membro degli 'Irriducibili' vicino a Lealta' Azione e' stato condannato oggi dal gip di Milano, Guido Salvini, a 3 anni e mezzo (e 4.500 euro di multa) per tentata estorsione con modalita' mafiose, nel processo con rito abbreviato che corre parallelo a quello ordinario sul sistema di frodi telematiche. Al centro della maxi-inchiesta, coordinata dai pm Sara Ombra e Gianluca Prisco, c'e' Alessandro Magnozzi, ideatore del metodo con le societa' cartiere, notoriamente legato ai clan calabresi. Una frode tramite la vendita di traffico telematico a cui seguiva l'evasione fiscale, da oltre 160 milioni. Vittima delle estorsioni un altro degli imputati Maurizio Varesi.

Da amministratore di una delle societa' fittize, riceveva da Magnozzi pesanti richieste di denaro, fino a 80 mila euro. Ad un incontro nel marzo 2018 per ricevere il denaro, Magnozzi si presenta con il siciliano Bosa, nei confronti del quale la vittima aveva anche un debito pregresso. Al telefono anticipa a quale pericolo sarebbe andato incontro se non si fosse fatto trovare: "Come vedi se devo cercarti ti trovo tranquillamente - si legge nella prima ordinanza a firma del gip Livio Cristofano - non ho problemi...se ti dobbiamo sparare non ho problemi a farti sparare, io pero' non voglio ragionare cosi', voglio solo che sistemiamo le nostre coseva bene, ma tanto noi lavoriamo praticamente con tutte le famiglie mafiose, siamo tutti amici, basta che tu dici le cose come sono e un accomodamento lo troviamo". La presenza di 'Mimmo Hammer' e' resa ancora piu' pericolosa perche' - scrive il giudice - era nota la sua vicinanza "alla famiglia dei Pompeo di Bruzzano". E infatti i metodi usati nelle richieste di denaro sono del tutto simili a quelli dei clan: "Non ti picchio qua solo per rispetto di Alessandro, comunque io voglio tutti i miei soldi", si rivolge Bosa alla vittima fuori dal bar. Il legame con la mafia di origine calabrese aveva provocato a Bosa gia' problemi in passato - si legge - costringendolo ad allontanarsi da casa per un anno e mezzo nel 2008, dopo alcuni affari andati male. Ma la contiguita' con i clan e' riemersa qualche anno dopo grazie al rapporto con Magnozzi, considerato interno alla famiglia Bruzzaniti, collegata ai Morabito.

Il nome di Bosa e' spuntato inoltre in un'inchiesta del 2013 (in cui non e' stato indagato) su un traffico di droga sull'asse Montenegro-Italia tra l'ex militare jugoslavo Milutin Tiodorovic e il clan del boss milanese Pepe' Flachi. Per il processo per la maxi frode fiscale e telematica, da cui nasce il filone contro Bosa, hanno ricevuto misure cautelari in carcere 12 persone e ai domiciliari 6. Nell'udienza di oggi davanti al gip Guido Salvini, sono stati condannati anche Davide Marzulli (3 anni e mezzo); Giovanni Garoscio (4 anni) e Salvatore Bonaffini (2 anni e 2 mesi). I reati sono sempre accomunati dall'aggravante del metodo mafioso.

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