Smart working, Scalco (Fillea Cgil): sondaggio, valido strumento per tutti - Affaritaliani.it

Milano

Smart working, Scalco (Fillea Cgil): sondaggio, valido strumento per tutti

Secondo la segretaria Fillea Cgil della Lombardia, Tiziana Scalco: "Lo smart working non è uno strumento per le donne che lavorano, ma per tutti"

Smart working, Scalco (Fillea Cgil): sondaggio, valido strumento per tutti

IMPRESE-LAVORO.COM - Milano – La discussione sul lavoro all’epoca del Covid 19 si anima. “Prima della crisi sanitaria, in Italia, lavoravano da remoto (smart working) 500mila persone, ora sono 8 milioni”, spiega Tiziana Scalco segretaria Fillea Cgil della Lombardia. “Lo smart working è ancora poco utilizzato in Italia, ma molto in Europa ed è un potente strumento di welfare, che, se ben gestito e regolarizzato, può essere una delle principali vie per affrontare le grandi trasformazioni economiche che dovranno inevitabilmente adottare un cambiamento radicale sul piano del rispetto dell’ambiente e dei diritti delle persone. Occorre uno sguardo differente da parte degli imprenditori, per esempio, il superamento del principio del controllo degli orari. Dovranno guardare agli obiettivi aziendali attraverso il coinvolgimento dei propri dipendenti, valorizzando i talenti e la partecipazione, le idee e il coraggio, se vogliono restare sui mercati mondiali, dove ormai tutto si misura su innovazione e qualità. I risultati non sono garantiti da un cartellino da timbrare, ma dai risultati. Maggiore è il coinvolgimento dei lavoratori sul piano del raggiungimento degli obiettivi, valorizzando competenze e talento, migliore è il risultato aziendale e il clima dentro il quale si possono esprimere i lavoratori, nel rispetto dei diritti sindacali e della salute e sicurezza”. Per approfondire il tema smart working, la Cgil con l’associazione Polis hanno realizzato un sondaggio nell’area del legnanese per “leggere” la crisi del lavoro al tempo del Covid-19.

“Il progetto di ricerca – spiega Alberto Garbarino, che ha guidato il gruppo di ricerca di Polis – è nato in piena emergenza sanitaria, con l’intento di cogliere, attraverso l’ascolto diretto delle persone, i segni della percezione della crisi economica che si stava profilando e la conseguente trasformazione del mondo del lavoro, tracciando ipotesi sulle prospettive future nella nostra realtà locale”. Aggiunge: “Sono state realizzate 101 interviste aperte, su un campione bilanciato di cittadini del nostro territorio, allo scopo di dare voce alle diverse categorie di lavoratori e garantire equilibrio di genere e di età”. L’emergenza sanitaria ha portato alla luce la voce di chi soffre e teme un accentuarsi delle diseguaglianze: si è tornato a parlare di rispetto per il lavoro (anche, e soprattutto, per quello marginale e più umile), di tutela dei diritti, di condanna alla precarietà, di sicurezza, protezione e garanzie, di lotta allo sfruttamento, di emersione del lavoro sommerso, di benessere e diritti dei lavoratori. Quasi un gesto di rivalsa collettiva, dopo anni d’individualismo esasperato. I corpi intermedi sembrano riprendere voce e ruolo. Per rispondere alle difficoltà del lavoro non basta più il solo mercato: si cerca la mano rassicurante dello Stato, dei sindacati, delle amministrazioni locali, del governo, della “buona politica”. La scoperta dello smart working Il bisogno latente di bilanciamento tra tempo-lavoro e tempo-privato, tra professione e famiglia, con il lavoro a distanza ha preso improvvisamente forma. “Occorre mettere in primo piano anche il tema di genere – insiste Scalco - lo smart working non è uno strumento per le donne che lavorano, ma per tutti. La conciliazione dei tempi di vita e di lavoro è un tema trasversale, non di genere. Uno dei problemi che abbiamo registrato nella recente esperienza di lockdown è stato il maggior carico di cura che le donne hanno dovuto affrontare. Questo è sicuramente uno dei maggiori rischi, insieme a quello dell’isolamento sociale. Entrambi però si possono superare attraverso politiche aziendali e territoriali che guardino allo strumento con equità, formando e scegliendo il personale in base ai progetti e alla professionalità, salvaguardando il rischio della discriminazione di genere. E’ un salto culturale importante e, anche se non vedo ancora un classe imprenditoriale preparata a fare questo salto di qualità, penso che, dopo questa terribile esperienza dell’emergenza sanitaria, sarà difficile tornare indietro. Molti servizi sono stati assicurati grazie al lavoro da remoto, in particolare nella Pubblica Amministrazione e questo non può passare inosservato. Il Covid 19 si dice che ci impegnerà in un cambiamento globale, è una sfida che mi auguro possa essere giocata e vinta anche nel nostro Paese, rimettendo al centro il Lavoro nella sua accezione più nobile, lasciando al passato le scorciatoie della precarietà e della illegalità”, conclude la sindacalista.








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