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Milano
Pd, Gori non molla (anzi). Sala invece torna a Milano
Beppe Sala e Giorgio Gori

di Fabio Massa

Destini diversi, quello di Giorgio Gori e Beppe Sala. Il sindaco di Bergamo ha dovuto incassare una sconfitta cocente, per la quale anche i suoi detrattori a sinistra non possono imputargli la mancanza di generosità e coraggio. Tuttavia 20 punti sono tanti, e il risultato è indiscutibile. Rimangono delle questioni aperte, irrisolte dalla campagna: perché si è scelto di accorpare con le politiche e non con le amministrative, di fatto pensando solo al Lazio (dove peraltro Zingaretti ha vinto ma non ha convinto)? Ad oggi, secondo rumors, Giorgio Gori starebbe meditando sul suo futuro. Con una sicurezza, però. Non finisce qui il suo percorso politico. Ha Bergamo, ovviamente, dove è il primo cittadino. E ha la Regione, dove vuole continuare ad avere un ruolo anche per i destini dell'opposizione. Ma lo scenario più interessante per lui adesso è quello nazionale, dove si è aperto un grosso vuoto di potere. Maurizio Martina, ministro dell'Agricoltura con Renzi e Gentiloni, è reggente del Partito Democratico (ma solo fino al prossimo appuntamento, e non è scontato ancora che sarà lui il traghettatore fino al prossimo congresso). Giorgio Gori è una figura che ha dimostrato il suo coraggio, e anche se il risultato elettorale non l'ha premiato, perlomeno lui con le urne ci si è confrontato (a differenza di molti altri). Potrebbe essere uno dei "nuclei" intorno al quale i Dem si potrebbero o vorrebbero riaggregare, soprattutto nel Nord Italia.

Diverso destino quello di Beppe Sala. Ha avuto un iper-attivismo, con le polemiche con Lele Fiano, Matteo Renzi e altri. Ha detto abbondantemente la sua. Ha proposto un modello, quello di Milano, che ora la narrazione basata sui flussi di voto sta mettendo a rischio (non esiste un modello Milano, ma un modello Milano centro). Ha combattuto varie battaglie internazionali, a partire da quella di Ema. E di fatto tutti si aspettano da lui adesso un movimento che lo porti ad essere leader nazionale. Invece, secondo rumors raccolti da Affari, potrebbe decidere di ributtare giù la testa sull'amministrazione della città, che ha bisogno di rinnovare la sua spinta propulsiva. Il messaggio elettorale è chiaro, ma la soluzione - pensa il sindaco - non è nella politica nazionale ma in quella locale. Quindi, cambiamenti affinché le periferie abbiano la giusta attenzione e finalmente si avverino le promesse elettorali. Ci sono peraltro due "poli" di pensiero tra i suoi più stretti consiglieri. Il primo lo vorrebbe nell'orbita del Pd in modo più organico, anche se senza tessera, per fare in modo che si costruisca un percorso di leadership a sinistra. Il secondo, invece, continua a privilegiare il civismo (peraltro abbastanza mortificato dalle urne) e dunque l'espressione della propria idea al di fuori dei partiti, come battitore libero.

Ultima notarella da Palazzo Marino. Anzi, dagli ex di Palazzo Marino. C'è chi racconta una suggestione: sia mai che Mattarella per qualche incarico prestigioso, anche di primo livello, magari per un eventuale governo che non veda l'asse ormai abbastanza definito tra Movimento 5 Stelle e Lega, possa ripescare Giuliano Pisapia. Dicono che lui, in fondo in fondo, in una chiamata ci speri. Ma che le speranze sono al lumicino.

fabio.massa@affaritaliani.it

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