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Politica
Fedez, il M5s con i vertici Rai: “Attacco dei partiti ipocrita e bugiardo"
Primo Di Nicola Fedez  
IPA

Il polverone suscitato dal caso Fedez in occasione della ricorrenza del primo maggio ha riacceso i riflettori sulla questione irrisolta della governance Rai e sul nodo delle ingerenze della politica sul servizio pubblico radiotelevisivo. Una polemica che, tra l’altro, finisce con l’incrociare sul piano della tempistica anche l’imminente rinnovo del Consiglio di amministrazione di viale Mazzini. Quanto tale vicenda peserà sulla scelta dei nuovi vertici? E, soprattutto, che chance reali ci sono che una riforma vada in porto in Parlamento? Affaritaliani.it ne ha parlato con il senatore del Movimento Cinque stelle e vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai, Primo Di Nicola. Intervistato dal nostro giornale, il decano del giornalismo italiano ha subito annunciato che “proprio in queste ore il Movimento tenterà di far incardinare il disegno di riforma nella competente Commissione di riferimento del Senato”. Di Nicola ha assicurato che la sua battaglia andrà avanti, ma non ha nascosto neppure un “personale scetticismo” sulla “possibilità che questi partiti rinuncino a servirsi della Rai”.

Il caso Fedez ha scoperchiato ancora una volta il vaso di Pandora sulla gestione Rai. Che partita si apre ora?
Il caso Fedez-Rai ripropone ancora una volta in maniera drammatica e urgente il tema della riforma della governance per dotare il servizio pubblico di un organo di gestione lontano e separato da ogni interferenza politica.

Il presidente della Camera Roberto Fico, che è stato anche presidente della commissione di vigilanza Rai nella scorsa legislatura, oggi sulle pagine di Repubblica, riconosce che di errori ne sono stati commessi da tutti i partiti, incluso il M5s. Avete abbandonato la vostra battaglia di riforma della governance?
A inizio legislatura il primo atto da parlamentare che ho compiuto è stato proprio depositare di nuovo in Senato il disegno di legge di Roberto Fico. La speranza era di avviare subito un confronto per la riforma della governance magari sul modello anglosassone, come proposi in un convegno organizzato circa tre anni fa in Senato con quasi tutto i rappresentanti dei partiti in commissione di Vigilanza Rai. Ci fu un grande consenso intorno a questo progetto, purtroppo poi l’iter parlamentare non è mai decollato proprio per la somma indifferenza mostrata da tutti intorno al nodo della gestione del servizio pubblico.

Ora che cosa si fa, in vista anche del cambio dei vertici Rai?
Intanto sul fronte della riforma Rai bisogna passare dalle parole ai fatti. Tutti si stanno stracciando le vesti ma è arrivato il momento in cui i partiti devono dimostrare nei fatti se vogliono rinunciare al privilegio di servirsi di una straordinaria macchina di consensi per fini di parte oppure restituire il servizio pubblico ai cittadini che da decenni pretendono un servizio pubblico radiotelevisivo all’altezza delle loro esigenze. Quanto al rinnovo del Consiglio d’amministrazione, ritengo che l’unico modo per uscirne bene sia non ripetere l’esperienza lottizzatrice del passato. Anche se, da quel che vedo, i segnali non sono incoraggianti perché il rischio di seguire le vecchie logiche è altissimo.

La nomina dei componenti del Cda Rai comunque è imminente. E non è escluso che Draghi decida di avocare a sè le scelte di competenza governativa in totale autonomia.
Mi auguro che tra le nomine di consiglieri spettanti al governo e quelle di competenze del Parlamento si riesca, in attesa della riforma, a scegliere tra le professionalità migliori che questo Paese è in grado di offrire perché gestire al meglio la Rai con le regole attuali è praticamente impossibile per chiunque. Inoltre, il gioco dei più ad accusare i manager del servizio pubblico è sconcertante visto che tutti provano a ingessarli con le loro più strampalate richieste, dalle nomine dei direttori di rete a quelle dei direttori dei telegiornali. Tanto che mi chiedo chi glielo faccia fare ad accettare questi incarichi.

Tornando alla riforma della governance, lei propende per il modello anglosassone, quindi?
Fondazione o consigli o organismi non importa. Ci si potrà confrontare in Parlamento, quello che è necessario è che questo organismo di gestione sia elettivo, effettivamente lontano dalla politica e per essa impenetrabile.

Lei definisce “sconcertante il gioco dei più ad accusare i manager del servizio pubblico”. Vuol dire che sulla vicenda Fedez non ha condiviso il tiro al bersaglio contro i vertici Rai?
L’attacco ai vertici da parte dei partiti o dei loro esponenti è bugiardo e ipocrita. Continuo a pensare che in un’azienda nella quale le forze politiche mirano e pretendono a rotazione, a seconda se siano al governo o all’opposizione, di lottizzare fino all’ultimo usciere, sia un autentico miracolo avere un servizio pubblico ancora in grado di reggere le sfide del mercato.

Cosa farà adesso il M5s? Crede che questa vicenda possa essere un nuovo input per accelerare la riforma o è pessimista al riguardo?
Il M5s anche in queste ore tenterà di far incardinare il disegno di riforma nella competente Commissione di riferimento del Senato. Con il livello di degrado raggiunto nella commistione rai-politica sono stupefatto dalla circostanza che si debba parlare dei cambiamenti da introdurre a viale Mazzini per un caso alimentato da un influencer. Arrivare a farsi dettare l’agenda da un uomo di spettacolo la dice lunga sul livello di avvilimento raggiunto dalla politica. Personalmente, continuerò tale battaglia anche se resto estremamente scettico sulla possibilità che questi partiti rinuncino a servirsi della Rai, la più grande industria culturale del Paese. Comunque, se proprio i partiti non ce la dovessero fare, spero scendano in campo i cittadini-utenti che hanno diritto a un servizio pubblico autenticamente ancorato ai valori dell’autonomia e del pluralismo.

Ammetterà però che pure il Movimento si è fatto risucchiare dalle logiche degli altri partiti. L’attuale Consiglio d’amministrazione della Rai è, infatti, frutto anche di indicazioni targate Cinque stelle.
Il tema della riforma non è mai stata una priorità dei partiti e dei governi di questa legislatura. Il M5s si è ritrovato, rispetto alla Rai, in un sistema di regole e di obblighi politici frutto dell’ultima riforma voluta dal leader del Pd di allora Matteo Renzi. La speranza era quella di fare nel frattempo questa riforma. A proporla l’abbiamo proposta. Anche se certamente si poteva fare meglio e di più.

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