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Città universitarie, prospettive e pontezialità di Bari Metropolitana
Con una strategia chiara e di lungo periodo, potrebbe esserci spazio per un marketing di Bari città universitaria. Le riflessioni di Ugo Patroni Griffi.

di Ugo Patroni Griffi
Bari ha già dalla sua un clima mite, un tessuto culturale vivace e un costo della vita che, rispetto ad altre città universitarie europee, resta contenuto. Perché queste qualità diventino però un vero magnete per studenti internazionali occorre un progetto corale, che intrecci in modo organico l’offerta formativa, i servizi, la promozione del territorio e le opportunità di lavoro.

Il primo passo consiste nell’ampliare i corsi tenuti interamente in inglese, puntando in particolare su filoni coerenti con la vocazione della regione: data science applicata all’agroalimentare, blue economy legata al porto e alle energie rinnovabili, mediterranean studies che uniscano storia, turismo e relazioni internazionali. Per gli studenti che non conoscono l’italiano si può immaginare un primo anno in lingua inglese, affiancato a moduli intensivi di italiano, così che la transizione verso gli anni successivi avvenga senza ostacoli linguistici. Parallelamente, la creazione di titoli congiunti e doppie lauree rafforzerebbe la reputazione internazionale, mentre programmi di tirocinio riconosciuti da Erasmus+ collegherebbero fin da subito lo studio con il mondo del lavoro locale.

Accanto alla didattica serve un’accoglienza che funzioni come biglietto da visita. Immaginare un unico sportello, fisico e digitale, capace di guidare lo studente dal visto al contratto d’affitto riduce la burocrazia che spesso scoraggia chi arriva da lontano. Residenze universitarie sostenibili, vicine ai dipartimenti e dotate di spazi comuni, rendono l’esperienza quotidiana più semplice; un sistema di mentoring in cui uno studente italiano accompagna i nuovi arrivati nelle prime settimane facilita l’integrazione e crea legami interculturali duraturi.

La promozione del territorio non può limitarsi a un dépliant: occorre un racconto coerente, in più lingue, che presenti Bari come luogo dove studio e qualità della vita si intrecciano. Un portale “Study in Bari” con testimonianze di ex studenti, video sulla vita in città, guide pratiche su trasporti e sanità e informazioni aggiornate su borse di studio darebbe concretezza a questa narrazione. A ciò si affiancherebbero missioni congiunte tra università, Regione e Camera di Commercio nelle fiere educative di Paesi strategici: Balcani, Maghreb, Medio Oriente e Asia centrale. Per rendere visibile la convenienza economica si potrebbero siglare accordi con ristoratori, trasporti e operatori turistici, offrendo tariffe agevolate e mostrando in modo trasparente il reale costo annuale di un soggiorno di studio a Bari.
Il passo successivo riguarda le prospettive professionali. Nei capannoni dismessi si potrebbero insediare hub per startup e laboratori di ricerca dedicati a marittimo, energie rinnovabili e agritech, in modo da far dialogare il Politecnico, l’Università degli Studi e le imprese del territorio. Tirocini finanziati da Erasmus+ Placement e progetti Horizon Europe consentirebbero agli studenti di sperimentare sul campo e alle aziende di intercettare talenti internazionali. La presenza di un percorso rapido dalla laurea alla conversione del permesso di soggiorno in permesso di lavoro, frutto di protocolli con Questura e Corpo Consolare, aumenterebbe ulteriormente l’attrattività della città.











La dimensione culturale gioca anch’essa un ruolo decisivo. Un festival annuale delle culture universitarie, che porti sul lungomare musiche, cucine e film dei Paesi di provenienza degli studenti, creerebbe senso di appartenenza e visibilità mediatica. Potenziando la sezione barese dell’Erasmus Student Network si potrebbero organizzare tandem linguistici aperti alla cittadinanza, mentre il rilancio di discipline sportive come vela e atletica offrirebbe momenti di aggregazione in un contesto genuinamente mediterraneo.
Per dare continuità al progetto servono governance e risorse. Un advisory board con rettore, sindaco, Regione, imprese e rappresentanti degli studenti potrebbe fissare indicatori chiari - numero di immatricolati esteri, tasso di occupazione a un anno, posizione nei ranking internazionali - e verificare annualmente i progressi. Fondi europei, Fondo di Sviluppo e Coesione e contributi privati convergerebbero su borse di studio, residenze e digitalizzazione dei servizi, mentre le imprese locali, in cambio di stage obbligatori, cofinanzierebbero borse destinate ai migliori candidati stranieri.

Se questi elementi si muovono all’unisono, Bari può trasformarsi da città di passaggio a crocevia internazionale di formazione, ricerca e innovazione. Il risultato sarebbe duplice: attrarre studenti di talento che scelgono di restare e contribuire alla crescita del territorio e migliorare al contempo la qualità della vita e dei servizi per l’intera comunità barese. In altre parole, un’università che diventa motore di sviluppo e una città che, forte della sua identità mediterranea, si apre con fiducia al mondo.