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Alfredo Reichlin, pugliese Mixava politica e cultura

Cognome svizzero-tedesco, ma era nato a Barletta: Alfredo Reichlin è morto a 91 anni. Partigiano, dirigente del Pci, direttore dell'Unità, nonché figura di spicco della politica italiana. E' stato allievo di Palmiro Togliatti, quindi, dirigente storico del Pci, del Pds, per poi far parte anche del Pd.

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Da Segretario regionale del Pci in Puglia fu molto attento alla questione meridionale, alla quale dedicò anche alcune sue opere.Sposato in prime nozze con la militante comunista (espulsa nel 1969 per aver aderito al gruppo de Il manifesto) Luciana Castellina, ha avuto due figli: Lucrezia e Pietro, entrambi - come lui - economisti.

"Con Alfredo Reichlin scompare un protagonista della stagione in cui politica e cultura non erano elementi conflittuali, ma complementari, ha dichiarato il deputato pugliese Pino Pisicchio, "Scompare un comunista intelligente, un meridionalista, uno spirito critico cui dovremo guardare sempre con particolare sensibilità. La politica di oggi ha molte cose da imparare da uomini come lui".

“La scomparsa di Alfredo Reichlin è una notizia che mi addolora molto", afferma nel ricordarlo il presidente della Regione Puglia, michele Emiliano, "Era nato a Barletta, ma era andato via subito dalla Puglia, ma mantenne con la nostra regione un legame così forte che il PCI lo indicò come segretario regionale e fu anche consigliere comunale”.
 
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“Molto spesso - continua Emiliano in una nota diffusa -  soprattutto durante la  mia esperienza di Sindaco di Bari, mi è capitato di incontrarlo. Reichlin manteneva un’idea modernissima della questione meridionale, mai legata alla solita retorica del riequilibrio per il riequilibrio. Aveva invece compreso l’energia potente che il Mezzogiorno ha sempre messo a disposizione del Paese e che spesso l’Italia ha ignorato per incapacità di comprendere fino in fondo qual è il senso della nostra identità".
 
"Il Mezzogiorno - aggiunge Emiliano - rimane nelle sue conversazioni e indicazioni come una questione centrale dell’unità del Paese, evitando di rinchiudersi nel recinto della retorica banale e cercando di dimostrare concretamente quanto noi possiamo fare per il bene dell’Italia intera. Giungano alla sua famiglia il cordoglio e la vicinanza della Regione Puglia”.
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Alfredo Reichlin aveva presieduto la Commissione per la stesura del Manifesto dei Valori del Pd nel 2008, interagendo a lungo con lo storico Pietro Scoppola: "Il mondo è completamente cambiato, le vecchie strutture di appartenenza sono crollate, gli uomini sono soli ed esprimono nuovi bisogni sociali e individuali. Se non rispondiamo noi, ci penserà la chiesa cattolica".

Di Scoppola condivideva spesso l'analisi critica e dispiaciuta di un progressista e credente, cioè che il Pd gli appariva "Una creatura senz’anima", poiché l’unificazione fra ex Dc ed ex Pci era stata una “fusione a freddo”: "Io sono molto orgoglioso di essere stato comunista - ripeteva Reichlin - non sono un revisionista, ma sono convinto che quanto avviene nel mondo odierno è assolutamente nuovo, di importanza pari alla scoperta dell’America cinque secoli fa: il mondo non è più solo l’Occidente, le risorse si sono trasferite in grande misura dall’Europa al resto del mondo, sono cambiate le basi stesse su cui fu costruito il movimento operaio e le conquiste civili, la civiltà del lavoro. Agnelli era potente, ma Lama e i lavoratori lo inducevano a trattare, realizzando un compromesso sociale gigantesco, vale a dire il benessere, il welfare, i diritti. Tutto ciò è stato messo in discussione a partire da Thatcher e Reagan, sono entrati in scena miliardi di uomini che permettono a Marchionne di dire: se non vi stanno bene i miei modi, io vado altrove".

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Un'analisi lucidissima che lo portava a sottolineare: "Una regressione storica: invece di portare le masse lavoratrici delle altre aree planetarie ai livelli tendenziali dei lavoratori europei, assistiamo alla retrocessione dei nostri popoli. Sì, il capitalismo occidentale ha rotto il compromesso democratico con il mondo del lavoro, per fare liberamente profitti senza render conto a chicchessia. È questo il cambiamento storico in cui siamo immersi per cui salta fuori un papa come Francesco, lui lo dice: alle logiche finanziarie i poveri non interessano. Se la vita umana è semplicemente funzione dell’utilità, della competitività, e la misura di tutto è il denaro, il povero non è più la parte debole della società che lotta per emanciparsi; il capitale dice: i poveri vadano al diavolo, non m’interessano".

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Fino a ritrovarsi, alla fine delle riflessioni, di nuovo a fianco del suo amico storico: "Per affrontare la realtà di oggi occorre una visione nuova. Scoppola aveva ragione: si tratta di fondere il pensiero comunista con quello della rivoluzione cristiana: la classe è importante, ma anche l’individuo, come bene capì Bruno Trentin. L’uomo non è un mero consumatore, è una persona che inventa il mondo, lo crea, insomma la teoria di Amartya Sen", (l’economista indiano che critica il progressivo spostamento della scienza economica dai valori e dalle libertà alle utilità ndr).

"E in questo risiede la risposta ai banchieri", ribadiva Reichlin, facendo riaffiorare la vena economista: "Questa economia basata su una gamma di consumi finanziati in buona parte a debito non ha più margine. Così non rinascerà mai una nuova civiltà del lavoro. Il rilancio dell’economia richiede lo sviluppo di nuovi consumi e quindi di un nuovo sviluppo sociale e umano. Occorre ripartire analizzando attentamente il mondo attuale e le ragioni della nostra sconfitta, contando sul fatto che anche il capitalismo finanziario ha fallito poiché una società non regge su presupposti di economia fittizia ed esclusione sociale. Qui il ruolo del sindacato è fondamentale perché la rappresentanza dei lavoratori è decisiva".

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Quasi un testamento politico risultano, invece, le riflessioni di soli pochi giorni fa: "...Non sarà una logica oligarchica a salvare l’Italia. È il popolo che dirà la parola decisiva. Questa è la riforma delle riforme che Renzi non sa fare. La sinistra rischia di restare sotto le macerie. Non possiamo consentirlo. Non si tratta di un interesse di parte ma della tenuta del sistema democratico e della possibilità che questo resti aperto, agibile dalle nuove generazioni. Quando parlai del Pd come di un "Partito della nazione" intendevo proprio questo, ma le mie parole sono state piegate nel loro contrario: il "Partito della nazione" è diventato uno strumento per l’occupazione del potere, un ombrello per trasformismi di ogni genere. Derubato del significato di ciò che dicevo, ho preferito tacere..." (A. Reichlin 14 marzo 2017)

(gelormini@affaritaliani.it)

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