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Milano
Stato di emergenza ha bisogno del Parlamento, non solo dei decreti del Premier
(fonte Lapresse)

Stato di emergenza ha bisogno del Parlamento, non solo dei decreti del Premier

Sta diventando un angosciante appuntamento fisso: quello con la conferenza stampa in cui il Presidente del Consiglio annuncia nuove misure restrittive delle nostre libertà fondamentali per arginare il dilagare del Coronavirus. Ma fino a che punto potranno spingersi le limitazioni dei nostri diritti? Io credo che il Governo sia andato un po’ troppo oltre, senza coinvolgere il Parlamento. Chiariamoci subito, per evitare fraintendimenti; per me le misure precauzionali sono necessarie – per quanto mi pesino - e dovranno durare fino a quando gli epidemiologi non avranno stabilito che potremo ricominciare la nostra vita senza esporre noi e gli altri a rischi. E se saranno necessarie misure più rigorose – come purtroppo credo - le accetterò di buon grado, perché non è davvero il momento di scherzare. Ma il punto è un altro: a mio giudizio la Costituzione non consente al Presidente del Consiglio, e più in generale al Governo, l’adozione di misure straordinariamente restrittive di diritti fondamentali - come il diritto al lavoro, la libertà personale e la libertà di circolazione - al di fuori di casi eccezionali e all’interno di precisi limiti, anche temporali, ai propri poteri.

Qualcuno potrebbe storcere il naso, pensando che il fine giustifica i mezzi, soprattutto nel momento clou della guerra contro il virus: ebbene, proprio perché anche io sono convinto che siamo in guerra, credo che solo il Parlamento possa dare al Governo la legittimazione per limitare le nostre libertà in vista della vittoria. Non a caso, l’articolo 78 della Costituzione espressamente stabilisce che sono le due camere del Parlamento a deliberare lo stato di guerra e a conferire al Governo i poteri necessari. Non è il momento delle polemiche, come si è giustamente detto, ma quello di marciare uniti per sconfiggere la malattia: ma proprio perché io sono convinto che la supereremo, bisogna anche evitare di creare pericolosi precedenti. E soprattutto non si deve continuare a produrre una sequela di leggi e regolamenti - dal 22 febbraio sono stati emanati quattro decreti leggi e sette decreti del Presidente del Consiglio dei ministri! – che disorientano tutti noi, e che hanno reso necessari, per interpretarli, numerosi protocolli e circolari da parte di ogni genere di istituzione e organismo di categoria. In ambito giudiziario – ad esempio - sono stati emessi, a distanza di pochi giorni, due decreti legge volti a disciplinare la sospensione delle attività giudiziarie, e soprattutto dei termini processuali, che hanno creato un comprensibile panico collettivo nel mondo dell’avvocatura, dato che non consentono chiaramente di prevederne l’applicazione. E ogni volta che un avvocato si fa scadere un termine, il cittadino perde un diritto.

Ma quale può essere l’apporto del Parlamento, arrivati a questo punto? Molto più utile e concreto di quello che sostengono i detrattori della democrazia rappresentativa: come prima cosa può adottare un’unica legge di conversione dei numerosi decreti leggi sino a oggi emanati dal Governo, rendendo chiare tutte quelle disposizioni, emanate sull’onda dell’emozione e dell’emergenza, che hanno creato le incertezze interpretative da più parti denunciate e che si trascineranno ben oltre la fine dell’epidemia. Ma, soprattutto, può emanare un’organica – e chiara - legge che disciplini l’emergenza in modo sistematico, conferendo al Governo i poteri straordinari necessari per sconfiggere il virus, gli dia indicazioni precise anche sulla gestione delle risorse economiche sopravvenute - diversi miliardi di euro da distribuire, a mio giudizio, avendo ben chiare le esigenze delle regioni più colpite - e legittimi le limitazioni alle libertà personali che saranno necessarie: nella consapevolezza che il virus potrà essere sconfitto solo con una battaglia di diverse settimane – come ha detto il direttore generale dell’Ospedale Sacco di Milano, Prof. Galli, l’orizzonte minimo per capire l’evoluzione della situazione è Pasqua - e non di dieci giorni, e che il susseguirsi di provvedimenti restrittivi a pochi giorni uno dall’altro non serve a nessuno, ma può dare l’impressione di una certa improvvisazione. Senza contare che fiacca il morale e impedisce la pianificazione: che – soprattutto in ambito economico – è una medicina indispensabile.

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