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Carlos Solito a Matera e il sogno surreale tra i baffi di Dalì

Quante volte, sulle suggestioni accese dalla tipicità e dall’unicità della città di Matera, abbiamo ascoltato commenti del tipo: “Una città fuori dal tempo”, “Una città senza tempo”, “Un sogno ad occhi aperti”, “Un presepe vivente permanente”, “Una città irreale”, “Una città surreale”.

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Ecco, Carlos Solito - scrittore, fotografo, giornalista e regista pugliese, natali a Grottaglie (Ta) - con “Un sogno a Sud” - Rizzoli, 2019 ha voluto cantare la proiezione di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 tra memorie ancestrali e ambizioni elevate al futuro, utilizzando lo spartito “surreale” di un grande artista mediterraneo come Salvador Dalì, che col tempo e con la persistenza stessa della memoria ha dimostrato di avere una certa familiarità.

Solito bis

Al centro delle strofe del canto di Solito, come ritornelli che segnano e animano l’intervallo tra le chianche marmoree di un’antica strada consolare, le sculture - patrimonio ed estro meno conosciuti dell’eccentrico artista catalano - messe a disposizione dalla Dalì Universe Group di Beniamino Levi.

Le opere sono state al centro di una mostra diffusa e a cielo aperto (prorogata fino al 30 novembre 2020), che ha reso unici gli scenari già particolarmente suggestivi della città senza tempo, essenzialmente cantata in altri scorci temporali da Carlo Levi, con parole antiche e non ancora inventate, nonché da pennellate aride e al contempo feconde di espressioni penetranti e di caratteri meridiani.

Solito elefante

“Salvador Dalì - La persistenza degli opposti” si è quindi rivelata una sorta di scrigno lanciato o scagliato con amore - come l’arcaico e ampio gesto d’un pugno di chicchi di grano per la semina del terreno - tra i Sassi di Matera. Le cui schegge preziose e gemme surreali si sono incastonate tra i vicoli, le piazze e le case del capoluogo lucano; nei complessi rupestri Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci; lungo i pendii delle gravine e tra le pagine narranti del libro-catalogo di Carlos Solito.

Solito sud

Immagini ed emozioni destinate a radicarsi tra le pietre di una storia neolitica, per resistere e persistere - ovvero sopravvivere - all'esecuzione celebrativa, ripetuta sistematicamente e cronologicamente nel tempo, per il genio dell’autore che le ha create e modellate. Doti e peculiarità da coltivare e curare con passione e dedizione, per evitare di salvarle solo nella contingenza di una pur capiente memoria Ram: col rischio, perciò, di perderle allo spegnimento del computer. Il moderno e potente cervello che governa i nostri cuori.

La forza espressiva, sedimentata negli anni, che combatte e dialoga con la creatività giovanile del proprio prolifico talento: in realtà un monologo - onirico e surreale - che Salvador Dalì “vive” tra la suggestione rupestre di Matera, attraverso occhi, scenari e parole di Carlos Solito.

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L’incontro/confronto di due artisti nella cornice di una città che, più di altre, testimonia quanto il futuro affondi nelle radici. La cui scenografia fa da skyline all’intensità di un amore - quello tra Dalì e sua moglie Gala - magnificamente raccontato dalla scrittura fotografica di Carlos Solito, che staglia il moderno don Chisciotte e la sua Dulcinea nell’orizzonte profondo e mediterraneo delle colline lucane.

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Non ci sono più i mulini a vento e il maestoso roteare delle loro pale, ma la colonna sonora del vento che le sospinge è la stessa e sa sempre di sale, di cardi e di rosmarino. Sa di macchia mediterranea e di abissi celestiali esaltati dal grandangolo narrativo di Carlos Solito: “C’è a chi fa incazzare il vento perché mette disordine ai capelli. Ai pensieri. Alla morale, stupida morale. Sto nel vento da sempre - scrive Solito ormai nelle vesti di Dalì - è l’unico modo che conosco per esistere al mondo perché sa di schiena, sa di nuvole, sa di stelle, sa di politeismo, sa di musica tra le chiome, sa di gioia che spinge le vele della scoperta, sa di genio che feconda l’arte e mette al mondo la bellezza”.

Il sigillo di Solito nella sinuosità artistica che spazia e s’insinua tra i Sassi di Matera e i baffi di Salvador, in una rapsodia in S che fa sponda con gli sciabordii salati, i solfeggi sincopati e le saette solstiziali di un “Sogno al Sud”.

(gelormini@gmail.com)

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