Palermo, 14 gen. (Adnkronos) - "Non può di certo sostenersi che l'omessa proroga dei 336 decreti applicativi di 41 bis in scadenza a novembre 1993 sia stato l'effetto della cd. trattativa". E' quanto scrivono i giudici della Corte d'applello di Palermo nelle motivazioni della sentenza di assoluzione per Calogero Mannino, "giacché posta in essere dal Ministro personalmente, non imputato del reato" di minaccia a corpo politico dello Stato. Inoltre per i giudici il "vantaggio" per Cosa nostra "sarebbe stato modesto, a fronte delle cosidette 'stragi in continente', a ben vedere protrattesi anche dopo la mancata rinnovazione dì quei decreti e, dunque, illogicamente - quanto meno secondo la tesi della 'trattativa' - oltre e, soprattutto, nonostante l'asserito segno di distensione". "Invero, dei 336 decreti in scadenza, il regime del carcere duro non è stato rinnovato soltanto per diciotto detenuti appartenenti 'a cosa nostra' (a sette dei quali è stato, peraltro, nel giro di poco tempo, nuovamente riapplicato); per nove detenuti appartenenti all' 'ndrangheta'; per cinque detenuti appartenenti alla 'sacra corona unita'; per dieci detenuti appartenenti alla 'camorra' - dicono i giudici nella sentenza - Dunque gli aderenti a 'cosa nostra' contenuti in quell'elenco erano pari a meno del 5,5% dì tutti i detenuti con decreto in scadenza e, ciò nonostante, all'epoca, né dalla Procura dì Paliermo, all'uopo interpellata, né dalla D.I.A., né dalla D.N.A., né dalle altre forze di polizia richieste di parere, era stato evidenziato uno spessore criminale di particolare rilievo di taluno di loro".
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