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Amare Bari, ma soprattutto i baresi: amici e compagni
La città di Bari è scossa e triste per le recenti vicende giudiziarie che hanno infangato l’immagine di città bella e vivibile. La richiesta di più rispetto.
di Dario Patruno
La nostra città è scossa, triste per le recenti vicende giudiziarie che hanno infangato l’immagine di città bella e vivibile, abito da quando sono nato in questa città metropolitana e non accetto che questo Comune venga sciolto.
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Il lavoro della Procura deve essere rispettato e ammirato, l’opera in corso di verifica della Commissione del Ministero dell’Interno sulla documentazione della Municipalizzata AMTAB, deve essere svolta lontano dal clamore mediatico e solo sulla documentazione, su fatti che eventualmente emergano.
Ma la città cosa si augura? La stragrande maggioranza dei baresi onesti, con una dignità anche nelle fasce più povere e che non si vende per cinquanta euro, esige rispetto. Questa maggioranza silenziosa non ha voce, non ha potere e cerca con difficoltà di farsi rappresentare in elezioni libere.
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Dobbiamo tutti essere convinti che l’eventuale Commissariamento non riporta come una bacchetta magica la legalità in città. Le esigenze elementari come accedere ai servizi al cittadino, ad una concessione edilizia in tempi ragionevoli come ai servizi demografici, all’attenzione ai disabili e alle loro famiglie, come ad una facilitazione agli sportelli che erogano i servizi sanitari, il diritto ad avere un’aria pulita, devono essere garantiti a tutti.
La politica deve essere solo la forma più alta di carità, frase pronunciata da Pio XI che nell’udienza ai dirigenti della Federazione Universitaria Cattolica (18 dicembre 1927) affermò in quell’occasione: “E tale è il campo della politica, che riguarda gli interessi di tutte le società, e che sotto questo riguardo è il campo della più vasta carità, della carità politica, a cui si potrebbe dire null’altro, all’infuori della religione, esseresuperiore”. E inoltre: “Tutti i cristiani sono obbligati ad impegnarsi politicamente. La politica è la forma più alta di carità, seconda sola alla carità religiosa verso Dio”. Ce lo ha ricordato nel 2020 il gesuita Francesco Occhetta. Segnalo “Democrazia. La sfida della fraternità”, Il Pellegrino editrice, 2024.
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Permettetemi anche un riferimento alle modalità con le quali ci si chiama in politica. Nell’area democristiana ci si chiama amici, che in base all’etimologia latina richiama all’amore e quindi a “colui che ama”. Nelle formazioni politiche di sinistra ci si chiamava compagni e nella CGIL lo si fa ancora adesso. Ebbene questo termine richiama la voce “cum panis”, colui che mangia il pane con un altro; condividere la mensa, il necessario non solo per sfamarsi, ma avere la convivialità che crea comunione d’intenti.
Insomma nulla di nuovo sotto il sole, che l’uomo crocifisso duemila anni, fa chiamava i suoi amici e condivideva la mensa, tanto è vero che nell’ultima cena condivise il pane e il vino.
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Basterebbe richiamare questi due concetti non antitetici, ma complementari per far tremare i polsi a chi si approccia alla politica e a cacciare dal tempio della cosa pubblica a calci in culo, scusate la parolaccia, quanti profanano sé stessi prima degli altri con un atto, conriferimento al “voto di scambio”, che definisco sacrilegio, cioè profanazione di cose sacre, prima che il codice penale lo qualifichi reato.