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Po (e Adriatico) inquinato, la ricetta di Legambiente: "Ridurre gli allevamenti lombardi"

Po (e Adriatico) inquinato, la ricetta di Legambiente: "Ridurre gli allevamenti lombardi"

Per salvare le acque del Po e dell'alto Adriatico, le aziende agricole lombarde dovrebbero ridurre significativamente il numero di bovini e suini allevati. E' l'analisi presentata dal presidente di Legambiente Lombardia Barbara Meggetto sulla scia dei più recenti dati Istat. L'allevamento intensivo delle aziende del nord Italia resta la prima fonte di inquinamento da fosforo e azoto, per l'uso eccessivo di fertilizzanti minerali e le enormi quantità di liquami zootecnici sversate nei campi. Che finiscono nel Po e quindi in mare, dove finisce quasi il 90% di tutti i nutrienti generati nel bacino.

Legambiente: "Ridurre il numero di bovini e suini in Lombardia"

 "Ridurre il numero di animali, in particolare bovini e suini nel Nord Italia e soprattutto in Lombardia, a partire da quelle province, come Brescia, Mantova, Cremona, Lodi, ma anche Reggio Emilia e Modena, in cui il numero di capi eccede fortemente la capacità del territorio, è la strada maestra per una agricoltura più sostenibile e meno inquinante", sono le parole di Meggetto, come riferito dall'agenzia Dire.

I numeri dell'inquinamento da allevamento nel nord Italia

E' al nord che viene utilizzato il 62% dell'azoto fertilizzante ed il 58% del fosforo. Con Lombardia ed Emilia-Romagna che  da sole totalizzano un impiego di 225mila tonnellate di azoto minerale. Ed anche la gran parte dell'allevamento intensivo in Italia si concentra nelle regioni del Nord, in stalle che ospitano oltre 4 milioni di bovini (il 67% del dato nazionale) e 8 milioni di suini (il 90% della porcilaia nazionale), "determinando una produzione di molte decine di milioni di tonnellate di liquami e letami che, spante nei campi, lentamente rilasciano il loro carico di azoto e fosforo".

Nel solo bacino idrografico del Po tuttavia, a fronte di 700mila tonnellate di azoto complessivamente distribuite nei campi, le piante possono utilizzarne meno della metà. Ne consegue una perdita di azoto di ben 350mila tonnellate. Di queste, secondo un recente studio dell'Autorità Distrettuale del Bacino del Po e delle Università di Ferrara, Parma e Torino, 251mila tonnellate finiscono ogni anno nei fiumi e nelle falde e da qui, presto o tardi, nell'alto Adriatico. Il resto volatilizza, in forma di gas, ammoniaca e protossido d'azoto, che causano inquinamento atmosferico ed effetto serra.

 


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