Covid-19, dopo la ‘bufera’ pensare al piano per il ritorno alla normalità
L'esempio Corea del Sud che fa dell’intelligenza artificiale e dei Big Data dei suoi cittadini un’arma di controllo strategico della Salute Pubblica.
di Giovanna Stefanelli *
Una tra le ultime info-grafiche dell’ISS, all’arrivo della Primavera 2020, rappresenta l’analisi dello stato clinico di 15.310 casi di infezione da COVID 19 e ci dice che ben il 66,5% dell’intero gruppo ha solo pochi e lievi sintomi, il 6% è addirittura asintomatico mentre solo il 22.4% versa in condizioni cliniche severe e il 4.9% è in condizione di criticità.
Quindi, sulla base di questa rappresentazione si può ipotizzare che soltanto il 27.3% degli ammalati necessiti di un’assistenza ospedaliera, mentre per più del 70% è possibile una assistenza domiciliare affidata al medico curante. Ad oggi circa 50.000 soggetti sono infetti da COVID 19 e, proiettando l’analisi dell’ISS, circa 35.000 di essi sarebbero in carico al sistema di medicina generale territoriale.
Purtroppo l’incremento giornaliero del numero dei casi è ancora vertiginoso ed è sotto gli occhi di tutti il progressivo cedimento del sistema assistenziale, sia ospedaliero sia domiciliare, causato dal numero abnorme di soggetti richiedenti cure. Inoltre, degli attuali (21 marzo 2020) 48.452 casi di COVID-19, ben 4.268 sono operatori sanitari: alcuni dei quali dolorosamente annoverati tra i 3.770 deceduti.
L’alta drammaticità di questa situazione mostra un impoverimento drastico della “forza di cura” del nostro Paese (al di là degli inni agli operatori sanitari e delle apologie di eroismo fatti in questi giorni) e distanzia sempre di più il “sistema di cura” dalla vita quotidiana di ciascuno di noi, sia di coloro che sono in isolamento domiciliare - perché affetti da COVID-19 - sia di tutto il resto della popolazione (vedi il blocco di tutte le visite mediche programmate, le misure restrittive e la forte raccomandazione a frequentare gli ambulatori solo per motivi gravi e urgenti).
Allora, in questo scenario criticamente mutato, l’italiano “distanziato in casa” e angosciato…. a chi indirizza le sue domande?
E’ di qualche giorno fa la notizia che la Federazione delle Società Medico Scientifiche Italiane e una società specializzata in tecnologie digitali propongono l’impiego di una APP dedicata all’autovalutazione dei cittadini in sospetto di contagio.
Siamo ormai abituati a fruire della tecnologia digitale negli scenari sanitari, sempre meno adeguati alle esigenze di cura (sia nell’ordinario sia in situazioni eccezionali come questa pandemica).
Svariate, infatti, sono le APP, già attive, che in numerosi ambiti clinici, solitamente malattie croniche con alto impatto numerico sulla popolazione (diabete, cardiopatie), permettono ai pazienti di interagire con l’intelligenza artificiale e di ottenere - grazie a percorsi logaritmici - risposte a quesiti ordinari e spiccioli su come gestire, nel quotidiano, la propria malattia cronica o, come in questo caso, il proprio rischio di malattia.
Quindi, l’impiego di un’APP dedicata all’infezione da COVID-19 rappresenta l’estensione di un mezzo già ampiamente impiegato nella gestione ordinaria della cronicità, che si rivela essere fortemente adeguato alle esigenze attuali poiché, tra le altre qualità, ha quella di operare in “modalità asettica” (evitando il contatto con strutture e personale medico potenziali vettori di infezione).
Utilissimo sarebbe, di conseguenza, l’uso di APP simili nel monitoraggio dei sintomi dei pazienti COVID-19 in isolamento domiciliare, per monitorarne - in telemedicina - la progressiva evoluzione, così da individuare tempestivamente situazioni cliniche in peggioramento e, pertanto, da ospedalizzare in corsa contro il tempo.
Naturalmente, non può sfuggire ad alcuno che questa modalità di interazione - tra quesito dell’utente e algoritmo risolutivo - è sì una soluzione smart, ma è cosa profondamente diversa dalla risposta all’umano bisogno di salute: diversa da quel bisogno di relazione di cura e di presa in carico di cui, anche in questo attuale scenario di guerra, sento eroicamente (questa volta si!) narrare nei racconti dei miei colleghi operativi sul campo.
E’ mia opinione che il disastro sanitario, che stiamo vivendo, imponga di ingaggiare una vera lotta contro il tempo, affidando la via d’uscita ad un “modo altro” di decidere, di organizzare, di progettare soluzioni, di investire risorse.
L’uso delle APP, come viene proposto, è senz’altro un’opportunità utile a supportare il singolo cittadino - nell’attuale contesto di “solitudine sanitaria” - ma oggi l’imperativo è tutelare la salute della popolazione intera.
Ormai da qualche giorno si sente parlare di “modelli coreani”, come modalità efficace di gestione dell’epidemia. La Corea del Sud ha fatto tesoro della drammatica epidemia di MERS-CoV (Middle East Respiratory Syndrome Coronavirus) del 2012 ed oggi schiera - quasi militarmente - tutte le sue risorse, affidando una parte importante delle strategie di salute pubblica alle Alte Tecnologie.
La Corea fa dell’intelligenza artificiale e dei Big Data dei suoi cittadini un’arma di controllo strategico della Salute Pubblica. La finalità di questa operazione è individuare il prima possibile soggetti a rischio di infezione, da sottoporre al test di ricerca del virus e, procedendo in maniera estensiva e capillare, raggiungere tempestivamente, in lotta contro il tempo, tutti coloro che sono entrati nell’area di contatto del caso diagnosticato come positivo.
L’OMS sembra stia pensando a questa modalità di controllo, esteso ma mirato sui veri casi a rischio, anche per la difficile situazione italiana.
La tecnologia digitale così impiegata potrebbe rivelarsi molto utile nella fase di decrescita della curva epidemica e di risoluzione dell’epidemia… quando cioè il numero dei casi si sarà ridotto e infine azzerato. Quando le nostre vite riprenderanno la normalità, quando arriverà l’estate e riprenderanno i transiti e i flussi turistici.
Non so quando finirà e non so come finirà… ma posso immaginare che la pandemia non cesserà di colpo né magicamente in sincronia in tutti i paesi del mondo.
Ed è proprio in quella fase, quando il virus verosimilmente tornerà a circolare nuovamente sottotraccia, in quello spazio temporale in cui non saranno ancora pronti vaccino né farmaci specifici, che si dovranno pianificare interventi di salute pubblica capaci di proteggere il ritorno alla normalità.
* La dott.ssa Giovanna Stefanelli è Dirigente medico, spec. Endocrinologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico Bari
Commenti